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Matteo Luigi Simon, un rivoluzionario algherese a Parigi

Chi era e come mai fu colui che – fra i nobili fratelli –si distinse maggiormente ?

Quali furono i suoi rapporti con Giovanni Maria Angioy e che tipo di vita condusse a Parigi ? A questi e altri interrogativi tenteremo di dare risposta alla luce delle nostre scoperte. 

Nato ad Alghero il 21 settembre 1761, fu il secondo figlio di don Bartolomeo Simon. Inizia gli studi – come Angioy – al Canopoleno di Sassari, li prosegue ad Alghero fino al corso di ‘’rettorica’’. Frequenta poi a Cagliari il Collegio dei nobili e si laurea in Teologia nel 1782 e in Leggi nel 1784. Distinguendosi, viene aggregato al Collegio di Teologia dell’Università ma continua a studiare frequentando i corsi di Diritto canonico e civile. Nel 1787 è aggregato al collegio di Leggi.

Come Angioy, Azuni, Mundula, Obino, Pintor-Sirigu, Mannu, Garau, Cadeddu…è sensibile al vento delle nuove idee che agitano la Sardegna dal punto di vista politico, sociale, economico e giuridico. 

Avvocato dei poveri, lavorerà in seguito gratuitamente per l’Intendenza generale, impegno che gli farà ottenere la nomina a sostituto soprannumerario dell’avvocato fiscale patrimoniale, con uno stipendo di 500 lire annue di Piemonte, più altre 500 lire per il volontariato. La sua carriera procede al meglio quando, nella primavera del 1794, a Roma, il cardinale Zelada ne richiede – per uno scambio di persona – l’arresto al conte Priocca.

Tornato a Cagliari nell’agosto del 1794, diventa il capo, insieme al fratello Gian Francesco, del ‘’club giacobino’’che si riunisce nel Collegio dei nobili.

Malgrado i disagi patiti, porta avanti la propria azione autonomistica e antifeudale della Sardegna e, brinda alla repubblica e alla Francia il 25 gennaio del 1796 allorché Gioachino Mundula e Francesco Cillocco arrivano a Sassari, dopo l’assedio alla città.

Dopo la destituzione di Angioy dal ruolo di Alternos, don Sisternes lo esilia da Cagliari con la famiglia. Ritornati ad Alghero, la popolazione li accoglie con affetto ma Matteo Luigi e il padre vengono esiliati a Villanova Monteleone. 

Intristito dagli eventi che considera frutto di vendette fra giacobini e realisti, aiutato da don Bartolomeo, fa ritorno ad Alghero ma la sua persecuzione continua. 

Il 23 agosto del 1787, ottiene finalmente il passaporto. L’uomo soffre di ostruzione alla milza e al fegato, e chiede di curarsi fuori dalla Sardegna. Si reca ad Alassio, Savona e Firenze, sempre appoggiato dai giacobini.

La famiglia Simon verrà riabilitata ma passeranno molti anni affinché potranno far ritorno ad Alghero. 

Rientrati a casa l’11 giugno 1799, troveranno l’amara sorpresa della destituzione dai ruoli pubblici con cessazione della paga.

Matteo Luigi tenta un colloquio con il viceré Carlo Felice ma questi si rifiuta d’incontrarlo. 

In tale triste periodo, perde la madre e anche il duca di Monferrato che aveva promesso di aiutarlo. Per loro, Matteo Luigi scriverà due elogi funebri.

Il 1° gennaio del 1800, sempre emarginato e senza lavoro, deluso dalla politica della sua Isola, sbarca a Genova, vi risiede, poi parte per la Toscana.

Il 18 aprile 1801 lo ritroviamo a Marsiglia dove delega, insieme ad altri patrioti sardi, Angioy per rappresentarlo presso il governo francese.

Alla fine dell’anno o all’inizio del 1802, il Simon si trova a Parigi dove frequenta noti giansenisti.

Ai primi di giugno incontra don Michele Obino a Marsiglia dove quest’ultimo gli confessa la sua volontà di trasferirsi definitivamente a Parigi. 

Il Simon passa poi in Liguria ma in ottobre, accetta l’invito di Angioy e Obino a vivere a Parigi.

È qui che – esprimendo un temperamento di indole moralista – critica aspramente l’Angioy ritenendolo troppo debole, ma anche l’Azuni di cui diffida.

Il Simon si agita per ottenere un buon impiego poiché il suo stato è deplorevole.

Nel maggio-giugno 1803 redige una petizione per convincere Napoleone a liberare la Sardegna.  Questi, già sollecitato da Angioy nello stesso senso, gli chiede una relazione dettagliata (scritto che usiamo definire un ‘’Mémoire’’, un Memoriale).

Allorché Simon consegna il suo Mémoire, viene pagato 50 luigi d’oro da Napoleone, ben disposto a invadere la Sardegna, e gli viene chiesto un piccolo elenco degli impieghi che amerebbe ricoprire.

Malgrado ciò, Simon continuerà a patire l’indigenza ed è solo nel 1806 che inizierà una brillante carriera, anche grazie al matrimonio con Hélène Jacob, cresciuta a Parigi da uno zio, il cavalier Jacob, ministro francese a Torino, Venezia, Firenze e Madrid che aveva perorato la causa dei seguaci di Angioy contro la crudeltà del giudice Valentino.

Il matrimonio di Matteo Luigi, celebrato nella chiesa parigina Saint-Philippe du Roule (attuale 8° arrondissement di Parigi), ebbe come testimoni due celebri personaggi francesi dell’epoca : Jean Mévolhon e Joseph Joly. Nello stesso anno del matrimonio, il 1808, che segna anche la morte di Gio Maria Angioy, viene candidato dal dipartimento di Montenotte (Savona) in cui vive, al Corpo legislativo della Francia. 

Dopo solo due anni ottiene la Légion d’Honneur assumendo il ruolo di presidente della Corte di giustizia criminale del dipartimento di Montenotte.

Nel 1812 diviene consigliere della Corte di appello di Genova, poi presidente della Corte criminale straordinaria di Parma, ma la città viene invasa e Simon ripara a Genova. Qui morirà di parto la moglie francese Hélène a soli ventisei anni, lasciando due figliolette : Victorine di tre anni e Louise. 

La Liguria intanto viene assegnata alla casa Savoia ma il re non sarà mai favorevole a Matteo Luigi Simon. 

È allora che l’algherese chiede e ottiene la naturalizzazione francese. Nel 1815 viene eletto deputato dell’Alta Provenza ma torna a Parigi poiché il suo desiderio è quello di reintegrare la magistratura, ma la morte lo coglie il 10 maggio del 1816, poco prima che ottenga la nomina alla carica di presidente di cassazione a Marsiglia. 

La figlioletta Victorine morirà subito dopo di lui e Louise – orfana di entrambi i genitori –  verrà affidata allo zio canonico Gian Battista. Da lei discenderà la famiglia algherese Simon-Guillot.


Immagine: Wikipedia 

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