Sardegna in ostaggio del duo Todde-Conte – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
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Todde tiene in ostaggio la maggioranza, che tratta come se fosse alle sue dipendenze, in maniera aziendalistica. Impone la difesa di Bartolazzi, ormai asserragliato nella torre del palazzo: il voto di sfiducia è fallito, come facilmente prevedibile, con 34 voti contrari e 21 favorevoli.
È necessario guardare non ai voti in difesa dell’assessore, ma al non detto e ai comportamenti, per capire quanto “Rombo di Tuono” sia, di fatto, al capolinea.
Il PD lo ha praticamente commissariato, annunciando lo scorso 6 dicembre un proprio piano di rilancio per la sanità («che versa in condizioni disastrose»), mentre la proposta di Bertolazzi giace in commissione da mesi, arenata tra gli scogli del centrosinistra.
Le parole di Truzzu sono chiaramente un segnale che il Campo Largo ha ingoiato un altro rospo di Todde: “In quest’aula la maggioranza difenderà a spada tratta Bartolazzi. Ma nei corridoi del Consiglio le dichiarazioni sono di tutt’altro tenore, e lo sappiamo. L’assessore è sfiduciato dalla sua stessa maggioranza e non può restare al suo posto”.
In tema di speculazione energetica, che ne è stato di Luciano Uras (Progressisti) che chiedeva il passaggio della Pratobello in aula? Ignorato, insieme alle 210.729 firme, la legge non è approdata nella sala comandata da Todde, più che da Comandini.
Todde dichiara: «Avanti con i commissariamenti delle Asl» e dichiara che la legge di bilancio verrà dopo quella sanitaria, entrando in esercizio provvisorio.
In pratica si risolverà con una questione di guerra delle poltrone, mentre le liste d’attesa sono infinite se, ad esempio, per una colonscopia occorre attendere il 2028, e annuncia «una riforma “funzionale” in quattro punti».
Per i sindaci sardi: «La Sanità deve ripartire dai territori».
Ricordiamolo, Bartolazzi è stato scelto e inviato da Conte per occupare l’assessorato che gestisce la voce di bilancio più grossa in Sardegna, 4 miliardi, il 40% del totale, da cui passano parecchie forniture ed appalti. La scorsa legislatura era toccato alla Lega, con Nieddu.
La questione cruciale, ancora una volta, è “a chi appartiene la sovranità in terra sarda“? Gli assessori fanno gli interessi dei sardi o delle aziende appaltatrici? È una domanda che riguarda la democrazia di chi il territorio lo vive. Siamo in grado di autodeterminarci pienamente o siamo eterodiretti dall’esterno?
Il problema delle regole democratiche fondamentali non è slegato dalle “storiche emergenze” (ossimoro voluto) che riguardano la vita dei cittadini, ma ne è la causa diretta.
Questo disastro non si è risolto, storicamente, alternando destra e sinistra italiana, è necessario cambiare paradigma, e i rapporti con l’Italia.
Statuto sardo e autonomia differenziata
Le dichiarazioni di Alessandra Todde sull’autonomia differenziata contengono un errore formale e sostanziale:
“La Sardegna ha combattuto in prima fila per difendere la sua specialità e per opporsi a una legge iniqua che spacca l’Italia e aumenta le disuguaglianze.”
In realtà la legge Calderoli non si applica allo statuto sardo, la sua specialità non è in pericolo, viene smentita dalla corte costituzionale che ha stabilito che la legge Calderoli non si applica in Sardegna.
Il risultato è che, anziché strappare maggiori poteri per blindare il nostro territorio dagli attacchi speculativi, dalle scorie e dalle basi, Todde vuole ridurre quella degli altri, finendo per porsi come neo-centralista.
Dichiara anche che le risorse “ci spettano“, e su questo cedo la risposta a Gian Battista Tuveri, politico e filosofo dell’ottocento, a proposito del modo di porsi di certi politici e intellettuali sardi:
“Dacché ci fu concesso lo Statuto (ndr Albertino, non quello sardo) […] non mancarono geremiadi sulla Sardegna.
Da alcuni mesi in qua, queste lamentazioni sono divenute più insistenti e più assordanti. Molti però fra quelli che si assumono di parlare in nome dell’Isola […] m’hanno l’aria di limosinanti, anziché di oratori d’un popolo, che sente la propria dignità, e che si crede in grado di farsi rispettare. Un tempo era la povera, ora è l’affamata Sardegna, che grida, senza posa: Misericordia!
A questo grido di pezzenti, non pochi tra i nostri fratelli d’oltremare esclamano, tra stizzosi e beffardi: “Voi poveri, voi affamati, voi che abitate una delle regioni d’Europa più favorite dalla natura. Smettete d’una volta la vostra pigrizia, e con essa la pretensione che l’Italia abbia da fare le spese della vostra poltroneria!” […] Ma quelli che si credono farla da generosi, ora ci promettono un tratto di strada, un quartiere, un carcere, qualche altra opera pubblica, ora giungono al disinteresse di adempiere ad alcuna delle fatte promesse; ora ci mandano qualche migliaio di scudi.
E tosto i lecca-zampe a sbracciarsi in ringraziamenti ed a gridare: “vedete i vantaggi della nostra fusione con un gran regno!”. Generosità da usurai; dimande e ringraziamenti di pezzenti!1
Nulla è cambiato da allora: da pezzenti ci comportiamo, da pezzenti ci trattano. Facilmente si può richiamare Antonio Simon Mossa, (architetto, politico, giornalista, poeta, scrittore del ‘900, padre dell’indipendentismo moderno), quando dice che è “meglio una repubblica di straccioni che una colonia di miserabili“.
In realtà è il sistema italiano a renderci miserabili, con un sistema coloniale estrattivo su vari livelli, che ha nella pressione fiscale non adeguata alle capacità del sistema produttivo sardo, il motivo per cui viene soffocato il sistema privato, che ci dà l’impressione di non essere in grado di cavarcela da soli, e ci fa sembrare necessaria una caritatevole politica assistenzialista. Quest’ultima però non si risolve in politiche di sviluppo, perché viene gestita in maniera coloniale-clientelare, premiando i fedeli al sistema.
Sembrava corda di salvataggio, era corda per impiccarci.
Sventare il decreto repressivo 1660
Il sindaco di Orgosolo Mereu dichiara nell’ultimo incontro Pratobello di Oliena: «Percorreremo questa strada, quella delle “vie democratiche”, fino a che sarà possibile».
Intanto compaiono striscioni e scritte in ponti e piazzole con un nuovo simbolo, de sa Rebellia, ma non è opera del movimento Pratobello, come erroneamente lascia intendere il giornalista.
Data la mancanza di sovranità dei sardi nello statuto speciale, data la non democraticità delle leggi elettorali (sarda e europea), dato il non ascolto della legge popolare, per le minoranze non resta che la resistenza movimentista. Ma non sarà più possibile la resistenza passiva, se venisse approvata la legge 1660.
Mattarella sulla 1660 ha sollevato quattro obiezioni, tra cui c’è questa, che sembra scritta per il Tyrrhenian Link e per l’eolico:
“l’articolo 19, introduce aggravanti ai reati di violenza o resistenza a un pubblico ufficiale nel caso in cui questi vengano commessi per impedire la realizzazione di una cosiddetta «infrastruttura strategica».
La notizia che il cappero selargino è diventato “Presidio” Slow Food arriva anche sui quotidiani statali, su Repubblica scrivono che “Il Presidio Slow Food nasce proprio per tutelare questo prodotto unico e, con esso, il paesaggio agrario periurbano di Selargius e l’identità gastronomica del territorio. “
A parte che il sindaco Concu (Mr. Tyrrhenian Link) e Comandini (Mr. Tyrannosaurus) erano presenti ai lavori dell’evento, meglio non farlo sapere alla “giustizia” italiana, le parole “presidio” e “Selargius” non portano bene. Magari sgomberano a suon di ruspa i capperetti, dopo gli ulivi.
In questi giorni, Selargius è sotto un inquietante attacco da parte della “giustizia” italiana: dalla militarizzazione delle campagne alla militarizzazione del paese, quasi a segnare il territorio e a far sentire la presenza dello Stato occupante.
Lo scorso 14 dicembre, a Selargius, ci sono stati controlli a tappeto dei carabinieri: sanzioni per droga, lavoro nero ed evasione.
La settimana precedente avevano fatto irruzione in un bed and breakfast perché la titolare arrotondava limando le unghie alle clienti. Si legge addirittura che: “La titolare, estetista di professione, è stata sorpresa mentre stava eseguendo un trattamento viso e corpo su una cliente. […]
I Carabinieri del NAS hanno posto sotto sequestro l’intera attrezzatura estetica e avviato ulteriori verifiche per accertare la regolarità della gestione del bed and breakfast”.
Tra le irregolarità emerse un “segno distintivo della struttura non conforme ai requisiti normativi.” e “omessa comunicazione dei dati turistici al portale regionale SIRED.“
Accomodante e arrendevole con la grande finanza, il Leviatano italico mostra i muscoli con i piccoli lavoratori (e con le comunità). Vengono alla mente i versi di Peppino Mereu nella poesia A Nanni Sulis II (quello di Nanneddu meu):
Deo no isco, sos carabineris (non capisco i carabinieri)
in logu nostru prit’est chi bi sune, (perché sono nel nostro luogo)
e no arrestant sos bangarrutteris. (e non arrestano i bancarottieri)
Il piano Draghi-Todde si sta completando, Todde istituisce la cabina di regia per il piano energetico regionale (PEARS).
L’ateneo cagliaritano supervisionerà il Gruppo di coordinamento tecnico, che includerà le università Sassari, Sardegna Ricerche, SardegnaIT e Sotacarbo Spa, quest’ultima, con sede a Carbonia, attiva nell’idrogeno, che aveva presentato nel luglio 2023 un piano di investimenti da 24 milioni, con l’obiettivo di trasformare il centro in una sorta di Hydrogen Valley.
Tra le altre cose, la legge 20 non contiene un tetto massimo ai GW, dunque prepariamoci a ricevere 40-50 GW in assenza di blocchi espliciti.
Altra cosa. Se i cavi (SAPEI, SACOI, TL) non riusciranno a trasportare il surplus di energia, non significa che questa non possa essere esportata oltremare sotto forma di idrogeno, il che avrebbe senso se guardiamo dall’alto il progetto, mentre completa la sua forma.
Hanno vinto loro, le multinazionali e, soprattutto, lo stato italiano che ha apparecchiato il tavolo in terra sarda. Nelle stesse giornate in cui veniva approvata la legge 20 “aree idonee”, come in un finale de Il Padrino, piombava sul presidio la polizia con divise e auto tricolorate, che intimava un umiliante stop al passaggio nell’area, decidendo che il tempo della resistenza era finita.
I simboli de sa Rebellia con la scritta “No aree idonee” che compaiono in Sardegna sono simpatici, ma sono acqua fresca e hanno un limite: mettono sotto accusa l’arma del delitto, ma non l’assassino. È come se, in un giallo, Poirot condannasse il veleno e non l’avvelenatore. Le pale sono inanimate e non vengono da sole, le ha volute lo stato italiano e le sue ramificazioni tentacolari (i partiti italiani), mandate a governare la Sardegna.
Se si vuole davvero fare Resistenza bisogna mettere sotto accusa lo stato italiano colpendo al cuore il sistema dei partiti coloniali, che rappresentano il braccio decisionale dello stato italiano in terra sarda. Dieci, cento, mille simpatiche R, ma serve qualcosa di più efficace per scalfire l’indifferenza del potere politico.
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Una classifica de Il Sole 24 Ore sulla qualità della vita, pone le provincie sarde agli ultimi posti nello stato italiano.
Ecco le schede: Cagliari, ad esempio perde 21 punti dalla precedente rilevazione, è 75° per ricchezza e consumi, 1° per medici specialisti, 10° per Cultura e tempo libero, 96° per Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione.
Sassari, è 4° in Italia per scappatelle amorose, 102° per Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione.
Nuoro, è 3° per Disuguaglianza del reddito netto, 104° per Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, 28° per Bar, cinema e ristoranti (esclusa la ristorazione mobile).
Oristano, 1° nel rank per (non) Rapine in pubblica via, 107° per Età media al parto, 103° per Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione.
Insomma, il sistema scolastico italiano in Sardegna ha fallito, l’assessora Portas deve porsi qualche domanda.
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1 Articolo del 1867 dal titolo “Initium sapientiae” e dal sottotitolo “Ma chi oserà attaccare i campanelli al gatto?“, pubblicato sul settimanale cagliaritano “La Cronaca
Immagine: linkoristano.it
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“Siamo in grado di autodeterminarci pienamente o siamo eterodiretti dall’esterno?”
“I simboli de sa Rebellia con la scritta “No aree idonee” che compaiono in Sardegna sono simpatici, ma sono acqua fresca e hanno un limite: mettono sotto accusa l’arma del delitto, ma non l’assassino.”
Ma voi pensate che vi lascino (io ho smesso di protestare perché fare la passerella per far vedere che esiste una finta opposizione al potere occupante non fa altro che leggittimare la loro occupazione da vincitori) fare le manifestazioni se non sapessero che non vi è un proseguo? Loro giuocano sporco fregandosene delle leggi che loro stessi hanno promulgato, e i sardi però devono rispettarle e, quindi, non prenderli a bastonate? Questo, forse, non è il solito articolo, la solita protesta (come fecero con la costituzione del partito delle 5 stalle) per tenere calmo e tranquillo il populino?