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Per chi Suona la Campanella? – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

La consegna di una campanella simboleggia il passaggio di ruolo tra Solinas e Todde. Est ora de si ndi scidai?

Mentre il Campo Largo (esistente solo in Sardegna) è impegnato con il bilancino a ripartire poltrone e cadireddas vàrias, posata la polvere delle elezioni, il mondo dell’autodeterminazione si lecca le ferite e tenta di capire come uscire dall’impasse in cui si trova.

I partiti e movimenti indipendentisti analizzano (troppo poco?) la situazione e si interrogano sul voto e sulle future mosse, Liberu lancia la propria campagna di tesseramento.

Il PSd’Az si riunisce a Ghilarza in attesa del congresso (sancirà la fine dell’era Solinas-Salvini?) mentre Alleanza Sardegna (nata da fuoriusciti del PSd’Az) si prepara per le elezioni di Cagliari.

Soru riunisce Progetto Sardegna a Milis, promette un ricorso europeo per la legge elettorale. Lo scandalo è che se ne accorge solo quando è stato toccato direttamente. Nessun problema invece quando capitava a Michela Murgia, a Mauro Pili, al Partito dei Sardi e ad Autodeterminatzione.

Nel linguaggio si nasconde una certa visione del mondo, per cui ogni volta che Soru scrive o dice a “livello regionale“, riferendosi alla Sardegna, e a “livello nazionale“, riferendosi all’Italia, un’indipendentista muore.

Sfuggente e mutevole nel tempo, il concetto di nazione varia a seconda della visione politica (demos, ethnos; culturale, civico, politico, ecc).

Dall’origine latina di suolo natio, il concetto moderno nasce nel tardo medioevo, assume dei contorni più chiari al tempo della rivoluzione francese poi, senza smettere di modificarsi ancora, nel novecento, assume il concetto di amico/nemico (Schmitt) che degenera nelle posizioni razziste e nel nazifascismo, per arrivare alla nazione civica e culturale attuale (nazione demos) che prende le distanze dal concetto delle estreme destre.

Può una Regione, cioè un mero decentramento amministrativo, compiere un percorso di autodeterminazione? Ovviamente no, il discorso crolla, non regge. Chi parla ed ha parlato in campagna elettorale di autodeterminazione non può non riferirsi ad una questione sarda che si basa sul riconoscimento della nazione.

La Sardegna è indubbiamente una nazione senza stato, considerata tale dalla politologia (vedi Carlo Pala, politologo all’università di Sassari) e la “questione sarda” va inquadrata come “questione natzionale sarda”, che deve porre al centro la questione coloniale interna all’Italia.

Ecco dunque le notizie coloniali della settimana.

La “novità” della settimana è che Pichetto Fratin, senza nominarla, disegna il profilo della Sardegna come candidata a custodire le scorie nucleari: “l’ulteriore speranza di sparigliare è che il ministro della Difesa metta a disposizione un pezzo di demanio militare”.

Il fatto quotidiano

A breve rincominceranno le esercitazioni militari e la terra tremerà sotto i colpi delle bombe e dei mezzi militari che svetteranno sulle dune.
Ci bombardavano in tempo di pace, ci bombarderanno in tempo di guerra.

terranuova.it

Continuano ad arrivare richieste di impianti eolici, anche nelle vicinanze di chiese storiche (si oppone anche la Diocesi) in mare, in aria, in terra ed in ogni luogo.
Il Tyrrhenian Link procede con i lavori a Selargius, mentre stasera 30 marzo, ore 16, il Comitato selargino farà una manifestazione a Terramala (Quartu S.E.) dove sono iniziati i lavori di Terna per lo “sbarco” del cavo. La speranza è quella di innescare la protesta tra i cittadini quartesi e di unire le forze, per poi fare irruzione pacifica in consiglio comunale a Quartu alla prima occasione utile.

Comitato di difesa No Tyrrhenian link

Di questa montagna di soldi del PNRR, ne beneficerà la grande speculazione, noi ripagheremo i debiti e smaltiremo ferraglie arrugginite a spese nostre.

Mentre l’abbandono scolastico non ha subito alcuno stop, e 1 su 3 tra i 29 e i 49 anni è senza diploma, “entro il 2027 nell’isola saranno circa 90mila le posizioni scoperte e in alcuni settori il mismatch oscillerà tra il 40 e il 50%”.

In questo contesto, che fa il consiglio dei ministri italiano, per mano di Calderoli (mentre propone l’autonomia differenziata per il nord)? Boccia la legge sarda che avrebbe posto un freno al ridimensionamento scolastico previsto dallo stato italiano.
La scuola sarda ignora il contesto in cui opera, i giovani studenti sardi di oggi, ad esempio, non conoscono la propria lingua sarda e poco sanno di Angioy, di cosa è successo nel giorno de Sa Die de sa Sardigna e di cosa sia la Campana della Libertà di Ugone III (immagine di copertina).

Per i concorsi orali, una parte dei candidati insegnanti sardi dovrà recarsi in continente, in barba all’insularità in costituzione: un flop clamoroso degli italianissimi Riformatori, che di quella battaglia sono i padrini. Quante saranno le rinunce al concorso dovute al viaggio?

Aggiungiamo anche che una svista del Ministero (ha aggiunto l’iva) ha causato l’aumento dei biglietti aerei Ita-Airways per la Sardegna nei giorni scorsi. Dal governo sardo, in buona fede, non hanno effettuato le dovute verifiche. Bai e fida-tì del “governo amico” italico.

Ecco dunque le notizie dalla colonia di questa settimana, non diversa da quelle precedenti. Una via crucis ricorrente, sempre con le stesse grandi questioni irrisolte. Tutt’al più se ne aggiungono di nuove.

Il mare rosso di Piscinas non ha niente di miracoloso, è semplicemente sangue dei millenni coloniali, del doppio sfruttamento: delle risorse naturali e degli uomini e donne che hanno estratto o lavorato quei minerali in condizioni disumane. Ancora ne paghiamo le conseguenze e sa terra, testimone da millenni, sighit a prangi sànguni

la Stampa.it

Ci si chiede qual è il limite di sopportazione dei sardi e quale il punto di non ritorno da cui si inizi a mettere in discussione i rapporti con l’Italia e con i partiti italiani, cinghie di trasmissione coloniali.
Forse abbiamo scambiato la passività con l’idea di ospitalità.

La società civile ha superato i movimenti dell’autodeterminazione.
I vari Comitati hanno dato la sveglia, suonando la campanella, ma devono avere il coraggio di parlarsi tra loro (NoNucle, Speculazione energetica, no basi) e iniziare a discutere apertamente con il mondo politico movimentistico dell’autodeterminazione. Gli elementi comuni sono tantissimi, a partire dalla questione anticoloniale e dell’autodeterminazione dei territori.
Le battaglie dei comitati, senza un’idea a sorreggerle, avranno vita breve.

Una notizia della settimana scorsa merita un approfondimento.
L’idea della CGIL di portare la settimana lavorativa a 4 giorni ha senso (al netto del fatto che la Sardegna è esperimento di sé stessa e non dell’italia) per i seguenti motivi:

  • le 8 ore non erano un punto di arrivo della storia, in Francia (e non solo) si è passati alla settimana corta da anni
  • abbiamo accettato senza fiatare di andare in pensione a ridosso dei settant’anni, come contropartita avremmo già dovuto chiedere di lavorare meno durante il “percorso”. Almeno a settant’anni non arriviamo bolliti.
  • l’Intelligenza Artificiale, si dice, sostituirà le persone in molte mansioni. In cambio la produttività del lavoro avrà un aumento a due cifre (si stima intorno al 18%). Dunque, di questo aumento della produttività siano anche i lavoratori a beneficiarne e a suddividere le ore di lavoro tra più persone, lavorando appunto meno.

La politica sarda, manuale Cencelli alla mano, è rivolta invece a distribuire poltrone e candidature a sindaco, in tavoli imbanditi con le briciole del tavolo coloniale italico, seguita da giornali che si lanciano in noiosissimi toto assessori e ad interrogarsi se sia giusto che la Todde risieda a Villa Devoto o meno.
Mentre la Sardegna non smette di piangere.

Imàgine de sa chida

Passaggio della Campanella
Cagliaripad

Àteras novas de sa chida


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Immagine copertina: la Campana della Libertà di Ugone III – lanuovasardegna.it

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