
Lotta alla speculazione energetica: appello per il superamento dell’impasse
Mentre la politica sarda cincischia, proseguendo nella sua consuetudinaria routine del non fare nulla se non altri danni (vedi sanità, trasporti, comparto agro-alimentare e legge finanziaria regionale), resta in sospeso la questione dell’assalto speculativo in ambito energetico. La sentenza della Corte costituzionale sulla L.R. 5 (quella della “moratoria”) e l’attesa per gli esiti dei ricorsi sulla L.R. 20 e sul destino della stessa presidente Todde sembrano aver cristallizzato la situazione. Se ne potrebbe approfittare per ridiscutere le forme della mobilitazione popolare e aggiornarne gli obiettivi, invece mi sembra che le diverse anime del movimento anti-speculazione energetica si stiano limitando a regolamenti di conti e reciproche scomuniche, perdendo così forza e credibilità.
Non è un fenomeno peculiare della collettività sarda. Tutte le lotte popolari, in diverse epoche e a ogni latitudine, specie quelle eterogenee e non guidate da un’organizzazione egemonica, presentano regolarmente questo tipo di dinamiche. Sarebbe bello, però, che ogni tanto evitassimo di ripetere sempre gli stessi errori.
Inutile recriminare sul passato e lanciarsi accuse reciproche sulle scelte fatte o non fatte. La spaccatura tra i promotori della legge di iniziativa popolare detta Pratobello24 e chi invece non la riteneva una soluzione praticabile aveva già un senso limitato a suo tempo, oggi non ne ha alcuno. È perfettamente comprensibile che davanti a una questione di tale portata ci si divida sui passi da intraprendere e per certi versi non è nemmeno un male impegnarsi su percorsi tattici differenti.
Anzi, in questo caso, a mio avviso, è servito a chiarire un aspetto. Il punto della vertenza non è oggi e non è mai stato la maggiore o minore efficacia delle decisioni normative che la Regione Sardegna poteva prendere. La L.R. 20 aveva dei limiti evidenti, il più grande dei quali è il mancato rifiuto di sottostare ai Decreti “Draghi”, contribuendo così – come aveva fatto già la presidente Todde fin dall’inizio – a legittimarne pienamente il contenuto e la portata. La Pratobello24 se non altro, al di là del merito delle sue previsioni, aveva il pregio di tentare un esplicito aggiramento dell’ostacolo, ponendo la questione su un altro terreno. L’obiezione più forte a questo tentativo, sia da parte della giunta Todde e dei suoi sostenitori, sia da parte del Coordinamento dei comitati e di altri osservatori, era ed è ancora che comunque la stessa Pratobello24, anche se portata a discussione in Consiglio regionale e approvata, avrebbe subito gli strali dell’opposizione del Governo e la probabile sentenza di azzeramento da parte della Corte Costituzionale.
Mi sembra che resti opaco, misconosciuto, il vero nodo della faccenda: il conflitto inaggirabile tra Regione Autonoma Sardegna e Stato italiano. Oggi la giunta Todde si trova costretta a subire l’iniziativa censoria del Governo centrale senza avere alcun sostegno popolare diffuso, anzi, essendosi inimicata una fetta di cittadinanza attiva e già mobilitata. Quello che poteva essere un confronto finalmente fecondo di verità, con la contrapposizione palese degli interessi generali e strategici dell’isola e le pretese coloniali del governo di Roma, rischia di ridursi a un contenzioso tra governo regionale e governo statale fondato sulla diversità di schieramento, sulla dialettica politica tra forze egemoni, dentro un orizzonte italiano, per motivazioni e dinamiche che esulano in tutto o in parte dalla situazione concreta della Sardegna.
L’appello che sento in giro a sostenere la giunta Todde in questo frangente è abbastanza penoso, oltre che ipocrita. Il richiamo alla salvaguardia dell’autonomia fatto da chi di questa autonomia non ha mai saputo che farsene, a parte svuotarla, mortificarla, ignorarla, lascia davvero il tempo che trova.
Invece è proprio questo il punto nodale dell’intera questione: far venire alla luce e affrontare con convinzione e onestà politica e intellettuale l’incompatibilità strutturale degli interessi rappresentati dalla politica italiana con le necessità strategiche e le questioni strutturali irrisolte della Sardegna.
In questa fase attardarsi a pretendere di avere ragione su cose ormai fatte, sa un po’ di conflitto familiare, come quando ci si rinfacciano cose tra parenti, mentre intanto ti stanno incendiando la casa. Non mi sembra il caso. È legittimo pensarla diversamente e difendere le proprie scelte, ma fino a che non diventa invece necessario passare a una fase successiva, e quel che è fatto è fatto. Nessuno ha la Verità in tasca e, quand’anche ci fossero stati degli errori, è del tutto inutile, anzi è dannoso, ascriverli a mala fede o a chissà quali intenti sabotatori. Queste dinamiche paranoiche, così comuni – ribadisco – in questo genere di mobilitazioni, hanno sempre causato la morte più o meno prematura di interi movimenti sociali e politici.
Bisognerebbe al contrario tirare una bella riga su quanto fatto l’anno passato e ritrovare una modalità di confronto aperta ma anche operativa, concreta. Cominciare a riflettere su come reagire alla probabile eventualità che anche la L.R. 20 venga cassata, ma non insistendo con la Pratobello24, che ormai il suo l’ha fatto. Non escluderei nemmeno di provare a far ragionare la giunta e almeno qualche spezzone del consiglio regionale, senza tante illusioni, ma tenendo presente, pragmaticamente, che nel Palazzo, dove si formalizzano le decisioni e si varano le leggi, ci stanno loro. Bisogna stanarli, metterli davvero alla prova. Non bastano più le dichiarazioni retoriche: dovete dimostrare da che parte state. Nel frattempo però, dato che il tasso di fiducia nei loro confronti non può che essere molto basso, è necessario attrezzarsi. Come rispondere al vuoto normativo a cui con tutta probabilità stiamo andando incontro? Come reagire collettivamente alla possibilità di un assalto speculativo indiscriminato e, a quel punto, senza più ostacoli? Vanno coinvolte nuovamente le comunità, a cominciare dai loro rappresentanti istituzionali, sindaci/che e consigli comunali. Bisogna studiare ancora e confrontarsi su possibilità d’azione realistiche, senza rinunciare all’intransigenza se e dove necessario.
Non ci sono amici, là fuori. Conta poco il colore del governo italiano di turno, come vediamo quanto conti poco che la maggioranza al governo in Regione sia di centrodestra o di centrosinistra. Ormai mi sono stancato di rimarcarlo, tanto dovrebbe essere evidente a chiunque. Ma non è il tempo dei “ve l’avevo detto” o del “io sono più puro di te”. Teniamo presente la posta in palio. In Sardegna ci si conosce tutti. Bisogna abituarci a parlare anche con chi ha assunto posizioni diverse dalle nostre senza prenderla sempre sul personale. Facciamo tesoro dell’esperienza di questi anni, valorizziamo le competenze acquisite, cerchiamo anche nuove sponde fuori dall’isola e magari anche fuori dall’Italia, proviamo ad agire a diversi livelli. Usciamo dai social, anche: non sono la sede adatta alle discussioni, tanto meno alle elaborazioni politiche. È faticoso, è difficile, ma c’è troppo da perdere, nell’abbandonarci a rappresaglie egotiche e a spaccature basate su elementi secondari rispetto ai problemi in campo.
La battaglia per la conquista di una democrazia davvero compiuta passa anche dalla questione energetica. Così come passa dalla questione della normativa elettorale e da diverse altre cose. E passa per la consapevolezza di quello che ci sta succedendo intorno, nel mondo.
È un appello da cittadino, questo, senza alcuna pretesa di dettare la linea. Prendiamo un bel respiro, usciamo dal contest perenne incentivato dai social e troviamo un modo di incontrarci e discutere in modo costruttivo. Prima che sia troppo tardi.
Foto: Unione Sarda
Un commento
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condivido analisi e proposta di confronto fuori dai social.
Necessità di elaborare l’esperienza della Pratobello 24 e dei comitati fin qui sviluppatasi.