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Referendum sull’autonomia differenziata: la vera specialità sarda è l’inadeguatezza politica

Non si parla abbastanza della questione autonomia differenziata. Certo, i problemi in campo sono tanti, diversi e tutti pressanti, ma anche questo tema merita di restare in primo piano.

Non però nei termini in cui lo sta affrontando la politica sarda. Nel Palazzo, come al solito, le posizioni dei due schieramenti che si dividono maggioranza e opposizione sono espressione di quanto comandano le case madri di oltre Tirreno. La giunta Todde ha recepito i desiderata dei propri partiti di riferimento e li ha calati, sic et simpliciter, nella realtà sarda, senza la minima riflessione, tanto meno un’elaborazione propria sulla materia.

L’adesione del Consiglio regionale alla proposta di referendum per l’abolizione della legge sull’autonomia differenziata, voto di cui la presidente Todde si è detta orgogliosa, rispecchia tale subalternità. Il quesito referendario ha poco senso, se visto dalla Sardegna. Evidentemente il punto di vista della politica sarda, e della maggioranza in particolare, non parte dalla Sardegna. I partiti di minoranza, dal canto loro, sono più defilati.

Non possono contrastare la linea della maggioranza di governo a Roma, cui sono affiliati, ma non possono nemmeno passare per quelli che approvano un ridimensionamento dell’autonomia sarda. Nel dubbio, fanno i pesci in barile, confidando che nessuno li disturberà con domande scomode.

A dire il vero, nemmeno la presidente Todde viene mai disturbata con domande scomode. E sì che di occasioni per chiederle precisazioni sulle sue dichiarazioni ce ne sarebbero. Come quando afferma che “…la specialità della Sardegna è proprio avere accesso a risorse straordinarie relativamente al fatto che è un’Isola”: evidentemente una sciocchezza.

La specialità della Regione Sardegna è stabilita con legge costituzionale fin dal 1948 e non consiste affatto nella possibilità di ottenere particolari favori dallo Stato centrale. Chiaramente qua c’è una colpevole confusione con la trovata diversiva dell’insularità in costituzione. Non proprio una prestazione brillante, per la maggiore carica politica sarda. 

Si parla della presidente Todde per via del suo ruolo, ma non è che il resto della compagine di maggioranza brilli per spirito di iniziativa o per particolari doti analitiche. Il che dà da pensare, vista l’informata di esperti e consulenti, molto ben pagati, a cui la giunta si è dedicata fin da subito. Così, una partita delicata come questa viene giocata malamente, nel solito modo passivo e ignorante tipico della politica sarda podataria.

Quale che sia l’esito della normativa sull’autonomia differenziata, la Sardegna rischia di uscirne male. Non tanto per gli effetti diretti di tale normativa, ma perché avrà perso l’ennesima occasione per confrontarsi con lo Stato centrale su un piede di parità (almeno a livello di dignità) e per giocarsi qualche carta per ottenere le maggiori competenze e i più ampi ambiti d’azione di cui pure avrebbe bisogno. Il che non ha nulla a che fare con la pretesa di maggiori elargizioni da parte di Roma, con la scusa della perenne arretratezza sarda (stereotipo buono per tutte le stagioni e molto caro soprattutto ai partiti di centrosinistra).

Ma questo la presidente Todde non lo sa, o non lo capisce, o non vuole capirlo. Così, ci ritroviamo per l’ennesima volta a dover pregare che questa giunta non si riveli l’ennesima giunta “peggiore di sempre”, come quelle che l’hanno preceduta. Una inadeguatezza che non possiamo permetterci e che continueremo a pagare cara.


Immagine: mangiarebuono

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