Sa cida de sa Sardigna – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

de Ivan Monni

Domenica prossima 28 aprile è Sa Die de sa Sardigna, anniversario del Giorno della cacciata dei piemontesi. Un nuovo scommiato è necessario oggi, contro la speculazione energetica.

Il nuovo assessore all’industria, Cani, sulla base delle promesse elettorali di Todde, dovrà per forza di cose gestire la moratoria (che è una misura tampone ma non risolutiva) sulle installazioni eoliche e fotovoltaiche e dovrà scrivere rapidamente un nuovo fondamentale piano energetico sardo.

Purtroppo ha preso piede, in qualche caso, la propaganda di Terna sul fatto che il Tyrrhenian Link sia necessario per procedere con la chiusura delle centrali a carbone, e chiudere così l‘anello energetico con il sapei e sacoi: in pratica l’anello al naso per i sardi.

Secondo questa narrazione, le due centrali a carbone (Fiume Santo e Porto Torres) inquinano, dunque noi sardi abbiamo il dito puntato perché “siamo gli inquinatori del Mediterraneo” (copy Graziano Milia).
Le centrali a carbone vanno chiuse, certamente, ma ricordiamoci che oggi esportiamo il 40% dell’energia prodotta in Sardegna, anche grazie a quelle due centrali.

Dunque, potremmo iniziare a ridurre le emissioni, riducendo fin da subito del 40% l’energia prodotta, anche da quelle centrali, ed esportata verso l’Italia, ed il nostro saldo energetico sarebbe comunque in equilibrio. Ora, se guardiamo i dati sommati della produzione delle due centrali a carbone, scopriamo che i GWH sono circa 4.500/anno, cioè una cifra molto simile alla quota esportata (quasi 4.000).

Significa che se chiudessimo oggi le due centrali a carbone, anche senza aggiungere nuovi impianti rinnovabili, saremmo più o meno in pareggio energetico, in termini di GWh annui. Cadrebbe quasi solo la quota export.

Rimarrebbero comunque la Sarlux, l’idroelettrico, altre fonti e, ricordiamocelo, il sapei e il sacoi, con cui possiamo importare energia in caso di necessità immediate, e sta arrivando il metano.
Sarebbe più sensato se una parte di quei 3,7 miliardi fosse investita in idrogeno, e non in soluzioni di retroguardia, nell’ottimizzazione delle reti interne sarde e nel fotovoltaico per i cittadini.
Ma questo in molti fanno finta di non capirlo. Meglio non intaccare o, meglio ancora, meglio aumentare la quota esportata verso l’italia e sostituire la fonte di produzione.

Il dubbio è che il nuovo governo sardo si stia concentrando solo su una parte della questione, cioè sul “dove” mettere gli impianti. 
Va posto un limite alla quota di FER (fonti da energia rinnovabile) (“quanto”) che deve sopportare la Sardegna; va scelto se privilegiare il fotovoltaico o l’eolico o altro (“come”); va scelto se finanziare le multinazionali o la popolazione (“per chi”).

Sono quattro nodi che convergono tutti verso il fotovoltaico sui tetti, quale soluzione migliore da sfruttare prioritariamente: impatto paesaggistico minimo, incentivi diretti alla popolazione con il risparmio nelle bollette, problemi minimi di smaltimento, stoccaggio diffuso.

Mauro Pili denuncia il conflitto di interessi dell’assessore all’industria Cani, perché ha una società che si occupa di “servizi di relazione con soggetti pubblici e privati a supporto della realizzazione di progetti e impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili“.
Quello che pubblica è verificabile con una semplice visura camerale.
Todde le chiama competenze, ma sono potenziali conflitti di interesse, giganti come una pala eolica.
Di per sé, non è automatico il malaffare, ma, giornalisti, opposizioni, e soprattutto la cittadinanza attiva dovrebbero stare con occhi spalancati, dati i presupposti.

Segnaliamo qui, che l’azienda Criteria srl, che ha redatto il Piano sul Litorale di Quartu S.E., approvato lo scorso febbraio, è la stessa che ha realizzato lo Screening della V.Inc.A (Valutazione di incidenza ambientale) per le opere ubicate in ambito marino per il Tyrrhenian Link, che “sbarcherà” a Terramala, cioè sempre il litorale di Quartu.

Il Comitato No Tyrrhenian Link segnala la presenza nel porto di Cagliari della nave posacavi marini Nexans Aurora, che ha vinto l’appalto (€ 650 milioni) per la posa del Tyrrhenian Link.
Gli avvoltoi attendono impazienti l’esito del ricorso straordinario al presidente della repubblica del comune di Selargius. Un piccolo granello di sabbia nell’ingranaggio coloniale, che, per ora, ha avuto il merito di aver rallentato i lavori.

Foto Nexans Aurora nel porto di Cagliari: Comitato No Tyrrhenian Link

In questo contesto, in data odierna, i Comitati sardi contro la speculazione energetica hanno organizzato una grande manifestazione a Terramala, Quartu S.E.

Terramala è il punto in cui Terna ha richiesto la concessione per cinquant’anni dello specchio di mare, per posare il cavo del Tyrrhenian Link che collegherà la Sardegna alla Sicilia e al continente. Simbolicamente il punto in cui “sbarcherà” l’attacco speculativo.
L’eolico è inutile senza il Tyrrhenian Link e il Tyrrhenian Link è inutile senza l’eolico. Sono due facce della stessa medaglia.

L’assessore Cani era stato invitato a partecipare per rispondere ad alcune domande ma, dato il cognome e la fama dei quartesi, non se l’è sentita di partecipare.

Ecco alcune foto della manifestazione, qui il video dell’Unione Sarda:

Ricordiamo che i Comitati non sono contrari alla transizione, ma si battono per una transizione sostenibile, giusta e democratica!

Il problema è il “come” il governo italiano sta portando avanti la transizione. La percezione di un nuovo sacco coloniale è ormai sentimento diffuso.
Lo stato italiano ha la forza della legge, ma i Comitati hanno la forza popolare e la tenacia.

Questi ultimi stanno nascendo un po’ ovunque, hanno una diffusione sempre più capillare, si sono dati un coordinamento e una carta dei valori, e stanno premendo sulle amministrazioni comunali che, in molti casi, stanno rispondendo positivamente. Il fenomeno di protesta sta dilagando e si sta trasmettendo nelle istituzioni, almeno quelle più vicine al territorio.

Una protesta di questa portata è una novità in Sardegna, dopo anni di silenzio assenso sulle servitù, su basi militari, l’imposizione della petrolchimica, la predazione del carbone e del legname, la cancellazione della lingua.
In centinaia di anni abbiamo introiettato lo status dei colonizzati. Il collasso è prima di tutto morale.

Un testo del filosofo Kant si può adattare benissimo allo stato delle cose nella Sardegna del suo tempo (di fine ‘700) come in quella di oggi.

Che cos’è l’illuminismo?
«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo [ndr, della Sardegna] dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.»

L’illuminismo sfociò, politicamente, nella rivoluzione francese, i cui principi attecchirono in Sardegna, fin da subito.
In una mattina del 1794 i sardi cacciarono l’invasore, cioè 500 piemontesi: come è stato possibile che in soli 500 tenessero sotto scacco un’intera isola, e poi, con una nuova coscienza, furono cacciati in una sola mattina?
Quel tentativo di riscatto fallì, dietro le manovre della restaurazione conservatrice, prevalentemente sarda.

È come se il fallimento del tentativo di fine settecento di Giovanni Maria Angioy e dei rivoluzionari, ci avesse relegato in un limbo pre-illuministico, feudale appunto, in cui i sardi non hanno imparato a “valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”, per “la mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto”.

Si è sempre preferito l’assistenzialismo rassicurante (che è un’altra forma di colonialismo) e la delega politica, perché libertà significa responsabilità. Ed è faticosa.
Una risposta a questo stato di cose può provenire solo da una spinta endogena popolare e consapevole. Nessun riscatto sociale, economico e politico sarà possibile senza un cambio di mentalità dei sardi.

Cacciare la speculazione energetica, per favorire una transizione democratica e sostenibile, è, oggi, un primo passo per l’uscita dal “feudalesimo”.
Sarebbe un
“percorso / presa di coscienza” per uscire dallo stato di minorità di cui scriveva Kant. 

Come scritto all’inizio, fra sette giorni è Sa Die de sa Sardigna, e sarà festa in su Brugu (Largo Carlo Felice) in Casteddu e a Sassari. Due giornate (si inizia il 27) di musica, canti, balli, rappresentazioni, commemorazioni, bevute e spuntini, organizzate da Assemblea Natzionale Sarda, con il lavoro volontario dei propri iscritti e senza contributi pubblici.
Ecco il programma.

P.s.
I soci si autofinanziano, se vuoi contribuire puoi farlo da qui.
A Sassari, ANS contribuisce al posizionamento di una statua dedicata ai martiri della Sarda Rivolutzione, se vuoi contribuire, puoi farlo da qui.

Bona Die a totus e a totas!

Imàgine de sa chida

Per l’occasione de Sa Die, S’Indipendente uscirà nella versione cartacea.
Le copie sono limitate, dunque, vieni a visitarci il 27 e 28 aprile, a Cagliari e a Sassari, alla festa organizzata da ANS.


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Immagine copertina: Ivan Monni

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