
Lo spopolamento dell’isola? Colpa degli indipendentisti – S’Imprenta: rassegna stampa della colonia
La stampa sarda, come in tutto il mondo occidentale, non si identifica più solo con la carta stampata o con i TG. Esiste buon giornalismo anche in rete e nei social.
Un esempio di buon giornalismo di questo tipo, al di là di molte posizioni politiche discutibili, è quello del giornalista Mario Guerrini, che cura su Facebook la rubrica “IL MIO OSSERVATORIO”.
Tuttavia, anche Guerrini, quando parla di indipendentismo, cade superficialmente in stereotipi, piuttosto diffusi nella società sarda. Per cui è giusto scriverne.
Per qualche motivo associa il fallimento delle politiche per il calo delle nascite, agli indipendentisti, o quantomeno pone il calo demografico come obiezione all’idea indipendentista. Ecco il post intero:
“IL MIO OSSERVATORIO (4224). L’Isola che sarà. La Sardegna. Alla fine del secolo gli abitanti saranno 700 mila in meno. Cioè non arriveremo al milione. Secondo l’ufficio europeo di statistica. I sardi saranno molti di meno. Anche perché ci saranno molti immigrati. In sostanza, siamo un popolo destinato al declino. Peggio ancora. Destinato a scomparire. Altro che indipendenza. Il tabù sociale dei sardisti. Fantasticato solo per avere un ruolo politico. Con la consapevolezza di essere i più grandi truffatori dell’identità sarda. Sarà una Terra con pochi bambini, molti vecchi, pochissimi giovani. E molti “sardi” di origine straniera. Non autoctoni. I 4 Mori? Solo quattro gatti. Come ho già scritto altre volte. Mario Guerrini.”
La bassa natalità è una questione che riguarda tutti i paesi ricchi, in contrapposizione ai trend dei paesi non ricchi (qui sono visibili i dati mondiali mentre scorrono in diretta), è un problema per gli indipendentisti come per gli altri partiti italici. Ma soprattutto questa tendenza non è contrastata da chi governa, cioè dai partiti italici, sotto l’Italia.
Guerrini compie un doppio errore di fondo.
Identifica erroneamente gli indipendentisti con il Psd’Az, che da Lussu a Mario Melis, fino a Solinas hanno giocato con mille parole, mescolando “autonomismo”, “federalismo”, e “indipendentismo”. Mario Melis era un maestro in questo gioco delle tre carte, riusciva a mescolarle anche in una stessa frase, come se non si contraddicessero e non avessero orizzonti politici contrapposti.
L’indipendentismo non prende spunto da Lussu, ma dalle lezioni di Antonio Simon Mossa, portate avanti, anche oggi, da altri partiti indipendentisti, non dal Psd’Az.
Il secondo errore è quello di associare l’indipendentismo alla questione “etnica” e non politica.
Il post di Guerrini sottintende che gli indipendentisti vogliano vivere in chiusura rispetto al mondo e che per questo la bassa natalità sia un problema maggiore per gli indipendentisti.
Non so da dove venga fuori questo vecchio stereotipo degli indipendentisti chiusi al mondo, ma è falso e chi pensa in questo modo, lo fa in modo troppo superficiale.
Tra chi ha lottato per l’indipendenza sarda, nella storia, sono stati tanti i non sardi: Amsicora era sardo-cartaginese e combatté contro i romani; Alagon era aragonese e combatté contro l’Aragona sotto le bandiere dell’albero degli Arborea. La stessa Lionora aveva madre aragonese e per linea maschile aveva discendenza sardo-aragonese (Bas-Serra).
Fino a De André che si definiva “separatista” sardo, scelse di vivere nell’isola e cantò anche in sardo.
Se prendiamo, ad esempio, un sardissimo come Pintoreddu, che nella sarda rivoluzione si schierò con i Savoia e contro i sardi, capiamo che l’etnia non c’entra nulla con l’idea di indipendenza.
L’indipendentismo è un’idea e un obiettivo e dunque è un atto di scelta, non si acquisisce per eredità genetica.
Caro dottor Guerrini, l’indipendentismo oggi non è quello dei patrioti o delle matriote (concetti antiquati) che difendono la terra dei padri o delle madri. È invece quello che vuole consegnare la terra integra e libera ai propri figli, guardando al futuro, non al passato.
L’indipendentismo non chiuderà nulla, l’idea di base è quella di spostare il centro del potere da Roma verso l’isola e decidere secondo le nostre priorità. Magari con maggiore apertura, verso Madrid, Parigi, Londra, Roma, …
Ora abbiamo un unico canale, limitato ad un unico interlocutore: Roma.
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