
In quali circostanze il patriota sassarese Gioachino Mundula concluse i suoi giorni a Parigi ?
È lecito supporre una morte per avvelenamento da parte di un inviato del governo Savoia ?
Gioachino Mundula, avvocato e imprenditore agricolo sassarese, fu uno fra i seguaci più fedeli di Angioy e grande uomo d’azione.
Intendiamo ricordarlo nel mese di aprile perché è proprio il 30 aprile del 1798 che Joachim Mundula, uomo di legge, coniugato, si spense all’età di 61 anni, nell’XI arrondissement antico di Parigi, al numero 17 della rue Gît-le-Cœur. E si tratta di una nostra scoperta parigina recente.
Sapendo che Giovanni Maria Angioy giunse – esiliato – a Parigi nel febbraio del 1799, dopo essersi rifugiato nel nord Italia e a Marsiglia, già malato, ne deduciamo che dell’amico Gioachino Mundula trovò solo la tomba. Sepoltura, purtroppo, ancora ignota ai giorni nostri.
Quali furono le cause della morte del Mundula a 61 anni, considerato che non soffriva di alcuna patologia ?
La risposta è un’incognita, poiché conosciamo dal documento da noi ritrovato presso gli Archivi di Parigi, solo pochi dati : il nome del proprietario della locanda in cui Gioachino viveva, Gabriel Legendre, che si definisce suo amico e che ne dichiara la morte alle autorità competenti parigine, l’indirizzo, il suo stato civile.
Sappiamo che Mundula, in una lunga lettera, narra al console francese Belleville, le tragiche vicende sarde del marzo 1797 ed esprime il desiderio che il Direttorio – forma governativa francese dell’epoca che succedeva al Terrore e precedeva il consolato – potesse intervenire per concedere ai sardi l’amnistia promessa.
Ecco allora che Mundula lasciò la Corsica per recarsi a Parigi rappresentando anche Angioy, e s’intrattenne con ministri e membri del Direttorio per perorare la causa sarda.
Tali eco, naturalmente, giunsero pure in Sardegna dove il giudice Valentino – famigerato per la sua crudeltà – incaricò Salvatore Moglie (secondo la deposizione dello stesso Moglie) di uccidere Gioachino Mundula.
Da dove provengono tali gravi notizie ? Dallo storico algherese Giuseppe Manno – notoriamente vicino e grato alla casa Savoia – che le riporta, malgrado un certo scetticismo. Ma quale storico avrebbe riferito simili accuse al real governo, se non avesse creduto alla loro verità ? O almeno se non avesse nutrito ragionevoli dubbi sul carattere veritiero delle stesse ?
Angioy in qual periodo, sapendo Giaochino privo di mezzi, gli scrisse da Genova aggiornandolo sulla situazione in Sardegna. Lo invitò altresì – generoso com’era – di chiedere a suo cognato Onorato Cortese, d’inviargli tre luigi al mese, poiché l’assegno francese di tre lire al giorno, concessogli dal console Belleville, non gli perveniva più.
Angioy gli comunica che a Genova i francesi preparavano una spedizione armata, forse per la loro Isola, ma la stessa è diretta a Malta e poi ad Alessandria d’Egitto che saranno entrambe occupate.
Il momento è dunque poco propizio per chiedere una spedizione in Sardegna secondo il progetto di Mundula, Angioy e Sanna Corda, ma Bonaparte e il Direttorio rimangono interessati al progetto di sbarco in Sardegna da parte dei francesi.
Ed ecco che in tale frangente, Mundula muore, senza aver avuto la gioia e il supporto di rivedere Angioy che arriverà a Parigi soltanto alla fine del febbraio 1799, ovvero dieci mesi dopo la sua morte.
Salvatore Moglie, il sicario incaricato dal giudice Giuseppe Valentino a uccidere Mundula viene intanto mantenuto in qualità di spia del governo.
Al Moglie, nel giugno del 1797, viene attribuito un assegno annuo di lire 250 di Piemonte. L’anno successivo, il re dà ordine di pagargli lire 3500 sarde in tanti Reali presenti nella Regia zecca, concludendo di averlo pienamente soddisfatto.
Soddisfatto di quale grossa impresa per meritare una simile somma ? Forse dell’uccisione del Mundula ?
Il nostro ragionevole dubbio permane senza risposta in mancanza di prove, e non ci resta che onorare la memoria del coraggioso patriota Giochino Mundula, della moglie Speranza Sisco che fu arrestata e forse incarcerata, e dei figli Paolo e Giuseppe Mundula che non rividero più, rispettivamente, il marito e il padre.
Paolo Mundula scontava ancora la sua pena quando a Parigi morì il padre e in Sardegna il fratello, incarcerato prima di lui.
Paolo stesso, catturato, fu messo ai ceppi e condotto per le vie di Sassari per molte ore suonando il campanone con sommo patimento del detenuto e delle notabili famiglie con lui imparentate.
Se Mundula morì il 30 aprile 1798 e scrisse di suo pugno fino al 9 febbraio del 1798 una lettera al Ministro degli esteri francesi, e un’altra all’Angioy nel marzo 1798, l’ipotesi che fosse in buona salute fisica e mentale poco prima di morire, non ci appare peregrina.
Immagine: pariszigzag