Il Sulcis delle discariche e delle industrie inquinanti
Giancarlo Ballisai è il Presidente dell’Associazione Adiquas Nuraxi Figus. In questo pezzo fa luce sull’ingente presenza di discariche che ha trasformato il Sulcis Iglesiente in quella che l’autore definisce I rifiuti industriali hanno poco alla volta trasformato il territorio una sorta di nuova “Terra dei Fuochi”.
de Giancarlo Ballisai
Mauro Pili, attraverso un’inchiesta pubblicata sull’Unione Sarda, denuncia l’arrivo alla discarica Riverso di Serra Scireddus di 11.000 Tir di rifiuti non classificati. La discarica è situata nel territorio di Carbonia ad una distanza di 10 Km dal centro urbano e di 2,5 Km dal centro del comune di Gonnesa, Sud Sardegna. Ci troviamo in un’area geografica del Sulcis Iglesiente ove, per la pregressa estrazione di metalli e carbone (nella stessa Carbonia e nei comuni confinanti di Iglesias, Gonnesa e Portoscuso), si contano all’incirca 42 discariche minerarie, le quali contengono vari minerali ma anche arsenico, utilizzato nelle laverie nel processo della lavorazione del carbone.
Questa situazione di danno ambientale, nel corso degli ultimi 50 anni, si è ulteriormente aggravata con l’attività produttiva dell’area industriale di Portovesme. I rifiuti industriali hanno poco alla volta trasformato il territorio in una sorta di nuova “Terra dei Fuochi” con una miriade di discariche sparse nei territori di Portoscuso, Gonnesa, Carbonia. In questo disastro ambientale e sanitario, possiamo annoverare:
– la discarica del bacino dei fanghi rossi;
– la discarica di ceneri e gessi Enel fronte mare;
– le discariche all’interno della Portovesme s.r.l e dell’Alcoa;
– la discarica di Sa Turrita nell’area del comune di Portoscuso;
– la discarica di S’acua e Sa Canna sita nel comune di Gonnesa;
– la discarica di Genna Luas con il suo raddoppio, da poco tempo acquisito;
– la discarica di Barega, finita nelle cronache giornalistiche per aver accolto fanghi fognari provenienti dalla Regione Puglia;
– la discarica delle ceneri e gessi della centrale di Portovesme presso la Carbosulcis a Nuraxi Figus;
– la discarica Verde Vita;
– la stessa discarica di Serra Scireddus.
A queste si aggiungono le discariche, vecchie e nuove, legate ai rifiuti urbani, che si sommano agli ulteriori disastri e al consumo del territorio determinati dall’estrazione dell’argilla, della sabbia e della ghiaia necessarie nel processo lavorativo delle discariche.
Si può sostenere che vi è una grande “generosità” da parte dei comuni, della Provincia e dei vari Enti locali e regionali nell’offrire questo territorio per accogliere ogni genere di scarto industriale in discariche e ci si pone la domanda sul perché di tanta generosità.
Ciò che accomuna tutte le discariche sulcitane è il meccanismo del cosiddetto “autocontrollo”. I processi di smaltimento sono, cioè, controllati dalle medesime aziende che smaltiscono, le quali dovrebbero invece essere controllate da enti terzi e imparziali. Così accade con il portale Radiometrico alla Portovesme s.r.l. – come denunciato insieme al comitato Carlofortini Preoccupati e da Sardegna Pulita -, cosi è per la discarica Riverso di Serra Scireddus.
Il silenzio delle amministrazioni comunali su questo tema è assordante. Ne consegue che le problematiche sono affrontate e denunciate esclusivamente da cittadini e associazioni. A dimostrazione dell’assenza degli Enti nei controlli, si cita un protocollo inviato dall’ARPAS (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Sardegna) in seguito a richiesta informativa sui dati delle analisi promosse dall’associazione Banco Alimentare Onlus di Carbonia con prot. N.14219/2018. L’ ARPAS fornì la seguente risposta: “Relativamente alla richiesta dell’associazione, questa Agenzia non detiene dati di monitoraggio nelle aree prossime alla discarica. Detiene i dati dell’autocontrollo eseguiti dalla Riverso s.r.l.”.
Questa mancanza di controlli lascia spazio a molte possibilità, tra le quali quella di accogliere rifiuti dal resto dello Stato italiano, nonostante la Riverso sia priva di autorizzazione. Infatti, l’autorizzazione del 2001 (data di nascita della discarica) riporta in modo chiaro che la discarica “non può ricevere rifiuti provenienti da fuori regione in base alla legge regionale a.6/2001”. La mancanza di prescrizioni chiare e di incarichi ben definiti su tempi e modi di effettuazione dei controlli ispettivi e analitici (comparati con quelli effettuati dalla Riverso s.r.l.) ha concesso e concede a chi gestisce le discariche molta libertà d’azione.
La Deliberazione N.50/12 del 16.10.2015 incarica alcuni enti, tra i quali l’ARPAS e il comune di Carbonia, di vigilare. Ma allora ci si chiede:
- Perché questi Enti incaricati non si sono accorti dell’arrivo delle navi e del via vai di camion in direzione della discarica?
- Perché di fronte alle denunce sui social, con la pubblicazione di foto che mostravano lunghissime file di camion in attesa di scaricare i rifiuti in discarica, quegli Enti non si sono attivati per verificare ciò che accadeva?
- Perché a seguito delle piogge alluvionali del 2018 e di quelle intense e copiose del 2020 e 2021 nessun Ente si è preoccupato di attivarsi per verificare se vi siano state infiltrazioni di sostanze inquinanti nelle falde acquifere o sversamenti sul Rio Sibasca – che sfocia nella zona umida de Sa Masa (gravemente danneggiata dall’attività estrattiva) – o sui rii che convogliano le loro acque sul fiume Flumentepido – che sfocia nello stagno di Boi Cerbus a Portoscuso e sbocca infine nel canale di San Pietro (entrambi gravemente danneggiati dall’attività industriale di Portovesme)?
- Perché questi Enti non si sono indignati e non abbiano alzato la voce? Ma anche: perché i sindacati e i politici locali tacciono? Perché le amministrazioni comunali continuano a mantenere il silenzio?
La risposta non è difficile da ottenere, perché in molti da sempre tacciono e da sempre sostengono industrie inquinanti e discariche in nome della “difesa del lavoro”. Questa strenua difesa ha devastato il territorio, ha reso sterili e inutilizzabili per centinaia di anni grandi estensioni del territorio coperti dai rifiuti delle discariche, ha violentato il territorio con le enormi voragini aperte con le cave, e ha fatto e fa soffrire molte persone affette da tumore o altre patologie collegabili all’inquinamento e tante altre sono decedute.
Considerando i danni subiti dal nostro territorio e le ripercussioni sulla salute delle sue genti, ci si chiede se l’assurda ossessione per i posti di lavoro – indifendibili, fra l’altro, perché in molti casi già definitivamente persi – insegua una visione sociale o un interesse di parte finalizzato al mantenimento del loro potere; interesse che, evidentemente, porta a scelte che uccidono il territorio e nello stesso tempo ne impediscono uno sviluppo economico alternativo.
L’inganno che la gente di questo territorio subisce da parte di un mondo politico/sindacale/amministrativo si basa sul racconto di una realtà fittizia e ingannevole. Sulla pagina pubblicitaria della Riverso s.r.l. possiamo leggere un agghiacciante assaggio di questa narrazione deformata che costituisce la narrazione di cui si alimentano classe politica e sindacati sulcitani e sardi:
“Riverso S.p.a. nasce nel 2001 con il nome Ecodump srl con l’intento di gestire al meglio e in modo oculato la più grande discarica sarda dedicata ai rifiuti speciali. La discarica sorge su un vecchio terreno minerario dismesso, ubicato nella Sardegna Sud Occidentale, in località Serra Scirieddus nelle campagne di Carbonia. Questa miniera è stata attiva per anni: l’estrazione dei minerali ha lasciato un territorio ferito, che ha perso la sua struttura originaria. Con il suo progetto, Riverso S.p.a. decide di ripristinare questo territorio, per far rinascere le linee originali del paesaggio“.
Foto de presentada: Riccardo Pisu Maxia
14 feb 2021