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Intervista a Prof. Giovanni Ugas (seconda parte) – Sardi e Shardana

de Ivan Monni

Continuiamo con la seconda parte dell’intervista (qui trovate la prima parte, su nazione, questione sarda, autonomismo e indipendenza) con Prof. Giovanni Ugas, in cui vedremo degli aspetti più specialistici.
Della questione Shardana e Sardegna se ne parla dall’800, la tesi è ripresa agli inizi del ‘900 e continua per tutto il secolo, con alti e bassi.

Ennio Porrino, nel 1959, gli ha dedicato un’opera lirica, a dimostrazione del fatto che in quegli anni la tesi era stata metabolizzata in un ambito non solo scientifico, ma anche artistico.

La riscoperta “popolare”, se così possiamo dire, degli Shardana, avviene a partire dai primi del 2000 con il libro di Sergio Frau (Le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta, edito dalla Nur Neon.o) che, nel tentativo di avvalorare la tesi su Sardegna-Atlantide, ha come effetto secondario la divulgazione della tesi e il dibattito attorno ai guerrieri dallo scudo tondo e dall’elmo cornuto.

Il libro del 2016 del prof. Ugas (Shardana e Sardegna. I popoli del mare, gli alleati del Nordafrica e la fine dei Grandi Regni (XV-XII secolo a.C.), Edizioni della Torre), corredato e sostenuto da un’enorme mole di dati, rappresenta una pietra miliare per chiunque in ambito accademico (ma non solo) voglia affrontare la questione da un punto di vista scientifico.
Buona lettura!


D: I Sardi sono gli Shardana?

R: A partire dalla decifrazione dei geroglifici della stele di Rosetta effettuata da François  Champollion, sono state date varie risposte alla domanda chi erano gli Shardana che con altre genti guerriere e marinare, i cosiddetti “i Popoli del Mare”, furono i principali attori delle vicende mediterranee della seconda metà del II Millennio a.C. Su questo tema ci si è soffermati nel libro Shardana e Sardegna, I Popoli del Mare, gli alleati del Nordafrica e la fine dei Grandi Regni (XV- XII secolo a.C.), edito nel 2016.

Shardana e Sardegna, I Popoli del Mare, gli alleati del
Nordafrica e la fine dei Grandi Regni (XV- XII secolo a.C.)

Qui, richiamiamo in breve sintesi, le ragioni che inducono  a ritenere che gli Shardana siano indiscutibilmente i Sardi che vissero al tempo della civiltà nuragica, ma prima, prendiamo in considerazione le altre ipotesi di identificazione e va rilevato subito che non c’è altro popolo che possa essere seriamente paragonato come i Sardi agli Shardana per il complesso delle loro specificità: nome, aspetto fisico, armatura, abbigliamento, provenienza geografica, rilevanza culturale e letteraria.

In primo luogo, non possono identificarsi con gli Shardana gli abitanti della città di Sardi in Lidia per la semplice ragione che questa città fu fondata dopo gli avvenimenti di cui furono protagonisti i Popoli del Mare, e inoltre il nome di questa città, secondo il Gusmani, si fonda sulla base sfard- che nulla ha a che vedere col nome degli Shardana. Inoltre, non conosciamo affatto né l’origine né le modalità di formazione dei toponimi anatolici Sardeno e Sardessos, attestati in tempi storici, né indizi di carattere archeologico e letterario che possano suggerire la presenza in Anatolia, sotto gli Ittiti, di un popolo marinaro chiamato Shardana.

La provenienza degli Shardana dall’Illiria, postulata sulla base della presenza in questa regione dei Sardeates, non ha sostegni né di carattere storico né archeologico,  Infatti, questo nome è attestato solo in età romana e l’Illiria non ha alcun importante ruolo storico al tempo dei Popoli del Mare. Tenendo conto degli elementi letterari e archeologici è più probabile, diversamente, che discendano dai Popoli del Mare che invasero le terre dell’Est del Mediterraneo, sia i Sardeates dai Sardi/ Shardana, sia  i vicini Siculotes, menzionati anch’essi solo in età romana, dai Siculi/Sikel.

Alcuni studiosi hanno ritenuto che gli Shardana provenissero dalla Colchide perché Erodoto menziona il lino sardonio, ma poiché da varie fonti risulta che il lino sardonio coltivato a Fasi in Colchide era il lino della Sardegna, famoso come quello egiziano, si potrebbe pensare che la coltivazione del lino derivi da una tarda acquisizione colturale dei Colchi attraverso i commerci dei Greci o dei Fenici, se non la si ricollega all’insediarsi dei Sardi/Shardana anche nel Mar Nero. A favore di questa idea, però, si può citare solo il fatto che la Colchide è la terra di Medea, la maga che insieme agli Argonauti di Giasone, secondo alcune fonti letterarie, si sarebbe scontrata con l’eroe sardo Talo.   

Ora, prendiamo in considerazione le ragioni del perché gli Shardana vanno identificati con ì Sardi. Innanzitutto, esaminiamo i documenti egizi relativi alla loro provenienza. Varie iscrizioni, tra cui quella della stele di Tanis II, riferiscono che gli Shardana, con la loro flotta, giunsero in Egitto dalle Iww hiriu ib nw wed wr (Isole in mezzo al Verde Grande), cioè da terre, isole e/o penisole, ubicate in mezzo al mare Mediterraneo.

Stele di Tanis II

Per la traduzione va tenuto conto infatti che la parola egizia iw ha anche il significato di terra litoranea oltre che di isola. Dalla mappa geografica descritta in una stele del re Tuthmosis III (1470-1436 a.C.) si evince che le Isole in mezzo al Verde Grande sono situate nell’emisfero settentrionale a occidente di Kefty (Creta), Meshen (Messenia) e Hau Nebu (Grecia) e pertanto possono indicare solo la penisola italiana e le grandi isole della Sicilia, della Sardegna con la Corsica e le Baleari.  Ora, considerato che i principi delle Isole portano i tributi ai re egizi e che da un’iscrizione della coppa aurea di Djehuty, generale di Tuthmosis III, risulta più specificamente che le Isole recano in Egitto grandi quantità d’argento, questa terra occidentale in mezzo al mare non può che essere la Sardegna, sia perché il suo nome è simile a quello degli Shardana, sia perché dai Greci ebbe l’appellativo di argyrofleps nesos, “l’isola dalle vene d’argento”.   

Stele del re Tuthmosis III

Gli Shardana mostrano la carnagione rosso-bruna come i Cretesi e gli Egizi, sia negli affreschi delle tombe tebane dei visir di Ashepsut (1490-1468) e Tuthmosis III, sia nei monumenti dei re ramessidi del XIII-XII sec. a.C., dunque erano di origine mediterranea così come i Sardi nuragici e la gran parte dei Sardi di oggi stando alle analisi del DNA. Dai documenti scritti e illustrati dell’Egitto e di Ugarit risulta che ai tempi di Tuthmosis III e di Ramesse II, gli Shardana, come i Sardi dell’età del Bronzo e del I Ferro, indossavano il gonnellino a coda, usavano la spada a lama triangolare “tipo Sant’Iroxi, l’arco e forse lo scudo tondo.

Tomba tebana con un principe delle Isole
Shardana

Per la loro perizia nell’arte della guerra e nella navigazione, nel periodo che corre dal regno di Tuthmosis III a quello di Amenophi IV (circa 1465-1350 a.C.), gli Shardana furono impiegati nelle guarnigioni delle province egizie di Libano, Siria e Caria e, al tempo di Ramesse II (1290-1224) militarono nella legione straniera degli Egizi insieme ai Meshuesh e ai Kehek della Tunisia e formarono la guardia regia. Nei primi anni del regno di Ramesse II, gli Shardana si distinsero particolarmente nelle battaglie di Dapur, Tunip e Kadesh sostenute contro gli Ittiti.

Battaglia di Kadesh

In seguito, tra il 1220 e il 1180 a.C., dopo che Egizi ed Ittiti strinsero tra loro un patto di amicizia, gli Shardana, insieme ai Meshuesh e ai “Popoli del Mare”, fecero la guerra sia all’Egitto di Merenptah e di Ramesse III, sia agli Ittiti di Tukhalia IV e di Shuppiluliuma II  finché abbatterono i loro imperi e gli  altri grandi regni del Mediterraneo orientale.

Meshuesh ritratti incatenati nei rilievi egizi

Si discute ancora animatamente sull’identità dei “Popoli del Mare”.La coalizione delle genti marinare alleate degli Shardana al tempo del faraone Merenptah, definite “Settentrionali” perché originarie del Mediterraneo settentrionale, comprendeva gli Shekelesh (per i testi ugaritici Shikilaiu), cioè i Siculesi della Sardegna e non i Siculi, i Liku (Liguri e non i Lici schierati con i nemici Ittiti), Tursha (cioè gli Etruschi, i Tyrrhenoi dei Greci) e gli Ekwesh o Akauash (verosimilmente gli Achei di Tebe, piuttosto che gli Equi della penisola italiana). 

Popoli del Mare contro Merenptah
Popoli del Mare contro Ramesse

Come gli Shardana, i popoli che più tardi affrontarono Ramesse III provenivano dalle Isole in mezzo al Verde Grande, dunque dall’Occidente mediterraneo. Oltre agli Shekelesh e alternativamente agli Shardana, sono menzionati Tjeker (Siculi), Dayniu (Dauni della Penisola italiana più che i 1Danai della Grecia), Weshesh (Baschi della penisola iberica piuttosto che Oschi della Penisola Italiana) e Peleset (i Filistei),  menzionati dagli autori greci come Pelasgi e correlati con i Tirreni (Etruschi), dunque originariamente provenienti dalla Toscana. Questi popoli delle Isole ingaggiarono con Ramesse III una battaglia di terra e una navale, entrambe illustrate nel tempio di Medinet Habu a Tebe.

Battaglia navale dei Popoli del Mare contro  Ramesse III nei rilievi di Medinet Habu
Guerriero shardana ritratto nel tempio di Ramesse II ad Abu Simbel

Gli Shardana combattevano con l’elmo cornuto, lo scudo tondo, la spada inizialmente larga e triangolare e poi lunga e stretta, i giavellotti e l’arco, ma essendo guerrieri del mare, dovevano essere anche frombolieri. Essi indossavano ora il gonnellino corto a base piana, ora il gonnellino a coda; quest’ultimo era sfoggiato dai principi delle Isole che portano i tributi a Tuthmosis III e poi dai soldati ufficiali che militavano dell’esercito di Ramesse II. I guerrieri della Sardegna nuragica erano armati e vestiti allo stesso modo, come emerge non solo dalle numerose immagini dei guerrieri di bronzo e di pietra ma anche dalle tante armi in bronzo venute alla luce in vari siti dell’isola. Ancora nel Bronzo Finale e nel I Ferro, le armi erano così importanti da essere dedicate nei luoghi sacri, collocate sugli acroteri (Su Tempiesu-Orune) e sugli altari (Su Mulinu-Villanovafranca) dei templi e rappresentate nelle insegne militari (Padria). Talora, nonostante i tanti saccheggi, spade e pugnali sono stati trovate anche nelle tombe.

Shardana (alternativi a Shekelesh) nella battaglia navale contro Ramesse III
Guerrieri nuragici con elmo cornuto e con gonnellino a coda  o corto,  spada e scudo tondo

Sull’uso delle armi in Sardegna c’era una tradizione consolidata perché già nell’Eneolitico (seconda metà del III Millennio a.C.) erano diffusi i bracciali per arciere, le cuspidi di freccia e i pugnali in rame e, non a caso il pugnale  risulta  come emblema del potere regale anche nelle statue stele del Sarcidano e delle zone circostanti.

Statua-menhir eneolitica con pugnale  da Genna Arrele di Laconi

È palese che già allora in Sardegna le armi avevano una grande valenza simbolica e reale e ed è naturale che, quando si affermò l’uso delle spade nell’età del Bronzo, a partire dal XVII sec. a.C. (ipogeo di Sant’Iroxi di Decimoputzu), i Sardi abbiano mantenuto e anzi incrementato le pratiche guerriere, come segnala anche la comparsa dei castelli e delle torri di guardia.   

Spade da Santu Iroxi di Decimoputzu
Barumini

Nell’Est del Mediterraneo, sino alla metà del sec. XIII, le immagini dei guerrieri con l’elmo cornuto e lo scudo tondo, identificano esclusivamente gli Shardana. Si osservano guerrieri con elmo cornuto e scudo tondo anche nel famoso “cratere dei guerrieri” di Micene del sec. XIII, ma a Micene, come si dirà, i Sardi erano di casa e gli Shardana dovevano essere al servizio del re della città come segnalano anche  le  caratteristiche dell’architettura (ad esempio della Fonte Perseia).

F17. Cratere dei guerrieri, Micene
F18. Micene, Fonte Perseia

Solo più tardi, tra la fine del secolo XIII e gli inizi del XII a.C., le armature e capi d’abbigliamento tipici degli Shardana e di altri Popoli del Mare, quali l’elmo cornuto,  l’elmo a tiara  e lo scudo tondo, cominciano ad apparire anche a Enkomi in Cipro e a Megiddo nel Vicino Oriente; è il tempo in cui gli Shardana e gli altri Popoli del Mare mossero guerra gli imperi degli Egizi e degli Ittiti e, dopo averli distrutti, si insediarono nelle loro terre costiere e più in generale nell’Est del Mediterraneo, mentre  gli alleati  Meshuesh occuparono tutte le coste nordafricane sino all’Egitto.

Popoli del Mare e Meshuesh

Per il riconoscimento degli Shardana con i Sardi hanno un peso fondamentale anche le notizie degli autori classici sugli eventi che ebbero per protagonisti i Sardi in Grecia e nell’Egeo poiché mettono in evidenza che, al tempo dei nuraghi, essi erano guerrieri del mare come gli Shardana. Con la loro flotta, i Sardi mossero guerra prima a Perseo re di Micene (circa 1370-1350 a.C.), come si evince dalle vicende mitizzate relative a Medusa, figlia di Forkys re di Sardegna, e più tardi affrontarono Minosse re di Creta, intorno al 1300 a.C. Simonide di Ceo racconta che l’isola minoica fu assediata dai Sardi e che contro di essi si sarebbe rivolto il guerriero sardo Talo, da riconoscere in un capo mercenario dell’esercito di Cnosso.  

Stando a Igino (Fab. 275), una delle figlie di Stenelo re di Micene si chiamava Sarda e questa notizia può ben collegarsi con il fatto che, tra i capi degli Eraclidi che intorno al 1280 a.C. affrontarono l’esercito di Micene e si insediarono per qualche tempo nella città stessa dopo aver ucciso il re Euristeo figlio di Stenelo, emerge la figura di Iolao. È noto che Iolao era il capostipite degli Iolei/Iliesi, la principale  popolazione sarda, anche se gli autori classici tendevano a “grecizzarli”  considerandoli discendenti di Eracle e assegnando ad  essi un’origine tebana-tespiese.

Più tardi, a quanto riferisce Plutarco, quando il Peloponneso fu invaso e occupato dai Dori e dagli Eraclidi tra la fine del sec. XIII e gli inizi del sec, XII a.C., provocando la caduta dei regni micenei, i Sardi si insediarono a Lyctos in Creta e nella Laconia, la regione del Peloponneso con Sparta. Sono i tempi in cui i Popoli del Mare, tra cui gli Shardana, sconfissero le grandi potenze dell’Egitto e degli Ittiti, invasero le loro terre e si insediarono in varie regioni dell’Est del Mediterraneo. In piena sintonia e sincronia, dal papiro noto come Onomastico di Amenemope del sec. XII a.C. risulta che gli Shardana si stabilirono nel Vicino Oriente a Nord dei Peleset, cioè i Filistei (gli odierni Palestinesi), e coerentemente stando al libro dei Giudici del Vecchio Testamento, gli Sharid (i Sardi) di cui era capo Sisara, occuparono la Galil ha Goyim, la Galilea degli stranieri e si scontrarono con gli Israeliti di Barak e di Deborah.  

Altri fondamentali sostegni per riconoscere gli Shardana nei Sardi provengono dai documenti archeologici. La diffusione della ceramica, del piombo e di altri metalli della Sardegna nell’Est del Mediterraneo rende palese che al tempo degli eventi dei Popoli del Mare, i Sardi ebbero intensi rapporti commerciali con Creta (Kommòs), Cipro (Pyla Kokkinokremos, Hala Sultan Tekke, etc,), Grecia (Tirinto), Siria, Palestina, Israele ed Egitto, ed è ovvio che i Sardi, guerrieri e marinari come gli Shardana, non si limitassero ad invadere Creta e il Peloponneso, come indicano le fonti letterarie, ma prendessero parte alle vicende politiche e militari che coinvolsero i Popoli del Mare e i grandi regni dell’Est del  Mediterraneo.  Soprattutto, occorre considerare che i vasi in ceramica di tipologia nuragica prodotti con argille locali e le placche in piombo sardo utilizzate per i restauri con tecnologie sarde, messi in luce in Cipro e in Creta, rivelano che i Sardi si erano stanziati in queste isole, teste di ponte fondamentali nelle rotte del Sud-Est mediterraneo,  proprio nei tempi in cui i Popoli del Mare affrontarono gli Egizi e gli Ittiti e occuparono le terre litoranee delle loro provincie.

Ceramiche nuragiche rinvenute in Creta e a Cipro
Nave nuragica e dei Popoli del Mare a confronto

Nei vasi di Tirinto sono raffigurati guerrieri non solo con l’elmo cornuto e lo scudo tondo, ma anche con il gonnellino a coda come quelli che rappresentano gli Shardana e i guerrieri nuragici, e con la gorgiera ad anelli. Quest’ultimo dettaglio si riscontra soltanto  tra i guerrieri di bronzo sardi. Infine, nelle illustrazioni degli avori di Enkomi in Cipro appare un principe guerriero con la cotta, l’armatura borchiata in pelle o in bronzo a difesa di tutto il corpo, indossata parimenti da arcieri sardi (es. Domu de Orgia di Esterzili. Per inciso, il principe monta su un carro armato guidato da un auriga che indossa il gonnellino a coda ed è seguito da un guerriero con l’elmo a tiara che impugna la spada e l’ascia, simbolo di una città espugnata. 

Gonnellini a coda degli Shardana e dei Sardi
Tirinto, frammento di cratere con guerriero su nave
Sardegna, Guerrieri Sardi
Enkomi Cipro.
Domu de Orgia di Esterzili

In breve, considerando il nome, l’aspetto fisico, le notizie dei testi scritti egizi e ugaritici, le iconografie egizie, la letteratura classica e i reperti archeologici della seconda metà del II millennio a.C., è palese che gli Shardana erano indiscutibilmente i Sardi del tempo dei nuraghi e che non esistono altri popoli con i quali possono essere seriamente confrontati.

D: Qual è attualmente la posizione maggioritaria della comunità scientifica su questa tesi?

R: Occorre premettere che nell’ultimo quarantennio non sono molti gli studiosi che si sono occupati in modo organico dei Popoli del Mare e in particolare degli Shardana. Spesso è stato preso come punto di riferimento il libro The Sea Peoples, Warriors of the ancient Mediterranean di Nancy Katharine Sandars, archeologa inglese di formazione pre-protostorica come la gran parte degli studiosi che si sono occupati della problematica dei Popoli del Mare. Si tratta di uno studio rimarchevole, uno dei pochi lavori sistematici sull’argomento, ma è del 1985 e necessariamente bisognoso di aggiornamenti.  

Nel libro Shardana e Sardegna  ho cercato di sviluppare ulteriormente la ricerca della studiosa inglese non solo rivisitando e ampliando l’esame dei documenti scritti e iconografici relativi ai Popoli del Mare, ma anche tenendo presente sia l’evoluzione degli studi dell’ultimo trentennio relativi all’archeologia mediterranea del II millennio a.C., sia le notizie della letteratura classica sugli avvenimenti della Grecia e di Creta, che ebbero tra i protagonisti i Sardi, Tirreni (Etruschi) e Siculi al tempo delle vicende mediterranee degli Shardana, dei Tursha e dei Sikel con i quali  questi popoli vanno identificati. Infine, partendo dai vari aspetti della civiltà nuragica, è stata dedicata un’attenzione particolare, 300 pagine del libro, al confronto tra i Sardi e gli Shardana.

Nonostante a prima vista possa apparire incanalato esclusivamente sulla linea del riconoscimento degli Shardana con i Sardi, già avviata nell’Ottocento da François Chabas, Emanuel de Rougè e Giovanni Spano, il libro tende a dare risposte più generali sull’identità e sul ruolo del complesso dei Popoli del Mare e dei popoli del Nordafrica che determinarono la caduta dei grandi regni, la fine dell’età del Bronzo e la nascita di un quadro geopolitico profondamente mutato con l’insediarsi dei Popoli mediterranei occidentali nel cuore delle civiltà dell’Egeo e del Sud-Est del Mediterraneo. Dalla ricerca emerge un quadro innovativo e naturalmente le nuove idee hanno bisogno di tempo per affermarsi.

Oramai, gli studiosi sono tutti orientati a sostenere che gli Shardana in qualche modo  vanno accostati ai Sardi.  Un gruppo di archeologi (tra i quali Lucia Vagnetti e Fulvia Lo Schiavo) afferma che gli Shardana, dopo le guerre dei Popoli del Mare contro i grandi regni si recarono in Sardegna da Cipro o da terre levantine non ben determinate e diedero il nome all’isola. Al riguardo occorre dire che, a parte il fatto che nell’isola di Cipro e nelle terre prospicienti non esiste alcun popolo che nel nome richiami gli Shardana, questa idea non solo è in contrasto con quanto tramandano le antiche fonti letterarie sulla comparsa del nome della Sardegna e dei Sardi già in tempi prenuragici, ma contraddice soprattutto il fatto che, al tempo delle vicende i Popoli del Mare, agli inizi del sec XII a.C., l’isola  con le sue migliaia di castelli e torri di difesa era di fatto inespugnabile.  

I dati dell’archeologia e della letteratura classica evidenziano che la caduta della società tribale seguita alla devastazione dei nuraghi avvenne nel sec. XI, circa 150 anni dopo le vicende dei Popoli del Mare, e non per un attacco esterno. Lo storico greco Diodoro Siculo afferma esplicitamente che i re (Tespiesi) iolei, cioè i capi della società tribale nuragica, furono abbattuti a seguito di una rivoluzione interna dagli aristoi indigeni, cioè dai componenti dall’aristocrazia locale, che l’archeologia raccorda con le rotonde consigliari degli anziani, sorte nei villaggi nuragici soltanto dopo il 1050-1000 a.C. in un momento tardo del Bronzo finale.  Perché avvenga un attacco all’isola dal mare, documentato dalla letteratura e dall’archeologia, bisogna attendere il VI secolo a.C., il tempo dello scontro con Cartagine.

Santa Vittoria di Serri,  Rotonda  del Consiglio degli Anziani

L’ipotesi secondo cui i Popoli del Mare provenienti da Cipro o da altre terre dell’Est del Mediterraneo conquistarono la Sardegna e le diedero il nome non tiene conto neppure del fatto che le immagini di guerrieri con l’elmo cornuto o a tiara che imbracciano lo scudo tondo appaiono per la prima volta in Cipro proprio quando vennero abbattuti i grandi regni e quest’isola e altre terre litoranee dell’Est del Mediterraneo furono occupate dagli Shardana e dagli altri Popoli del Mare. Non a caso in questo particolare momento pervennero in Sardegna enormi quantità di lingotti in rame da Cipro, da ritenersi il frutto del bottino acquisito dai Sardi/Shardana quando le coalizioni dei Popoli del Mare sconfissero i grandi Regni.  In breve, non furono i Ciprioti, allora sotto il dominio degli Ittiti, che invasero la Sardegna abbattendo migliaia di castelli e torri, ma al contrario furono i Sardi che  occuparono Cipro e si impadronirono del rame. Immagini emblematiche di questa conquista documentate a Enkomi sono quelle di una divinità femminile  con il lingotto oxhide e soprattutto l’eroe o divinità guerriera in bronzo con l’elmo cornuto e il giavellotto raffigurato come uno Shardana/Sardo che tiene sotto i piedi un lingotto, il simbolo del rame, cioè del tesoro conquistato; questa rappresentazione richiama l’immagine, di alcuni secoli prima, del faraone Amenophi II che trafigge con l’arco una pila di lingotti oxhide, per simboleggiare l’avvenuta conquista di Cipro e del suo rame.

Lingotti di rame
Guerriero con lingotto sotto i piedi
Faraone Amenophi II che trafigge con l’arco una pila di lingotti oxhide

Ovviamente, per coloro che affermano che gli Shardana, guerrieri e marinai, non sono i Sardi, i nuraghi non erano castelli edificati con possenti mura, terrazze e feritoie, talora devastati e poi ristrutturati e rinforzati con rifasci murari per incrementare le difese, non erano residenze di capi protette da una guarnigione, non torri di controllo del territorio distrettuale e tribale dei diversi popoli che l’abitavano, ma templi con centinaia di sacerdoti oppure immensi granai senza guardiani, spesso costruiti lontano dai villaggi. A parer loro, al tempo dei nuraghi, in Sardegna non c’erano guerrieri e non c’erano armi se non per essere consacrate, chissà per quale ragione, nei santuari.

Anche al tempo degli studi iniziali di Giovanni Lilliu, per contrapporsi al grande archeologo c’era chi sosteneva che i Sardi erano inermi, che i nuraghi erano templi e persino che le armi venivano acquistate come souvenir ai mercatini dei Fenici. Che i Sardi fossero pacifici, dediti alla preghiera e non usassero le armi, è una favoletta che non trova alcuna giustificazione se non nel pio desiderio di chi l’ha creata.  

Invero, l’archeologia e la letteratura classica evidenziano che la società nuragica tribale si reggeva sull’uso delle armi e che per abbatterla fu necessario ancora l’impiego delle armi. All’orizzonte nuragico non si vede ancora una figura come Gandhi o un papa Francesco che bandiscono le armi e la violenza da questa terra. Anche allora coloro che avevano sete di dominio, i capi tribali, usarono le minacce e le armi contro coloro che ritenevano più deboli, gli abitanti dei villaggi privi di mura, cioè la forza lavoro del territorio da essi sfruttata, e le tribù nemiche, ma più tardi quelli che apparivano i più deboli, gli aristoi locali, di cui racconta Diodoro Siculo, per ragioni di giustizia usarono le armi contro i dominatori e li cacciarono.    

Negli ultimi decenni Renato Peroni, Robert Drews, Vassos Karageorghis e tanti altri studiosi hanno sostenuto che gli Shardana erano i Sardi del tempo dei nuraghi, cioè coloro che edificarono le migliaia di magnifici edifici messi in relazione dagli antichi Greci con l’arte di Dedalo e con l’eroe Norax; non c’è alternativa a questa idea e i nuovi studi non faranno altro che confermarla. 

D: Quanto era ampio il bacino di navigazione degli Shardana, e che tipo di rapporti avevano con le altre popolazioni con cui venivano a contatto?

R: Dalle fonti scritte egizie e delle altre regioni dell’Est del Mediterraneo (Ugarit, Cipro, Hatti, Caria) risulta che nella seconda metà del secondo millennio a.C. gli Shardana possedevano una potente flotta sul mare e avevano contatti, oltre che con l’Egitto di cui in un primo tempo erano partner militari, con Creta (Keftyu), il Libano (la città di Biblo), gli stati di Ugarit e Amurru in Siria, il regno di Arzawa (la Caria con la città di Efeso in Anatolia. Diversamente, gli Shardana ebbero sempre rapporti di conflittualità con gli Ittiti e dunque anche le relazioni commerciali con le loro provincie litoranee di Licia e Cilicia dovevano essere piuttosto difficili. Come si è detto, gli Shardana erano in contatto con i Meshwesh e i Kehek della Tunisia quando anch’essi prestarono servizio nell’esercito di Ramesse II e, più tardi, quando tra il 1220 e il 1180 a.C. fecero la guerra agli Egizi e agli Ittiti, essi si allearono e necessariamente intrecciarono relazioni  anche con i Liguri, gli Etruschi, oltre che con i Siculi e i Filistei, insieme ai quali si insediarono nel Vicino Oriente, e forse con i Dauni dell’Italia meridionale, i Baschi della penisola iberica e gli Achei di Tebe in  Beozia.  

Quando i popoli marinai sconfissero i grandi regni del Mediterraneo, gli Shardana presero possesso del Libano e della Galilea sino al fiume Giordano e, poiché li identifichiamo con i Sardi, essi occuparono anche terre in Creta, Cipro e Grecia continentale, come emerge dalla letteratura classica e dai dati dell’archeologia. Altri indizi portano a considerare problematicamente l’ipotesi che i Sardi/Shardana si siano stabiliti anche in altre regioni: la costa adriatica sudorientale perché si incontra in età romana il popolo dei Sardeates; la Tracia (Bulgaria), dove si trova il tempio a pozzo di Djarlo e la città di Sarda (Sofia); l’Anatolia Settentrionale a giudicare da toponimi a base Sard– e da indizi archeologici e letterari; la Colchide sul Mar Nero dove veniva coltivato il lino sardo.  

Insediamento Shardana nel Vicino Oriente
Djarlo, tempio a pozzo

I dati dell’archeologia, in particolare le analisi delle ceramiche e dei metalli indicano chiaramente che i Sardi ebbero contatti diretti o indiretti con tutti i paesi dell’Est del Mediterraneo, in piena coerenza con quanto emerge dalle vicende degli Shardanai quali ebbero non solo rapporti commerciali, ma anche relazioni politiche e militari, mutando alleanze nel corso del tempo e intervenendo in varie guerre.

D: Gli Shardana sentivano di essere parte di un popolo unico o al loro interno c’erano delle divisioni tribali?

R: Nei documenti egizi del sec. XV sono menzionati i principi delle Isole in mezzo al Grande Verde, intendendo gli Shardana che difendevano gli interessi dei faraoni in Libano (Biblo), Siria (Ugarit) e Anatolia (Efeso.). La menzione di una pluralità di principi porta a supporre che gli Shardana non avessero un unico capo e poiché li identifichiamo con i Sardi se ne deve dedurre che questi non avevano un unico re. Ciò è in linea con quanto sostengono gli autori classici riguardo sia all’esistenza nell’isola di tre popoli principali, per l’appunto Iolei o Iliesi, Balari e Corsi e di numerose popolazioni minori, sia ai numerosi re (in genere una quarantina) che in Sardegna guidavano gli Iolei, identificabili con i capi tribali che risiedevano nei castelli nuragici dotati di cinta esterna, cioè di una consistente guarnigione di soldati.  Una divisione della Sardegna così articolata si riscontra successivamente nelle curatorie medioevali, e nelle regioni storiche attuali (Sarcidano, Barigadu, Marghine, Nurra, Logudoro etc.), verosimilmente in gran parte un retaggio dei distretti territoriali d’età nuragica.

Gli Shardana avevano città importanti? In caso affermativo, se li identifichiamo con i Sardi, quali rapporti c’erano tra le varie città e tra città e villaggi dell’isola? 

Nei testi egizi non è citata alcuna città della terra d’origine degli Shardana, mentre sappiamo di città delle province egizie o alleate, come Biblo, Ugarit ed Efeso, dove i soldati mercenari Shardana prestavano servizio, e di città egizie dove erano ubicate le loro caserme, in particolare Pi Ramesse, Tanis, Tebe e Ha Ninsu (Eracleopolis). In vari papiri sono menzionati i luoghi dei distretti del medio corso del Nilo, dove si trovavano i campi, avuti in concessione, che essi coltivavano.

Pi Ramesse, Tanis, Tebe e Ha Ninsu (Eracleopolis), città dove gli Shardana prestavano servizio
Concessioni di terre degli Shardana in Egitto
El Ahwat

È possibile che quando i Popoli del Mare si insediarono nel Vicino Oriente dopo aver sconfitto gli Egizi e gli Ittiti, gli Shardana abbiano occupato o costruito ex novo città protette da mura. Sisara, il capo e generale dell’esercito dei Goyim (Stranieri), chiamati specificamente Sharid (Sardi/Shardana), aveva la sua residenza ad Haroscet nella Galil ha Goyim (Galilea degli Stranieri), che l’amico Adam Zertal riconosce nella cittadella di El Ahwat ubicata strategicamente a controllo del passo di Aruna sulla strada che dall’Egitto conduceva a Megiddo. L’identificazione di Haroscet resta problematica, ma è da ritenere in ogni caso che questa roccaforte fosse cinta da mura e ospitasse ampie scuderie, perché, secondo il Libro dei Giudici del V.T., l’esercito di Sisara contava 900 carri da guerra quando degli Israeliti gli tesero un agguato sul rio Qishon.

Per quanto riguarda la Sardegna, è sotto gli occhi di tutti che al tempo delle vicende degli Shardana, nell’isola furono costruiti migliaia di castelli, torri e villaggi senza mura di cinta, e al momento non si registrano città protette da mura. Tuttavia, i nuraghi complessi, cioè i castelli, fungevano da residenze di capi come i palazzi difesi da mura dei re dell’Est del Mediterraneo.  

D: Gli Shardana utilizzavano la scrittura? 

R: Riguardo a questo argomento, va rilevato, innanzitutto, che non esiste alcuna corrispondenza epistolare degli Shardana con altri i popoli. In Egitto, i testi di alcune stele dedicate dai generali Shardana sono scritti in geroglifico, mentre in ugaritico è registrata una lettera indirizzata ad un capo Shardana, forse il capo dell’esercito o il governatore del regno di Ugarit.

In Egitto e nel regno di Ugarit, dopo qualche generazione dai loro primi arrivi, gli Shardana assunsero nomi locali, ma dove le loro comunità erano consistenti, come nella valle del Nilo, benché Ramesse III cercasse di imporre l’egiziano tra gli stranieri residenti nel suo paese, ancora nel sec. XII e forse anche più tardi, gli Shardana continuarono a mantenere la loro identità di popolo in terra straniera. In ogni caso non c’è alcun indizio che consenta di ipotizzare che gli Shardana avessero un loro codice scrittorio.

Allo stesso modo non esistono seri elementi per sostenere che, al tempo delle vicende degli Shardana, tra il XV e il XII secolo a.C., in Sardegna fosse stato adottato un sistema di scrittura. A questo periodo sono stati  attribuiti i lingotti in rame con segni impressi in scrittura sillabica cipro-minoica trovati a Nuragus e in altri siti ma i pochi contesti certi di tali reperti rimandano allo scorcio del Bronzo Finale e agli inizi del I Ferro, dunque a tempi successivi alla devastazione dei nuraghi e alle imprese dei Popoli del Mare.  Poiché alcuni lingotti in rame oxhide con segni di scrittura risultano prodotti in Sardegna, si può ipotizzare che nella nostra isola sia stato adottato un sistema di scrittura di origine cipriota già nella seconda fase del Bonzo finale, come ha ritenuto Raimondo Zucca, cioè subito dopo che i Sardi si insediarono a Cipro. A ciò inducono anche le iscrizioni (citate in Tharros Felix, Vol. 5) registrate su una fusaiola da Su Cungiau de is Mongias di Uras, uno spillone in bronzo da Antas, e soprattutto sul colletto di un’olla in ceramica nuragica dal nuraghe Santu Antine. Al I Ferro risalgono oltre una cinquantina di reperti nuragici con segni di scrittura almeno in parte riconducibili a uno o più codici sardi, numerali e scrittori più recenti, di derivazione alfabetica greca e fenicia. Occorre precisare che solo eccezionalmente le poche iscrizioni sarde con più segni rivelano la presenza di qualche parola, e che ancora non ci sono le condizioni per trarre informazioni sul lessico paleosardo, anche a causa della non semplice decifrazione dei segni di scrittura, che in questa fase iniziale degli studi può comportare comprensibilmente degli errori.      

Segni di scrittura su lingotti oxhide della Sardegna
Reperti  del Bronzo finale con segni di scrittura
Segni di scrittura sarda del I ferro

Leggi la prima parte dell’intervista, su nazione, questione sarda, autonomismo e indipendenza >>


Immagine: YouTube.com


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