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Intervista ad Adriana Valenti Sabouret… aspettando Sa Die

Adriana Valenti Sabouret, scrittrice e saggista, nata a Siracusa, laureata in Lingue e Letterature straniere, da molti anni risiede tra la Francia e Alghero. Ha insegnato presso l’Istituto Statale Italiano Leonardo da Vinci, a Parigi, e presso il Liceo Internazionale di Saint-Germain-en-Laye. Ha lavorato come traduttrice e tuttora collabora con diverse riviste. Come narratrice ha esordito nel suo Paese di adozione con il romanzo Le rêve d’Honoré (Éditions du Panthéon, 2019). Con Arkadia Editore ha iniziato un ciclo dedicato ai personaggi e alle vicende della Sarda Rivoluzione: Madame Dupont (2021), Le nobili sorelle Angioy (2024) e Rivoluzionari sardi in Francia (2024). Fuori dal ciclo ha pubblicato La ragazza dell’Opéra (2023).

La intervistiamo per S’Indipendente anche in vista dei suoi prossimi impegni sardi in occasione della celebrazione del 28 aprile.

Domanda: Come nasce la tua autentica passione per la Sardegna e in particolare per un periodo tanto tormentato quanto poco conosciuto come quello del cosiddetto triennio rivoluzionario?

Risposta: La mia passione per la vostra meravigliosa isola affonda le radici in un recente passato. Era il 2007 allorché, scoprendo la Sardegna in un periplo familiare, mi sono sentita come a casa, oltre che circondata da una bellezza naturale sobria e magnifica al contempo. I sardi non sono molto dissimili dai siciliani: calorosi, ospitali, semplici e accoglienti.

Un amico scrittore sardo a cui tradussi un romanzo in francese, mi disvelò il mondo della Sarda rivoluzione nella persona di Giovanni Maria Angioy. Sapendo che abitavo a Parigi, mi raccontò che Angioy vi era morto esule e che molti sardi anelavano a conoscere il luogo della sua sepoltura per rendergli un doveroso omaggio.

Affascinata dalla generosa nobiltà del personaggio, cominciai a effettuare ricerche archivistiche su di lui, sulla sua azione in Francia, la sua vita parigina e la sua morte…

Era il 2014.
Da quell’anno, le ricerche sui rivoluzionari sardi hanno accompagnato il mio quotidiano in maniera prepotente. Più scoprivo e più volevo saperne. Ho esplorato tutti gli archivi di Parigi e provincia, quelli di Lyon, di Marsiglia, oltre che ovviamente le biblioteche e gli archivi di Alghero, Sassari e Cagliari. Ho intessuto legami con alcuni discendenti dei patrioti. Due di essi mi hanno aperto – generosamente – le porte dei loro archivi familiari.

Domanda: Al di là del notevole spessore narrativo, sono evidenti nei tuoi libri, così come nei tuoi articoli, una forte curiosità e una spiccata volontà di verità storica, che ti hanno portata ad esempio a scoprire nel cimitero Pere Lachaise di Parigi la tomba di Don Michele Obino, oppure a ricostruire la figura del patriota algherese Matteo Luigi Simon.

Quanto ancora c’è da scoprire sugli esuli della repressione conseguente al periodo rivoluzionario sardo?

Risposta: Ti ringrazio. La curiosità è forte, in effetti, e vibra in me spingendomi ad andare sempre oltre. La scoperta della tomba di don Obino è stata ardua e quindi altamente emozionante. La sua tomba è oggi meta di pellegrinaggi e omaggi da parte di sardi, italiani, francesi, americani. Ed è per me fonte di soddisfazione: quasi a ricompensare le peripezie e le sofferenze che il manipolo di patrioti sardi in Sardegna sostenne e patì negli anni fino a morirne.

Personalmente, ritengo che la ricerca non debba fermarsi, innanzitutto, perché gli archivi non cessano di migliorarsi sottraendo all’oblio documenti ancora non classificati o non digitalizzati. Inoltre, sono convinta che certi documenti preziosi possano trovarsi in collezioni private e che quindi siano suscettibili di ritrovarsi in un’asta o su un sito specializzato. Ultimamente, solo per farti un esempio concreto, mi è sfuggito un rarissimo scritto del dottore in medicina Pietro Antonio Leo, amico di Angioy, Simon, Obino…È stato venduto in un’asta toscana, segno che l’interesse per certi personaggi sardi è ancora vivo presso gli studiosi.

Anche in Francia e in Italia ci sarà ancora qualcosa da scoprire ma occorre tempo, pazienza e possibilità finanziaria di viaggiare per effettuare le ricerche archivistiche.

Domanda: perché, a tuo avviso, si è verificata una sorta di rimozione della memoria storica di quegli anni tanto che pochissimi libri di storia delle scuole, ne riportano gli avvenimenti e i personaggi, peraltro vittime di feroci torture e condanne o costretti all’esilio?

Risposta: Una domanda che – da docente – mi fa molto male. Mi  piace risponderti utilizzando la citazione di uno storico olandese scomparso nel 1966, Pieter Geyl. 

«La storia è sempre scritta dai vincitori. Quando due culture si scontrano, il perdente viene cancellato e il vincitore scrive i libri di storia, i libri che glorificano la propria causa e denigrano il nemico vinto».

È ciò che accadde ad Angioy e alla Sarda rivoluzione, benché ritengo che la loro non fu una totale disfatta. Seminarono infatti delle idee che sarebbero germogliate nel tempo costruendo quindi le basi per la Sardegna moderna. 

La loro ‘’damnatio memoriae’’, comunque, non mi stupisce affatto, considerato che dopo la loro sconfitta – purtroppo – in Sardegna non cambiò quasi nulla e quando Michele Obino, dopo tanti anni, poté infine ritornare nella sua isola con un progetto benefico che gli fu rifiutato, fu tanto deluso da voler ritornare a vivere e morire a Parigi. Si tratta di un episodio estremamente importante ed esemplificativo della delusione di un grande uomo e patriota, di un erudito sardo da non dimenticare.

Domanda: Cosa dire con un breve messaggio in particolare ai giovani studenti per celebrare la ricorrenza del 28 aprile, “festa della liberazione” dei sardi dall’oppressione feudale dei barones filo piemontesi?

Risposta: Il mio messaggio ai giovani studenti sardi è di amare e proteggere la propria Isola. Studiare e guardare al passato per prendere esempio dai grandi patrioti – oggi purtroppo un po’ dimenticati – che spesero la propria vita studiando, indignandosi per le ingiustizie del feudalesimo, consacrandosi alla difesa dei diritti di tutti. ‘’Libertà, uguaglianza e fratellanza’’ guidò questi grandi personaggi che rinunciarono a tutto – famiglia, patria, beni materiali, lavoro – per tali ideali, con generosità e spirito di abnegazione.

Spero tanto che i giovani accolgano tale mia speranza, insieme all’impegno di non dimenticare gli sforzi compiuti dai patrioti, leggendo, informandosi, onorandoli in Sardegna e all’estero per non spegnere la fiaccola che stiamo mantenendo accesa.

Domanda: Quale sarà il tuo prossimo contributo alla ricerca storica? Riguarderà ancora gli anni angioyani?

Risposta: Il mio prossimo contributo alla ricerca storica riguarda un medico illuminato nativo di Arbus, amico di Angioy, Simon, Obino: il dottor Pietro Antonio Leo. Fu un instancabile studioso intollerante ai pregiudizi contro la Sardegna e dei metodi imperanti di una falsa medicina, come ad esempio i salassi.

 Intuitivo e coraggioso, benché privo di grandi mezzi, viaggiò in Italia e all’estero al fine di specializzarsi alimentando la sua smisurata sete di sapere. Si spense a Parigi – dove si era recato per studio – a soli 39 anni e le sue tracce si perdono nella Chiesa parigina di Saint-Sulpice dove ricevette funerali cristiani.


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