Punta Giglio: Quinto Elemento o Quinta Colonna?
Pubblichiamo l’intervento dell’architetto Giovanni Oliva del comitato per Punta Giglio nato a tutela dell’omonima area parte integrante del Parco Naturale Regionale di Porto Conte (nel territorio comunale di Alghero) contro una società privata che vuole trasformare una vecchia casermetta in attività ricettiva di lusso. Il Comitato vuole evitare, anche con una poderosa campagna di sensibilizzazione e raccolta di firme, ogni forma di privatizzazione che potrebbe pregiudicare l’eccezionale presenza di valori paesaggistici, geo-speleologici, di biodiversità botanica e faunistica, paleontologici e storici.
de Giovanni Oliva
Pensate forse che noi (sardi, ma non solo sardi) abbiamo lottato per tanti anni per proteggere il nostro territorio dalla speculazione, per far dichiarare santuari della biodiversità e luoghi di tutela naturalistica integrale le parti più suggestive delle nostre coste – siti difesi da una stratificazione di vincoli che avrebbe dovuto dissuadere chiunque si fosse immaginato di poterci mettere mano pesante e goderne in maniera privilegiata – …
pensate forse che noi che, senza arretrare neanche di fronte alle minacce, abbiamo, con testardaggine controcorrente, auspicato, proposto, spiegato con pazienza e fatica all’opinione pubblica l’idea di istituire a Porto Conte, nel territorio di Alghero, un Parco Naturale Regionale, e – prima come minoranza attiva – alla fine siamo riusciti a convincere i nostri concittadini, siamo riusciti a far approvare la legge che dava vita a questo “baluardo” per la difesa di tutte le comunità dei viventi nel nostro angolo di mondo ed in particolare in un’area assai speciale del nostro territorio, individuata attraverso studi approfonditi…
pensate che noi abbiamo fatto tutto questo per poi vedere ora assegnata gratuitamente una struttura del demanio pubblico ad un gruppo di privati (sedicenti amanti della natura) per realizzare proprio lì il loro sogno di un alberghetto, una casa per le vacanze sulla falesia di Punta Giglio – uno degli scenari più “mozza fiato” del Mediterraneo – in barba alle rigorose norme vigenti, alle decisioni democratiche di pianificazione, con un atteggiamento superficiale e incosciente a danno dell’integrità dei luoghi e delle specie tutelate presenti?
La Società Cooperativa Il Quinto Elemento, un gruppo di privati fra cui alcuni giovani milanesi che aspirano ad avventure ed emozioni esotiche, si è aggiudicata la concessione della Caserma dell’ex Batteria Anti-nave di Punta Giglio. Parliamo di un fabbricato del Demanio dello Stato che, da anni, dalla comunità locale era stato rivendicato inutilmente al patrimonio regionale e che da questo sarebbe dovuto passare poi al patrimonio del Comune di Alghero.
Invece, Il Quinto Elemento se lo è aggiudicato tramite un’operazione dall’alto, ossia un Bando Nazionale dell’Agenzia del Demanio del 2017 – poco pubblicizzato, almeno in Sardegna – dal contenuto per certi aspetti oscuro, ambiguo e comunque indifferente e irrispettoso della stratificazione dei vincoli presente sul sito in questione: vincoli, norme e regolamenti comunali (PRG e Parco), sardi (PPR), italiani (Codice Urbani e altro) ed europei (Direttiva2000, SIC, ZPS, ecc). Un Bando indifferente alle destinazioni ammesse dagli strumenti di pianificazione territoriale vigenti alla scala locale e regionale e indifferente alle fondate obiezioni sollevate a suo tempo (almeno dal 2018) dalle associazioni ambientaliste locali e regionali che ritenevano inopportuna e grave la mercificazione e privatizzazione del patrimonio collettivo.
L’Agenzia del Demanio concede gratuitamente al gruppo di fortunati privati la preziosissima struttura di Punta Giglio, per farne un alberghetto che, eufemisticamente – per nascondere con una operazione di trasformazione semantica la reale improponibile intenzione – viene ridefinito “rifugio di mare”; un’attività di servizio e ricettiva prevista inizialmente per 70 persone, poi calate a 20.
I lavori per realizzarla si annunciano perturbativi delIa quiete e dell’integrità del contesto naturalistico: demolizioni e scavi con uso di escavatori, realizzazione di condotte idriche e di scarico, in trincea nel banco di duro calcare, lunghe 3 km., rumori e vibrazioni che verranno senz’altro trasmesse al delicato sistema speleologico. Immaginate sulla falesia, luogo di nidificazione di specie a rischio, tutti questi danni per realizzare una struttura ricettiva per pochi privilegiati, fornita di ogni comfort, compresa la godereccia piscina (ribattezzata opportunamente “vasca ludica”). Quale coerenza rispetto alle finalità del Parco, che dovrebbe semmai promuovere comportamenti responsabili ispirati dalla coscienza della scarsità della risorsa preziosa!?
Qualcuno obbietta: “Dai, via, si tratta in fondo del sogno (sì magari un po’ ingenuo) generato dall’entusiasmo giovanile di continentali innamorati della nostra terra. Hanno buone intenzioni e sono forniti anche (oltre che di buone conoscenze negli ambienti importanti che contano) di una raffinata visione culturale e anche tecnologica. Faranno sicuramente tutto a regola d’arte. State tranquilli. Mettetevi l’anima in pace! Non avete sentito? Persino, prima o poi, l’energia pulita dal moto ondoso! Ma vi rendete conto? Lasciateli fare e trasformeranno magari un’area naturalistica (come tante) in un bel Parco Eco-Tecnologico Sperimentale, unico al mondo! Ma vi rendete conto? Sono dei pionieri del progresso green… in tempo di transizione ecologica, che siano i benvenuti! E se realizzano intanto un alberghetto, una casa per le vacanze sulla falesia a Punta Giglio, per godersi la vita (come confessano di voler fare, pubblicando le loro intenzioni), insieme ai loro amici e a quelli che si potranno permettere economicamente i servizi della esclusiva struttura ricettiva, cosa sarà mai… anzi, daranno occupazione e saranno semmai da imitare…”
Ma noi testardi cittadini sardi, “balbettanti barbari barbuti e balbettanti barbare baffute”, un po’ rustici e ancora diffidenti come i nostri antenati (sconfitti, si dice, dagli invasori romani, ma mai estinti, aggiunge Cavalli Sforza) e quelli insieme a noi, che pur venendo da fuori dell’Isola, troppo a lungo hanno avuto con i suoi abitanti dei contatti, e dei sardi e della Sardegna sono diventati veri amici, tanto da essere alla fine condizionati dalla stessa visione – alcuni dicono “arcaica, retrograda”, altri la definiscono “resistenziale” – e alla fine solidalmente la condividono, fino a sentirsi, a tutti gli effetti, anche loro sardi (la mia mamma, nata in Sardegna da famiglia piemontese, tifava per la squadra di calcio del Cagliari, non per la Juve!). Ecco, tutta questa moltitudine di persone che hanno stabilito un rapporto forte, speciale, di affetto e rispetto con la Sardegna si ribella all’idea che si voglia realizzare un alberghetto sulla falesia di Punta Giglio!
In pochissime ore quasi mille persone hanno già firmato una petizione su change.org di adesione al Comitato per Punta Giglio.
Consentitemi ancora di sviluppare un ragionamento. A noi, i “pionieri del progresso” che calano dall’alto – in questo caso da un Bando Nazionale della Agenzia del Demanio – fanno pensare alle avanguardie degli eserciti di occupazione che precedono le orde dei civilizzatori-colonizzatori e con la forza (oggi con armamenti multimediali) impongono rapporti ineguali fra dominanti e dominati. Qui in Sardegna ne conserviamo una memoria antica, rinverdita da ricordi anche recenti, di quando il progresso si chiamava “Poli industriali petrolchimici”. Molti di noi caddero nell’imbroglio e accolsero allora i “pionieri del progresso” con esultanza, in festa. Chissà poi perché riuscivano a mettere d’accordo i politici locali di destra e di sinistra. Erano rarissime le eccezioni: “i soliti estremisti testardi”.
Siamo rimasti “segnati” da quei contatti con i “pionieri del progresso” venuti dal nord. Le tracce, molti di noi, le conservano nei polmoni, negli stomaci, nei fegati, nei cuori e anche “nel latte delle stesse materne mammelle”. I “pionieri del progresso” hanno fatto profitti sulla nostra pelle, con i “nostri” finanziamenti – ossia proprio quelli che dovevano servire per lo sviluppo delle nostre imprese, piccole e medie, che pur c’erano -, rovinando i nostri luoghi (“Come erano belli La Marinella e lo Stagno di Gennano! Lì. Sulla costa a nord di Porto Torres!”), lasciandoli alla fine desolati, degradati e avvelenati. Le comunità stravolte e ammalate: uno stupro che non siamo riusciti a denunciare con tutta la forza necessaria, allora.
Non abbiamo preconcetti xenofobici, non odiamo chi viene da fuori, non siamo mossi da sentimenti anti-stranieri, anzi: “Ub’est s’istranzu, mancari malu, b’est Deus”, insegna un detto sardo che si traduce: “Dove c’è lo straniero, anche se cattivo, c’è Dio”. E fra di noi c’è anche chi, come il sottoscritto, ha antenati venuti da oltremare: straniere/i che con sarde/i si sono congiunti per amore. E hanno deciso di fermarsi a vivere in Sardegna. Siamo a ragione diffidenti (per esperienza) di quanti vengono, vantando di essere i “primi”, con progetti che spacciano per originali, a insegnarci come valorizzare la nostra terra (che non conoscono e amano quanto noi!); ”pionieri del progresso”, che ai giorni nostri si tinge opportunamente di verde. Che non se la prendano a male i giovani milanesi della Società Cooperativa Il Quinto Elemento.
Vorremmo che l’entusiasmo giovanile ambientalista, da Milano, ci portasse semmai nuove idee, nuovi piani, nuove forze, magari qualcuno che “senza fini di lucro” (possibilmente, ma saremmo disposti a riconoscere anche dei congrui guadagni) fosse disposto a impegnarsi con noi nella dovuta bonifica dell’area dell’ex SIR di Porto Torres (che attende da anni di essere avviata), lì dove altri lombardi (la famiglia Rovelli), in un passato recente, hanno estratto profitti e accumulato ingenti ricchezze a scapito della salute dei buoni selvaggi sardi e dei loro preziosi luoghi, fino allo sciagurato arrivo della ferraglia degli impianti, ancora intatti, facendosi beffe di noi. Siamo disposti a ricevere a braccia aperte e con occhi umidi giovani entusiasti con progetti di rigenerazione dei luoghi devastati dall’industria petrolchimica, quelli sì. Non furbetti con cavallini di Troia, e invenzioni semantiche, e camuffamenti procedurali, per godersi privatamente l’idillio della Sardegna incontaminata. Alberghetti sulla falesia no. Quelli non ci servono.
Foto de presentada: Comitato
Giovanni Oliva è nato nel 1951 ad Alghero ma dice di se stesso: “ho respirato aria di Villanova Monteleone prima di nascere”. Per trent’anni architetto libero professionista, è attivo nel campo delle questioni sociali, culturali e ambientali in ambito locale e regionale.