Repùblica de su Padru (chi si sente ancora italiano?) – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
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La settimana era iniziata con il dibattito su quattro questioni: le scorie nucleari, i 3,5 miliardi offerti dalla Meloni a Todde in segno di pace, l’approvazione del dl 45 “aree idonee” (qui trovate la legge), l’inchiesta dell’Indip sui 22 milioni regalati ad aziende dalla regione senza bando.
Mercoledì 4 novembre gli attivisti della Pratobello24 avevano organizzato dei manichini a rappresentare il blocco coloniale italiano di sinistra.
Una quinta questione circolava nel sottosuolo mediatico delle chat e dei social degli attivisti selargini e sardi, a seguito della ricezione di alcune lettere di esproprio di alcuni proprietari. Gli attivisti de sa Barracca e del Comitato No tyrrhenian Link avevano diffuso materiale informativo cartaceo e digitale già da settimane, cosa che non è passata inosservata anche in prefettura e in questura.
Il 4 e il 5 sarebbero ripartiti gli espropri dei terreni a Su Padru dove, da settembre 2023, sorge sa Barracca, il primo presidio della zona, a poche centinaia di metri nel secondo presidio ormai sgomberato, “s’arrebellias de is olias”, nato a luglio 2024.
Si tratta dunque dell’ultimo presidio stabile attualmente presente in Sardegna.
La proprietaria del terreno de sa Barracca aveva espresso più volte la volontà di essere contraria alla vendita, ma di non avere altre possibilità, per evitare lunghe e costose cause, dunque avrebbe sicuramente firmato.
La ricca Società per Azioni Terna procede con l’esproprio della terra della gente comune.
Degli altri proprietari, solo uno era intenzionato a non firmare, Agostino Atzeni, attuale portavoce del Comitato di difesa del territorio No Tyrrhenian Link.
Tempismo perfetto, il 4 dicembre, proprio mentre il palazzo regionale votava il dl 45, chiudendo così alla Pratobello24 (definitivamente? La consulta potrebbe bocciare il dl 45 tra qualche mese), iniziava il tamtam delle chat: “allarme polizia a su Padru, la zona è interdetta“.
Gli attivisti arrivano da ogni parte della Sardegna, ma si sa, la parte della legge finisce per avere la ragione, con le buone o con le cattive. Tranne che per un caso, come già accennato, quello di Agostino, che non firma e annuncia ricorso per vie legali.
Il giorno successivo, si ricomincia con gli espropri, ma la polizia trova questa volta la strada sbarrata da entrambi i lati. I presidianti hanno eretto barricate nella stradina da cui si accede a sa Barracca.
La musica gioca un ruolo importante nella protesta, da “procura de moderare”, a “sardigna custa est s’ora”, alla colonna sonora scritta da un presidiante de is arrebellias de is olias: “Pesa-tì Sardigna”, che potete ascoltare qui sotto.
Video: Ivan Monni
Arrivano attivisti dalla Gallura con un autobus, dal Sarcidano, dal nuorese, da Siniscola, dal Sulcis, da Oristano, dalla Trexenta, insomma da tutta la Sardegna. I tecnici di Terna picchettano i confini del territorio, ma sono seguiti passo passo dai presidianti che consigliano, con rara maestria tecnica, posti più consoni dove andare a piantare i picchetti.
Il proprietario, fratello dell’attuale vicepresidente della giunta comunale Gabriella Mameli, firma la cessione, nonostante gli incitamenti contrari motivazionali degli attivisti.
Nel pomeriggio, tocca al terreno di Mariangela e Benedetto. Sa Barracca trema. Già si conosce la volontà dei titolari e, nell’inseguimento dei picchettatori, con le barricate sguarnite, la polizia è entrata nel terreno.
La situazione è drammatica, i tecnici Terna e i proprietari sono avvolti dalla polizia in antisommossa, a loro volta accerchiati dagli attivisti. Iniziano senza sosta i cori e gli incitamenti a non firmare.
Dopo circa dieci lunghissimi minuti di discussione, Mariangela e Benedetto annunciano: non firmeranno. Benedetto dichiara “sono nato qui e non me ne andrò mai“. Lacrime e applausi liberatori tra gli attivisti, che invitano gentilmente i tecnici Terna a recarsi presso lidi più appropriati.
Il lavoro di questi mesi in qualche modo ha pagato. Senza punti di riferimento degli attivisti, i proprietari sarebbero stati soli nella scelta e vittime dello stato e di Terna. La creazione della rete li ha sostenuti in questa decisione.
Non tutti sono in vendita. Non tutti cedono alle prepotenze.
Ovidio Marras ha fatto scuola, ora Agostino, Mariangela e Benedetto non devono essere lasciati soli.
Agostino ha annunciato che farà ricorso, per cui occorrerà un sostegno economico.
La sera del 4 dicembre, dopo la prima giornata di espropri, il messaggio “Sardigna Colonia” è apparso nel muro della stazione dei vigili di Selargius, in cui tre faretti da anni irrorano i tre colori italici sull’intonaco. Uno spreco di corrente inutile, se pensiamo alle bollette che paga il comune e che paghiamo di tasca nostra proprio a quelle aziende che stanno installando le servitù in Sardegna, su progetto dello stato italiano.
È evidente che la scritta, sulla base di un lenzuolo, non è rivolta ai vigili, ma ai tre colori italici.
L’attacco speculativo è stato orchestrato dall’Italia, con i suoi decreti, con i finanziamenti e con la repressione poliziesca.
Le multinazionali fanno il loro mestiere, traggono profitti spolpando qualsiasi cosa si muova o sia immobile, esternalizzando le perdite alla società.
L’Italia è il vero colpevole ed ha scritto una bruttissima pagina nella storia sarda. Sotto processo, alla sbarra, deve esserci il tricolorato stato italico, che per imporre le sue decisioni necessità di uomini e donne nei punti chiave del potere sardo.
Ricordate la polemica elettorale di Truzzu e Todde scelti a Roma?
Ora è chiaro qual era la posta.
Chi si sente ancora italiano?
Torniamo indietro a martedì 26 novembre, il sindaco di Selargius, Pierluigi Concu, nonostante lo sgombero del Presidio “s’arrebellia de is olias” sia avvenuto con una violenza inaudita da parte dell’antiterrorismo, contro madri, nonne, attivisti e attiviste assolutamente pacifiche che hanno utilizzato come unica forma di resistenza la piantumazione degli ulivi, ha dichiarato in consiglio comunale aperto di sentirsi profondamente italiano.
La politica locale è complice, regge il sacco al sistema coloniale di cui si sente parte, mentre aspira ad una fetta della torta.
Il giornalista Antonangelo Liori, dichiara la sua vergogna di “essere italiano“. Scrive:
“Viene la presidente Meloni in Sardegna, parlotta con la Todde e cosa ottengono?
Che riparte l’invasione delle pale eoliche. Erano d’accordo, certamente, in nome delle multinazionali della finanza che consente a un privato di espropriare la terra di un poveraccio per posizionarci un rotore di 200 metri che nessuno vuole.”
La classe intellettuale è integrata in questi meccanismi coloniali, è egemonica al sistema, per cui in pochi sono entrati in questa lotta contro la speculazione, e chi lo ha fatto, lo ha fatto con grave ritardo. Alcuni l’hanno favorita, molti sono stati silenti.
Altri si dichiarano indipendentisti e italiani contemporaneamente e se anche fosse una categoria esistente e consistente, ai fini politici sarebbe irrilevante, perché si comportano politicamente come perfetti italiani.
La settimana scorsa è apparso uno studio del Corecons sull’informazione, e la risposta alla domanda “lei si sente maggiormente…“, alla voce italiano risponde solamente il 18%, mentre il 57% si ritrova in una identità sarda o locale.
Viene in mente la ricerca del 2012 dell’Università di Cagliari e di Edimburgo, finanziata dalla Regione sarda: Il 27% si sente sardo e non italiano; il 38% più sardo che italiano; il 31% tanto l’uno che l’altro; il 3% si sente più italiano che sardo e l’1% si sente esclusivamente italiano.
Il 10% voleva l’isola indipendente sia dall’Italia, sia dalla Ue; il 30% indipendente dall’Italia ma entro la Unione europea.
Cosa ne facciamo di questo sentimento?
Se da un lato dichiariamo di sentirci sardi, dall’altra abbiamo rifiutato con sdegno la nostra cultura, per troppo tempo ci siamo maltrattati da soli, tutto quello che era sardo era vecchio e obsoleto.
Fanno riflettere le parole in una vecchia intervista dell’Unione Sarda di Luigi Lai alla domanda “Ma la Sardegna ama le launeddas?” Risponde:
«Adesso sì, non è stato facile. Dopo la guerra mi urlavano “bruciale quelle canne”, mi tiravano patate e uova. Quando sono andato in Svizzera a lavorare notai invece che incantavano. In quel momento ho realizzato che, forse, non ero io il pazzo. Noi spesso rifiutiamo tutto ciò che è sardo, per fortuna ora le cosa stanno cambiando».
Ci autocolonizziamo costantemente, con la lingua è successa la stessa cosa e l’abbiamo lasciata morire, per cui anche chi scrive non è esente da contraddizioni, e deve farlo in lingua italiana, fintantoché la lingua in cui scrivere, leggere e parlare sarà un fenomeno collettivo e non individuale.
Non è un meccanismo solo sardo, è tipico dei sistemi coloniali, ed ha un nome: “colonialismo linguistico“. La classe locale ricca ed istruita che parla la lingua del colonizzatore, il popolo che la imita (male) per elevarsi. A parlare la lingua locale restano le classi meno istruite, più povere, per cui avviene lo stigma della lingua.
La soluzione passa per la Scuola Sarda: o verranno tirati su i nuovi sardi, totus in paris, o non sapremo uscire da questo dilemma psicologico: sentiamo e dichiariamo orgogliosamente la sardità, ma ci vergogniamo di mostrarla in pubblico nelle sue elementari vesti, come parlare in sardo in un ufficio pubblico.
Riusciamo a trasformare questo sentimento in azione politica?
La lezione di questa “speculazione coloniale ” è che i rapporti tra Sardegna e Italia vanno rivisti pesantemente. Occorre andare proprio al cuore del problema da cui è scaturito questo attacco speculativo: dobbiamo prendere pieno possesso del nostro territorio e queste consapevolezze vanno blindate in una nuova carta costituzionale sarda.
Scorie nucleari, servitù militari, sotto attacco costante
La questione scorie nucleari si era incrociata con le servitù militari, dato che lo scorso anno avevano individuato le aree militari (dunque la Sardegna). Con la recente indicazione dei comuni potrebbe significare che quella decisione è naufragata?
Il comunicato del Comitato NoNucle-NoScorie annuncia guerra: “quelle vostre scorie in Sardegna non entreranno perché, SIAMO PRONTI A TUTTO. […] Il comitadu Nonucle-Noscorie sarà come sempre in prima linea, chiamerà il popolo sardo alla mobilitazione per la difesa di quanto ha già deciso, del proprio territorio, del proprio destino e del futuro dei propri figli.”
Ecco un altro motivo per prendere pieno possesso del nostro territorio e andare oltre lo statuto.
Fine dell’era Todde?
Todde ha compiuto la sua missione per cui era stata posta al potere, ma ormai ha lo stigma di antidemocratica. È innamorata del suo CV politico, ora inserisca questa voce come macchia indelebile: ignorate 210.729 firme per una legge popolare.
Qui una intervista de Il Manifesto.
Sul Tyrrhenian Link Todde tira dritto: È una “Opera strategica”.
Dichiara anche che “È fondamentale garantire che la realizzazione dell’opera avvenga nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali”.
Questa posizione la ripete fin dalla campagna elettorale, ma sono parole vuote, nel suo silenzio assenso suonano come provocazioni, dopo “l’eccesso di potere” di Terna.
La frase “eccesso di potere” non è casuale, fa parte degli elementi inclusi nel ricorso straordinario al presidente della repubblica, ancora in corso, votato dal consiglio comunale selargino. La causa è in mano all’avvocato Dore, che ha però un potenziale conflitto di interessi, dato che fa parte dell’amministrazione Todde, per cui il Comitato di difesa del territorio – No Tyrrhenian Link chiede che venga revocato l’incarico, e chiede al sindaco di procedere con la Sospensiva dei lavori.
Se ci spostiamo sul lato delle clientele, questo governo ricalca alla perfezione il governo Solinas. Dall’inchiesta dell’Indip emerge una pioggia di soldi ad amici dei consiglieri regionali, alcuni anche ad ambienti vicini al Psd’az.
Todde non si è accorta? Dorme ancora come quando disse che il decreto Draghi le è passato davanti?
Sardegna chiama Sardegna lancia una petizione contro i finanziamenti senza bando.
Ciliegina sulla torta, anziché lottare per riscrivere lo statuto o quantomeno per dare maggiori poteri dei sardi, Todde lotta contro l’autonomia degli altri. Todde: “La Corte ritiene fondate le ragioni del ricorso sardo”.
Sa cida in 1 minutu
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“I numeri del fenomeno “la casa a un euro” sono questi: 9 vendite in un decennio, quasi una all’anno. Per un paese con 1.150 abitanti sono da considerarsi grandi numeri.”
Cultura. Cunferèntzia Aberta sulla lingua sarda.
“La Cunferèntzia Aberta rappresenta un’occasione di condivisione e confronto fra i soggetti e gli organismi interessati alle problematiche del settore per verificare lo stato di attuazione degli interventi previsti dalla Legge Regionale 22/2018, raccogliere proposte per il loro adeguamento alle esigenze emerse e definire nuove linee di indirizzo.”
Si potrà seguire anche online:
https://regsardegna.webex.com/weblink/register/rc395fabf5234c4d00985f68b24c22260
Cultura. Ellori ellori! Le sfide di Mariano IV in un nuovo libro presentato dall’Istar
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