L’innocente fàula dei ‘900 anni di Castel Sardo
Castel Sardo, a differenza di molti altri centri, sembrerebbe appartenere al tipo di città cosiddette “di fondazione”, in quanto nasce a seguito di un piano, più o meno preciso, di popolamento dell’area (in questo caso sarebbe più corretto parlare di incastellamento?) e non per aggregazione spontanea. O meglio, l’aggregazione è avvenuta automaticamente, a scapito dei centri vicini (Murtetu, Salasgiu e Ostiano, per non parlare di Frigianu – che resta ancora avvolta nel mistero – si spopoleranno entro la fine del ‘300) perché in tempi di guerre ed epidemie, la rocca già allora fortificata, garantiva maggiore sicurezza.
Il punto focale è però quello di una data, il 1102, ancora in voga da queste parti e che andrebbe sconfessata una volta per tutte, non solo negli studi specializzati. L’equivoco storico nasce dalle cronache cinquecentesche dello storico ecclesiastico (fu anche vescovo di Bosa) Ionnas Francisci Farae, meglio noto come “il Fara” che, per quanto goda di fama non particolarmente attendibile, sulla data di nascita del capoluogo dell’Anglona, e di quella di Alghero, è stato tradizionalmente preso di parola.
Tant’è che nel 2002, ben 22 anni fa, si celebrarono i festeggiamenti per il compimento dei fatidici 900 anni. Fulcro di quelle celebrazioni fu un convegno di tre giorni in cui la storia locale fu sviscerata in tutti i suoi aspetti. Nota personale: ai tempi ero un ragazzino imberbe, talmente entusiasta del convegno che, oltre a parteciparvi tra il pubblico con tanto di cartelletta per gli appunti, staccai uno dei manifesti che pubblicizzavano l’evento appesi all’università, me lo portai a casa arrotolato, ritagliai il disegno di Jacques Petrè, e dopo averlo incorniciato lo appesi in camera, a fianco al calendario osé di Adelasia di Torres!
Dunque, cosa venne dimostrato in quelle interessantissime giornate di studio in onore dei 900 anni dalla fondazione della città? Venne chiarito, per l’appunto, che la Castel Sardo medievale non aveva 900 anni, e manco gli si avvicinava. Prendiamo per buona – e non ci sono elementi per affermare il contrario – la notizia della paternità dei Doria, famiglia di commercianti che arriva in Sardegna attorno al 1050. È molto improbabile che gli stessi, in poco più di mezzo secolo di presenza nell’Isola riescano ad acquisire il potere necessario e la libertà d’azione per costruire allegramente castelli (oltre al nostro, anche Chiaramonti e Castel Doria) in un territorio, quello del nord-est, ancora sotto il controllo del Giudicato di Torres.
Proprio il progressivo indebolimento che porterà alla definitiva scomparsa dell’istituzione giudicale attorno alla seconda metà del XIII secolo, crea l’enorme vuoto di potere atteso dai Doria, a quel punto abbastanza potenti grazie anche ad un’accorta politica matrimoniale. La pressoché totale autonomia di movimento va mostrata e difesa, e quale modo migliore se non quello di fondare castelli (e conseguenti insediamenti) ex novo? In questo periodo viene fortificata la rocca, difficilissimo capire se in precedenza ci fosse già qualcosa. Qualcuno ipotizza che la zona del convento, la parte delle celle dei monaci, fosse un primo nucleo abitato e anche le diverse caverne che ancora sono visibili a lu Granaddu (a tal proposito, se ci doveste entrare, occhio alle siringhe…), potevano avere delle corrispondenze in aree più elevate del promontorio, ma rimaniamo sempre nell’ambito delle ipotesi.
Abbiamo visto, dunque, come nella vicenda della fondazione l’anno a cui tradizionalmente ci si riferisce, escluda la paternità dei Doria e viceversa. Per capirci meglio: o è nato nel 1102 oppure l’hanno costruito i Doria. Con entrambe le variabili i conti non tornerebbero. Ad ogni modo, delle due, la seconda ipotesi è quella data per certa.
Tra i tanti che hanno affrontato la questione, giusto per citare il lavoro più recente, si veda il capitolone riguardante Castel Sardo, scritto dal Professor Franco G. R. Campus, inserito nel nuovo libro dell’Ilisso sull’età giudicale. Oltre al buonsenso, anche i documenti aiutano a confermare la datazione nella seconda metà del 1200. La prima citazione è infatti risalente al 1272, con riferimento alla vicenda di un certo Guglielmo di Saint-Gilles, cittadino palermitano, che approda nel porto presso Castrum Januensium e qua, con l’inganno, viene derubato di ogni bene, cioè 170 onze d’oro (ho provato a vedere a quanto corrispondano in euro, ma l’onza d’oro non è selezionabile come metodo di pagamento) e imprigionato per tre mesi dal Dominus Manfridus de Oria. Insomma, per la famiglia di origine ligure non un esordio di cui andare fieri.
Da notare inoltre, che il comune di Genova e Carlo D’Angiò, re di Sicilia, avevano appena stipulato un trattato di pace, ma questo doveva interessare poco o niente al Manfridus, che tirava dritto per la sua strada infischiandosene altamente.
Anche gli scavi del 2005 in quell’enorme mondezzaio archeologico di Manganella, sembrano confermare lo slittamento di circa centocinquant’anni, con il ritrovamento di tratti di mura e di resti di una torre, e con la lettura di una porzione di merlatura (detta alla guelfa) ancora visibile nelle fortificazioni che si affacciano sul mare, databili proprio a quell’epoca.
C’era, fino all’anno scorso, un ultimo elemento che da solo poteva ancora giustificare la teoria del 1102: la campana del comune da sempre datata al 1111, pochissimi anni dopo la fatidica data di fondazione e, dunque, testimonianza materiale in grado di tenere in piedi il traballante castello.
Un anno fa, l’epigrafista Giuseppe Piras (il sottoscritto c’era e può testimoniare che a salire sul campanile a vela per le necessarie fotografie furono l’allora sindaco e il suo vice, operazione alquanto pericolosa) ha re-interpretato, senza dubbio alcuno, i segni incisi sulla campana. Le quattro stanghette dritte, sono precedute da un 1, un 6 ed uno 0 (zero), in una mescolanza di stili numerici che agli occhi di noi profani può risultare insolita, ma che era già stata riscontrata in diverse epigrafi d’epoca. La data della campana del comune è dunque 1604, proviene dalla chiesa di Santa Maria, anche questa informazione è in rilievo sulla superficie; come sia finita dalla parte opposta della via in cui era originariamente posizionata, non è dato sapersi. L’abbaglio del 1111 è comprensibile, ma per l’appunto di errore di interpretazione trattasi.
Chiudo con una breve considerazione sull’origine più remota della nostra comunità: sarà così peregrino dire che la genesi sia da ricercare in ambito sardo o meglio proto-sardo? Visto e considerato che una cintura di cinque edifici nuragici (di diverso tipo e nella peggiore delle ipotesi non contemporanei tra loro) accerchia la rocca, che in uno dei due settori scavati a Manganella è venuto alla luce, nello strato più profondo, “… la fondazione di una struttura, rasata probabilmente nel medioevo, verosimilmente di epoca protostorica...”, ed è stata una fortuna, un caso, oppure potrebbe essere parte di un qualcosa di più esteso, vista anche l’esiguità della porzione indagata rispetto alla grandezza dell’area.
Manca forse la continuità abitativa in cima al promontorio, per poter affermare che il paese è nato in età nuragica ma ci manca anche l’esatta ubicazione del centro di Frigianu, per non parlare di Tibula, ma qua si fa notte e non conviene andare oltre…
La versione che segue è una traduzione dello scrittore e poeta Giuseppe Tirotto in sardo-corso di Castelsardo. “La fàula innuzenti di li ‘900 anni di Caltéddhu” è il titolo in castellanese.
Caltéddhu, a diffarenza d’umbè d’altri paési, pararìltia appaltinì a lu tippu di ciddai ditti “di fundazioni”, in cantu nasci a poi di un pruggéttu, più o mancu pricisu, di pubbulamentu di lu loggu (in chiltu casu sarìltia più curréttu faiddhà di incaltéddhamentu?) e no pa’ aggrégazioni ilpuntània. O mégliu, l’aggregazioni s’è fatta a contu sóiu, a dannu di l’abitaddi vigini (Murtétu, Salàsgiu e Ostiano, pa’ no faiddhà di Frigianu – chi imbara ancóra imbuliggaddu i’ lu miltéru – s’avàrani a ilpuppulà entru la fini di lu ‘300) palchì in tempi di gherri e maladdi, la rocca gjà da tandu affultiggadda, assigurava una maggjóri siguresa.
Lu puntu centrali è paró chissu di una data, lu 1102, ancóra in trìglia da chilti palti e chi andarìltia ilcunfissadda una vólta pa’ tutti, no sólu i’ l’iltudi ilpecializzaddi. L’ilvarioni iltóriggu nasci da li crònagghi di lu cinqucentu di l’iltudiosu ecclesialtiggu (è iltaddu puru vèlcamu di Bosa) Ionnas Francisci Farae, méglio cunnisciuddu cumenti “lu Fara”, chi pa’ cantu gòdia di famma no assai sìncara, innantu a la data di fundazioni di la capitali di l’Anglona, e di chissa di Algheru, è iltaddu pa’ lu più pigliaddu in paràula.
Tant’è chi i’ lu 2002, gjà 22 anni oramai, s’érani cilibraddi félti manni pa’ l’attoppu di li faddali 900 anni. Puntu cintrali di chissi cilibrazioni éra iltaddu un cunvegnu di tre dì undi l’iltória lucalii éra iltadda ilcandagliadda in dugna manéra. Nota passonali: in chissi tempi éru ancóra un piccinnéddhu, tantu ilpantaddu da lu cunvegnu chi, a palti pigliavvi palti cumenti pùbbliggu cun tantu di caltelléddha pa’ l’appunti, n’aia ilpiccaddu unu di li manifélti chi reclamàvani l’eventu appiccaddi a l’Universiddai, pultendimmillu a casa arrudduladdu, n’aia ritagliaddu lu dissegnu di Jacques Petrè, e a pói avéllu missu in cornici, mi l’aia appiccaddu in càmmara, a cultàggju a lu calandàriu osé di Adelasia di Torres!
E tandu, cosa n’éra alzaddu a pìggiu in chissi assai interessanti giunnaddi d’iltùdiu in onóri di li 900 anni da la fundazioni di la ciddai? Ѐra iltaddu cjariddu, pa’ l’appuntu, chi la Caltéddhu antigga no aia 900 anni, e nemmancu vi s’avviginava!. Pigliemmu pa’ bona, no essèndivi mutii pa’ dimultrà lu cuntràriu, la nutìzia di la patelniddai di li Dória, famìglia di malcanti chi attoppa in Saldigna ingjru a lu 1050, è poggu prubbàbili chi li matessi in mancu più di mézzu séculu di prisènzia i’ l’ìsula siani arrisciuddi a criscì di lu puddéri nicissàriu e lu manèggju d’azioni pa’ frabbiggà a l’ilcuntipiggiadda caltèddhi (a palti lu nóltru, puru li di Cjaramonti e Castel Dória) in un biccu di terra, chissu a manca di lu cabbu di sobbra, ancóra cuntrulladdu da la Gjudiggaddu di Torres.
Própriu lu minimà manu manu di lu puddéri chi avarà a pultà a l’ilcumpassa di lu tuttu di l’iltituzioni gjudicali ingjru a la sigunda middai di lu XIII séculu, abbri l’iganti bóiddu di puddéri asittaddu da li Dória, a chissu puntu abbaltanza puddenti aggràzia puru di un’avvidudda pulìtigga d’affidi. La quasi oramai tutali autonumia di muimentu anda multradda e divinzadda, e cali módu miglióri si no chissu di pisulà caltèddhi (cu’ li sighenti naturali pubbulamenti) ex novo? In chiltu zàppulu di tempu veni affultiggadda la rocca, imbara assai diffìcili cumprindì si gjà da primma v’éra calchicosa. Calcunu iputizzèggja chi la tuppa di lu cunventu, la palti di li culcatòggji di li fraddi, fùssia un primmu baddhóttulu abitaddu e puru li tanti grotti chi ancóra si vèdini i’ lu Granaddu (a prupósitu di chiltu, si vi capitèggja d’intravvi, fèddi attinzioni a li sciringhi…), pudiani avè di li currilpundenzi in punti più in altu i’ lu prumuntóriu, ma s’imbara sempri i’ lu rigimi di l’ipótisi.
Emmu viltu tandu, cumenti i’ la chiltioni di la fundazioni l’annu a undi, pa’ lu più, si faggi riferimentu, daghendi a banda la patelniddai di li Dória e vicevvessu: pa’ cumprindicci mégliu, o è naddu i’ lu 1102 oppuru l’hani frabbiggaddu li Dória, cun tutti e dui li variàbili li conti no póni turrà. A dugna módu, di li dui, la sigunda ipótisi è chissa dadda pa’ célta.
Tra li tanti chi hani affruntaddu la chiltioni, gjustu pa’ muntià lu trabàgliu più frelcu, si dia una figgjuladda a lu capituloni riguardu Cltéddhu, ilcrittu da lu Prufessor Franco G. R. Campus, insiruddu i’ lu libbru nóu di l’Ilisso innantu a l’eddai gjudicali. A palti lu buonsensu, puru li documenti aggjùddani a cunfilmà la datazioni i’ la sigunda middai di lu 1200. La primma citazioni è diffattu rifirudda a lu 1272, precisamenti a la tribulia di un cértu Guglielmo di Saint-Gilles, furiltéri sicilianu, chi appróda a lu pórtu di Castrum Januensium e inogga, a trampa, veni ilpugliaddu di dugna bè (cioè 170 onci d’oro, àggju pruaddu a vidé a cantu avarìstiani pududdu currilpundì in éuru, ma l’oncia d’oru no po’ essè sciuaradda cumenti siltemma di pagamentu) e imprisgiunaddu pa’ tre mesi da lu Dominus Manfridus de Oria. In tutti li rasgioni, pa’ la famìglia gjunta da Genova no un incumènciu d’andavvi fieri. Da nutà, dabbói, chi lu comuni di Genova e Carlo D’Angió, re di la Sicìlia, s’érani appena missi d’accoldu pa’ la paggi, ma chiltu duvìstia interessà poggu o nuddha a lu Manfridus, chi andagia tèttaru pa’ lu caminu sóiu affuttendisinni altamenti.
Puru l’ilcavi di lu 2005 in chissa igantósa muràglia alcheológigga di Manganéddhu, pàrini cunfilmà l’irruscigghinamentu di quasi centucinquant’anni, cù l’agattadda di pèzzi di muri e di avanzi di una torre, e cun la littura di una pulzioni di muraddura (ditta a la guelfa) ancóra evidenti i’ li foltificazioni chi s’accjàranii innantu a lu mari, databili própriu a chissu tempu.
V’éra, finza a l’annu passaddu, un ùltimu elementu chi dappareddhu pudia ancóra gjultificà la teuria di lu 1102: la campana di lu comuni da sempri datadda a lu 1111, tandu a pói di pogg’anni infattu la funtumadda data di fundazioni e tandu tiltimunianza cuncréta pa’ dimultrà di mantinì allampédi lu baddhulanti caltéddhu.
L’annu passaddu, l’epigrafilta Giuseppe Piras, (lu sottulcrittu v’éra e pó tiltimunià chi ad alzà innantu a lu campanili a véla pa’ li fotofrafii nicissari érani iltaddi lu sìndaggu di tandu e lu so’ vicesìndaggu, obarazioni umbè pirigulósa) ha turraddu a intelpretà, chena lu mìnimu ilbàgliu, li segni inziccaddi i’ la campana. Li quattru iltangaréddhi dritti, so antizippaddi da un 1, un 6 e unu 0 (zeru), in un miscimmuléddhu d’iscéri numégghi chi a l’occj di noi prufani pó risultà iltravaganti, ma chi éra gjà iltadda acciltadda in divessi epigrafi di lu tempu. La data di la campana di lu comuni è tandu 1604, e attoppa da la gjésgia di Santa Maria, puru chilta infulmazioni è siltadda innantu a lu pìggiu di metallu; cumenti sia capitadda da l’altra palti di la carréra, und’éra in prinzìpiu culluccadda, no è daddu a sabéssi. L’imbàgliu di lu 1111 si po’ cumprindì, ma pa’ l’appuntu d’ilbàgliu d’intelpretazioni si tratta.
Sarru cu’ una cunsiderazionarèddha innantu a l’origini più di simmai e mai di la cumuniddai nóltra.. Sarà cussì foralóggu dì chi l’incumènciu nóltru sia da cilcà i’ lu tèlminu sardu o mégliu proto-sardu? Viltu e cunsideraddu chi una cìntula di cinqu fràbbigghi nuràgigghi (di divessa fattura e i’ la péggju di li ipótisi no di lu matessi tempu tra eddhi) ingjria la rocca, chi in unu di li dui settori ilcavaddi a Manganéddhu è brincaddu fóra, i’ lu pìggiu più finguddu, “… la fundazioni di un’iltruttura, rasadda cun prubabiliddai i’ lu medioevu, quasi di siguru d’èpuca protoltórigga…”, ed è iltadda una fultuna, un casu oppuru podarìltia essè palti di calchicosa di più mannu, vilta puru la minoria di la pulzioni indagadda rilpéttu a la mannura di l’iltirrudda.
Manca maccarri la continuiddai d’abitazioni in cùccura a lu promuntóriu, pa’ pudè dì cun celtesa chi lu paési è naddu in eddai nuràgigga ma ci manca puru la pusizioni pricisa di lu centru di Frigianu, pa’ no faiddhà di Tibula, ma inogga si faggi nótti e no cunvene ilpignissi più inchiddhà…
Immagini fornite da Marco Lepori
Foto di copertina: 9colonne.it
2 commenti
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Complimenti !!!!
Bravi,continuate a tenermi aggiornata.