Ambiente

108 Articoli

Cultura

120 Articoli

Economia

7 Articoli

Giustizia

6 Articoli

Interviste

42 Articoli

Lingua

28 Articoli

Mondo

14 Articoli

Musica

1 Articoli

Notizie

58 Articoli

Persone

7 Articoli

Politica

143 Articoli

S'Imprenta

83 Articoli

Sanità

13 Articoli

Sport

4 Articoli

Storia

53 Articoli

Trasporti

2 Articoli

Non perdere gli aggiornamenti

ans-conferenza-nazioni-senza-stato

Sa Die de sa Sardigna: sentirsi un popolo unito, nel Mediterraneo, in Europa, nel mondo.

Si è svolta il 28 aprile mattina a Cagliari, nel suggestivo scenario della Grotta Marcello, la conferenza internazionale organizzata da Assemblea Natzionale Sarda.
L’obiettivo dell’incontro era creare un momento di scambio e di confronto tra sei rappresentanti di nazioni senza stato su tematiche come identità, autodeterminazione e feste nazionali.

Hanno partecipato i catalani Adrià Alsina e Conxita Bosch; dalla Sicilia è arrivato Antonino Graziano; Robin McAlpine, scozzese; Lidia Fancello, sarda. Josu Etxaburu, basco e il corso Patrice Murati hanno inviato i loro contributi in modo da far sentire la loro vicinanza.
A guidare la conversazione è stata la coordinatrice di eventi culturali e presentatrice Lucia Cossu, affiancata da Riccardo Pisu Maxia, presidente Natzionale di Assemblea Natzionale Sarda. Della traduzione si è occupata Francesca Montisci Atzori.

La conversazione è stata ricca di contenuti e ha rappresentato un’opportunità preziosa per gettare le basi di relazioni e reti di solidarietà. Come ha ricordato Lidia Fancello, Assemblea Natzionale Sarda ha fatto da collegamento tra comunità diverse per cultura, tradizioni, identità e lingua: le differenze non sono però un ostacolo quando si hanno obiettivi comuni.
Fancello ha portato i saluti dell’EFA, l’Alleanza Libera Europea, che lavora per costruire un’Europa dei popoli, riunendo circa quaranta partiti autonomisti, regionalisti e nazionalisti.
Ha spiegato come la Sardegna sia percepita dall’esterno: con altri territori di confine e insulari condivide una condizione che meriterebbe politiche dedicate da parte dell’Europa che andrebbe sollecitata a fare di più.

Il Mediterraneo è oggi al centro di tensioni e mire strategiche. Può essere visto come un  confine o come un ponte: Adrià Alsina ha esortato la Sardegna a rafforzare le relazioni internazionali, a condividere strumenti, ripercorrendo le tappe più importanti del percorso del Consell de Repubblica, un’organizzazione politica che lavora per internazionalizzare la causa catalana e concludere il processo costituente della Repubblica Catalana.
Con passione ha affermato che l’obiettivo non è tanto ottenere l’indipendenza per tutti i popoli, ma che, a tutti, sia garantita la libertà di scegliere, di autodeterminarsi.
Alsina ha condiviso l’esperienza di costruzione di una rete internazionale nata per supportare le istanze di Paesi e popoli che non avevano gli strumenti per rivendicare il diritto all’autodeterminazione: ha fatto l’esempio del movimento dell’Algeria e ha affermato che la solidarietà è stato uno dei pilastri su cui è stata fondata Consell.

E il popolo catalano, come ha ricordato Conxita Bosch, portavoce di Assemblea Nacional Catalana, non si è mai arreso.
Sulla necessità di passare dall’autonomia alla piena autodeterminazione è intervenuto Robin McAlpine, giunto dalla Scozia per parlare di Common Weal, un think tank, un’organizzazione indipendente di ricerca ed elaborazione di dati e analisi, basato sulla partecipazione popolare in Scozia. McApline ha ripercorso le tappe più significative delle relazioni tra il suo Paese e la Gran Bretagna, definendole entro una cornice coloniale e facendo presente che, traguardo dopo traguardo, la Scozia è riuscita a modificare lo squilibrio di potere, finché non si è trovata quasi impreparata a gestire nel concreto l’autonomia. Per questo suggerisce di non aspettare a definire piani politici ed economici, ma di iniziare subito, con il coinvolgimento della popolazione nelle decisioni che potrebbero cambiare loro la vita.
“Cominciate a costruire la Nazione, ora!”

Ma a catalizzare l’attenzione dei presenti sono stati il carisma e la concretezza di Antonino Graziano, portavoce di Trinacria, un movimento indipendentista siciliano che, con determinazione e una rete efficace, riesce a essere presente sul territorio e a veicolare le istanze per conseguire l’autodeterminazione politica e sociale. Antonino Graziano ha dimostrato che competenza, consapevolezza di sé e maturità politica non sono una questione anagrafica o di esperienza; che la militanza parte dal chiamare le cose con il loro nome, ricordando che Sardegna e Sicilia condividono un percorso di annessione forzata allo Stato Italiano con la cancellazione di culture e specificità locali per costruire una nuova coscienza italiana; i Sardi e i Siciliani vivono delle condizioni coloniali in atto. “La difesa della nazione avviene con la difesa nei territori delle loro istanze”, ha dichiarato Graziano.

Per Nazione, progetto politico corso, ha inviato un messaggio Patrice Murati che ha spiegato come la lotta del popolo della Corsica sia una lotta internazionale, oltre che interna: la Corsica è una nazione senza stato, ma è viva e si vuole esprimere in modo democratico, la popolazione è a favore del movimento nazionale. In Corsica si festeggia l’8 dicembre, dal 1735. Nonostante la fine della Corsica indipendente, la popolazione non ha smesso di lottare e di avere una coscienza nazionale.

Per il popolo di Euskadi (Paesi Baschi) è intervenuto, in video, Josu Etxaburu: ha condiviso gli obiettivi di Gure Esku, un movimento popolare che lavora per ottenere l’autodeterminazione e ha sottolineato l’importanza di ampliare gli orizzonti con tutti i popoli senza stato per cooperare e aiutarsi a vicenda. “Siamo autonomi e autofinanziati. Il futuro è nelle nostre mani. Siamo giovani (noi di Gure Esku ndr): in tutto questo periodo l’obiettivo è stato mettere la sovranità in cima nel dibattito sociale. Negli ultimi mesi ci sono state decine di rivendicazioni al diritto a decidere come al Tour de France e alla Vuelta. La Korrika, per fare un altro esempio, è una marcia rivendicativa popolare a favore della nostra lingua. Nei prossimi mesi Gure Esku lavorerà per espandersi in questo processo”.

Si è parlato, dunque, di eventi e feste nazionali: come la Diada, commemorazione di una giornata di rivendicazione per ricordare la fine della Catalogna indipendente: l’11 settembre 1714. Conxita Bosch aggiunge “dal 2012 abbiamo iniziato ad affiancare alla commemorazione dei martiri le manifestazioni per l’indipendenza. E, “come Assemblea Nacional Catalana, siamo stati capaci di portare in piazza anche un milione di persone”. Bosch ha raccontato che ANC è riuscita a coinvolgere la popolazione grazie alle attività di sensibilizzazione e alla promozione della lingua, riuscendo a fare da ombrello a tante forze politiche, anche molto diverse tra loro. ANC lavora e agisce da una posizione di equidistanza e indipendenza dai partiti, affinché questi possano avere sempre presente che l’obiettivo deve essere lo stesso: rispondere alle richieste del popolo catalano.

In Sicilia sono i Vespri siciliani la festa nazionale. Graziano ha spiegato che il 31 marzo 1282 fu combattuta una grande rivoluzione, il Vespro appunto. Fu la prima volta in cui il popolo siciliano si riconobbe come Nazione. Grazie a questo nacque anche la bandiera della Sicilia, con la rappresentazione delle città che si ribellarono agli angioini. Ma la narrazione fu falsata, tanto che questa celebrazione fu fatta diventare festa italiana, inserendo elementi italiani che non avevano niente a che fare con il contesto e i significati dei Vespri.
“In Sicilia è vivo il movimento per l’autodeterminazione politica e sociale e parte dai quartieri, per smentire e smontare questa falsa identità italiana che danneggia e si può lavorare solo per costruire una nuova identità”.

I contributi di grande spessore e qualità, il profilo degli ospiti a livello internazionale hanno dato valore alla conferenza che Assemblea Natzionale Sarda ha voluto fortemente organizzare. Le sfide del presente sembrano insormontabili solo se si pensa di doverle affrontare da soli. Grazie all’ascolto e al confronto con altre realtà ci si può rendere conto che la matrice di alcuni processi è la stessa e la condivisione di strumenti può favorire l’individuazione di strategie nuove, certamente da adattare ad ogni realtà, ma comuni.

Come ha detto Robin McAlpine, “oppression speaks with a lot of accents, but it speaks with the same language. We must fight as a coalition”. L’oppressione parla con accenti diversi, ma nella stessa lingua, con lo stesso linguaggio. Dobbiamo lottare insieme.


Immagine: Giulia Olianas
Si ringrazia Alessandro Frongia per il contributo di trascrizione dei passaggi salienti della conferenza

Cumpartzi • Condividi

Lascia un commento / Cummenta

I commenti saranno sottoposti ad approvazione prima della pubblicazione.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha in caricamento...