Sanno solo dire “restate a casa”
De Cristiano Sabino
Da circa tredici mesi la pandemia colpisce in Europa e le misure di contenimento hanno pesantemente influito sulle nostre vite, hanno cancellato molte attività, hanno danneggiato e messo alla prova le relazioni sociali e la salute mentale e fisica delle persone.
Da un anno, le libertà personali, collettive e democratiche sono state praticamente cancellate in nome della salute pubblica e del bene comune. In nome dell’unità nazionale è stato imposto alle Regioni più fragili economicamente di aprire quando avrebbero potuto proteggersi e di chiudere tutto quando invece si sarebbe potuto chiudere in maniera ragionata o localizzata.
A reti unificate è stato detto alla popolazione che si doveva fare un sacrificio per proteggere i più fragili, per salvare più vite possibile, per sconfiggere il virus.
Ma è veramente così? Cioè tutti i sacrifici che abbiamo fatto, tutte le libertà a cui abbiamo rinunciato, tutto l’isolamento e il confinamento che abbiamo accettato è servito realmente a guadagnare tempo perché lo Stato si organizzasse al meglio per affrontare la “crisi”?
I dati parlano chiaro: non è affatto così. La narrazione dello “state a casa, c’è una pandemia e l’unico modo per affrontarla è il confinamento” poteva essere accettabile i primi due o tre mesi, ma oggi è totalmente irricevibile e nasconde solo la grande ipocrisia di un sistema che non ha nessuna intenzione di cambiare paradigma sociale ed economico.
Cosa vuol dire? Faccio solo alcuni pochi esempi.
Tutti conoscono il progetto europeo del Next Generation Eu, ovvero i finanziamenti europei erogati agli Stati membri per affrontare i costi della pandemia. Dei 192,5 miliardi destinati allo Stato italiano solo 15,65 saranno destinati alla salute. Praticamente spiccioli!
57 miliardi vanno alla «Rivoluzione verde e transizione ecologica» e sembrerebbe una cosa bella, se non fosse che la maggior parte di questi soldi verranno destinati a rinnovare la capacità e i sistemi d‘arma a disposizione dello strumento militare, insomma all’industria bellica! Oltre ovviamente ai 27 miliardi destinati annualmente alle spese militari (vedi Il Recovery Plan armato del governo Draghi: fondi UE all’industria militare).
Superfluo dire che la Sardegna rimarrà all’asciutto e di questi miliardi non sentirà neppure il profumo. Ciò era vero con la bozza presentata da Conte e resta vero con i piani di Draghi. Cambiano i nomi a guida dello Stato ma non il risultato di una condizione sempre più subalterna e marginale dell’Isola.
E la scuola, che da un anno è stata praticamente cancellata e costretta a lavorare in DAD – e quindi obbligata ad una didattica che non è didattica ma solo una fredda e classista trasmissione di nozioni – ?
È notizia recente che, di fatto, i numeri della circolare ministeriale sugli organici presentata ai sindacati (praticamente una fotocopia rispetto a quelle degli scorsi anni), parlano chiaro: l’anno che verrà le classi verranno formate con gli stessi criteri con cui venivano fatte gli scorsi anni scolastici.
Perché la Regione Autonoma della Sardegna non applica l’articolo del suo Statuto che le dàfacoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e attuazione su diverse materie, come per esempio istruzione di ogni ordine e grado e ordinamento degli studi? Abbiamo tutti i motivi per chiedere deroghe per riaprire diverse scuole e ottenere classi più piccole, dall’alto tasso di dispersione e abbandono scolastico alla disastrosa condizione dei trasporti.
Perché Solinas non si comporta da presidente sardista quale dice di essere?
Il risultato di questa situazione è che avremo le medesime classi pollaio dell’anno scorso e di due anni fa, come se non fosse successo nulla, come se non ci fosse alcuna pandemia, come se classi con 12-15 studenti non fossero evidentemente meno pericolose e assai più gestibili (oltre che ideali da un punto di vista didattico e pedagogico) e come se la dispersione scolastica non stesse raggiungendo numeri stratosferici anche a causa della DAD.
In sintesi, il Governo Draghi-Conte da una parte produce una montagna di norme inutili e ridicole come per esempio quello che costringe i gelatai a dare il gelato con il cono perché il cono è da passeggio e la coppetta è da asporto. D’altra parte però non mette un euro per salvare la scuola, per salvare gli studenti e per garantire a loro e alle famiglie un anno scolastico di dignitosa presenza!
Mi chiedo perché ancora non ci stiamo ribellando a tutto questo. E soprattutto mi chiedo come possano persone di cultura progressiste e critica continuare la litania del “stiamo a casa perché bisogna battere il virus”.
Altro che a casa: in piazza bisogna scendere! E buttare giù questa ignominiosa classe politica!
Foto: Ashkan Forouzani on Unsplash