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In Catalogna c’è ancora partita

de Stefano Puddu Crespellani

C’era molta attenzione internazionale sulle elezioni che si sono tenute ieri in Catalogna. E c’era molta voglia, da parte della stampa di quasi tutti i paesi europei, di dare per conclusa la tappa del procés indipendentista. Una vicenda che scombinava troppi schemi e che ha creato delle turbolenze poco gradite da ogni tipo di establishment. Da qui, la lettura sensazionalista e frettolosa dei risultati. Che danno per sconfitto, numeri alla mano, l’indipendentismo catalano. Ma i numeri hanno molte letture. Provo a dare anche la mia.

Prima, però, occorre fare una nota contestuale. Oltre al fatto che Puigdemont ha dovuto fare la sua campagna elettorale dalla Catalogna nord (Francia del sud), senza potersi muovere come gli altri candidati per il territorio catalano, né partecipare ai dibattiti elettorali per un assurdo pericolo di detenzione (grave irregolarità in qualunque altro paese che non sia la Spagna), la giornata elettorale è stata condizionata da un arresto totale dei treni per un furto di rame in una stazione strategica dell’area metropolitana di Barcellona. E questo per non parlare dell’intervento di Pedro Sánchez nella campagna, con la sua finta di dimissione alla vigilia della campagna elettorale, che ha pompato il voto verso il candidato socialista, Salvador Illa. Insomma, il gioco non è stato pulito. 

Il primo dato, in ogni caso, è che l’astensione è stata molto alta, sui livelli delle elezioni in piena pandemia. Il 60% di partecipazione significa un ritorno a standard europei di sfiducia strutturale nella politica da parte di un paese che, negli ultimi anni, è stato fortemente motivato al voto. Il che penalizza principalmente il fronte indipendentista.

Effettivamente, queste elezioni dicono che i partiti del 155 —quelli cioè che hanno difeso l’intervento di Madrid sul parlamento catalano, la dissoluzione del governo, la prigione e l’esilio dei suoi membri e la convocazione di elezioni, nel 2017— ha raccolto più voti dell’indipendentismo; grossomodo 250.000 in più, contando i voti di Vox dalla parte spagnola e non contando quelli di Aliança catalana sul fronte indipendentista. 

Il punto, però, è che il fronte del nazionalismo spagnolo è fortemente diviso, tra i due attuali partiti di governo (PSC e Comuns) e la destra diversamente estrema (PP e Vox), sul piede di guerra per la legge di amnistia (che ne giustifica in gran misura la crescita). Non è facile immaginare che si possano sommare in sede d’investitura. Per cui i 42 seggi del PSC, vincitore delle elezioni, possono contare solo sui 6 voti dei Comuns (fanno 48). È escluso (almeno in partenza) che il PP, il partito che è cresciuto più di tutti gli altri (passa da 3 a 15 deputati), possa votare a favore dell’elezione di Illa, ed è anche improbabile (ma non impossibile) una astensione in seconda votazione. Degli 11 seggi di Vox non se ne parla nemmeno. 

Quindi la vittoria di Salvador Illa resta una vittoria sulla carta, che può condurre a un governo solo in due casi: il primo, che convinca Esquerra Republicana a entrare in un tripartito (che significherebbe la débacle finale di ERC alle prossime elezioni); il secondo che ottenga delle astensioni strategiche della destra spagnolista per essere eletto al secondo turno, come governo in minoranza. Possibile, ma debole. Anche perché, a Madrid, Sánchez ha un governo fragile, tenuto in piedi dai 7 deputati di Junts, sulla base di condizioni dettagliate nell’accordo di collaborazione firmato a Bruxelles e che viene portato avanti in Svizzera con la supervisione di mediatori internazionali.  E il prezzo di un governo debole in Catalogna può essere la caduta del governo a Madrid.

Sul versante indipendentista, ERC è precipitata dai 33 ai 20 deputati, con una perdita di 180.000 voti, e le CUP passano da 9 a 4, con 15.000 voti in meno. E tuttavia, 20 seggi sono ancora un gruzzolo spendibile. Junts è cresciuto, nonostante tutti gli elementi gli giocassero contro, ma solo di 3 seggi (da 32 a 35, 104.000 voti in più). Credo che sarebbe inesatto dire che cresce la destra indipendentista, perché il progetto di Puigdemont ha una natura trasversale e tra le sue file ci sono persone chiaramente di sinistra, che hanno voluto compiere un atto politico a favore della restituzione del Presidente legittimo, destituito dal nazionalismo spagnolo.

Quindi una semplice somma dice che l’indipendentismo dispone di 35 + 20 voti utili (Junts+ e ERC), che sono pur sempre 7 in più di quelli di Salvador Illa. E non sarebbe escluso un accordo con le CUP per arrivare a una investitura a quota 59. E infatti Carles Puigdemont si è mosso subito, l’indomani stesso, con una conferenza stampa in cui ha annunciato che si presenterà per l’investitura e ha spiegato anche con quali numeri e quali ragionamenti. In sintesi, è venuto a dire che i giochi sono ancora aperti.

Puigdemont è stato molto abile nel sottolineare che, risultati alla mano, l’ipotesi di un governo di solida minoranza e di obbedienza catalana (sostenuto da Junts+ e ERC, con un appoggio esterno della CUP) sarebbe una soluzione migliore rispetto alla ripetizione delle elezioni, o a un governo debolissimo del PSC (sostenuto dal suo nemico statale, il PP). Vuole cercare, in questo modo, di allontanare da sé il dubbio che intenda manovrare per andare a nuove elezioni. Ci sono, peraltro, possibilità oggettive che i numeri del voto di domenica diano come risultato una situazione bloccata, senza ipotesi realistica di sblocco (il tripartito con ERC sarebbe per questa formazione politica una specie di harakiri finale). E questa ipotesi potrebbe favorire Puigdemont. Che non rinuncia a niente e lavora per ricucire una unità della strategia indipendentista che, in questo momento, è la grande assente e, al contempo, l’unica strada per non gettare alle ortiche tutto il lavoro fatto. Le prossime settimane saranno caratterizzate da un intenso lavoro silenzioso. La chiave ce l’ha Esquerra Republicana, certo. Che si gioca, peraltro, la propria credibilità per il prossimo ciclo politico. Vedremo cosa accadrà. Ma c’è ancora partita.


Immagine: ilfattoquotidiano.it

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