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Punta_Giglio

Il rumore sul “caso” Punta giglio si fa assordante

La vicenda legata al Parco di Punta Giglio continua con nuovi interventi a sostegno della difesa del territorio e suscitando un dibattito molto vivace sui media e sui social.

Come già abbiamo scritto a proposito dell’appello firmato da numerosi accademici e studiosi italiani contro l’ulteriore tentativo di compromettere l’area del Parco con il posizionamento di griglie nelle falesie, intervento a quanto si evince dagli appelli assolutamente non giustificato, si è aggiunto nei giorni scorsi un documento/lettera aperta che, per iniziativa del prof. Quirico Migheli, ordinario di Patologia vegetale dell’Università degli Studi di Sassari, è stato firmato da 40 docenti (ma è ancora in aggiornamento) e esperti dell’Ateneo sassarese.

Nel documento, indirizzato all’Azienda speciale Parco di Porto Conte, al Comune di Alghero e alla Regione, si chiede di sospendere i lavori di cosiddetta “messa in sicurezza della falesia di Punta Giglio”, il cui inizio era previsto per il 10 di ottobre.

I firmatari, “condividendo le preoccupazioni espresse nella petizione promossa dal prof. Natale Emilio Baldaccini e nella nota degli studiosi aderenti al Gruppo dei 30 relativamente ai progettati interventi summenzionati- appunto già pubblicato su s’indipendente del 9 ottobre (Punta Giglio: l’ennesimo oltraggio)-tenendo conto delle Istanze di revisione del procedimento autorizzativo inoltrate alle Istituzioni competenti da diverse Associazioni ambientaliste nazionali e regionali, si associano alle argomentazioni con cui qualificati gruppi accademici italiani e stranieri hanno invocato la sospensione dei lavori per dare corso a un adeguato monitoraggio preliminare e a più approfondite valutazioni tecnico-scientifiche sull’ecosistema falesia.

Inoltre suggeriscono di non escludere a priori l’opzione zero, confermando e eventualmente estendendo, per quel tratto di mare, l’attuale divieto di navigazione che gioverebbe, tra l’altro, a limitare il carico antropico e a salvaguardare l’integrità delle comunità floristiche e faunistiche presenti nell’area, e chiedono di valutare la possibilità di impiegare i finanziamenti per altri interventi utili alla salvaguardia della risorsa naturale”. Seguono le firme di:

Alberto Alberti, Dipartimento di Medicina Veterinaria Marco Apollonio, Dipartimento di Medicina Veterinaria

Gianfranco Atzeni, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali Simonetta Appino, Dipartimento di Medicina Veterinaria

Simonetta Bagella, Dipartimento di Scienze Chimiche, Fisiche, Matematiche e Naturali Virgilio Balmas, Dipartimento di Agraria

Bianca Biagi, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali

Giampiero Branca, Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione Marinella Iole Cadoni, Dipartimento di Scienze Biomediche

Ignazio Camarda, ordinario di Botanica Sistematica Marco Casu, Dipartimento di Medicina Veterinaria

Giulia Ceccherelli, Dipartimento di Scienze Chimiche, Fisiche, Matematiche e Naturali Maria Antonietta Cocco, Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali

Monica Cossu, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali

Marco Curini Galletti, Dipartimento di Medicina Veterinaria Ugo Della Croce, Dipartimento di Scienze Biomediche Daniele Dessì, Dipartimento di Scienze Biomediche Manlio Fadda, Dipartimento di Medicina Veterinaria

Rossella Filigheddu, ordinario di Botanica ambientale e applicata Paolo Fois, professore emerito di Diritto Internazionale

Giovanni Garippa, ordinario di Parassitologia e malattie parassitarie degli animali Enrico Grosso, Dipartimento di Scienze Biomediche

Plinio Innocenzi, Dipartimento di Scienze Biomediche

Romina Deriu, Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione Sergio Ledda, Dipartimento di Medicina Veterinaria

Luca Malfatti, Dipartimento di Scienze Biomediche Attilio Mastino, già Magnifico Rettore

Marta Meleddu, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali Quirico Migheli, Dipartimento di Agraria

Giuseppe Moniello, Dipartimento di Medicina Veterinaria

Annamaria Nieddu, Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione Giacomo Oggiano, ordinario di Geologia

Dimitri Paolini, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali Vincenzo Pascucci, Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica Ricardo Regis, Centro Linguistico di Ateneo

Pier Paolo Roggero, Dipartimento di Agraria Daria Sanna, Dipartimento di Scienze Biomediche Fabio Scarpa, Dipartimento di Scienze Biomediche Giovanna Seddaiu, Dipartimento di Agraria Claudio Zucca, Dipartimento di Agraria

Insomma un vero e proprio manifesto con richiamo a maggiore cautela nel prendere una decisione dubbia e a quanto sembra neppure supportata da reali necessità di tutela rispetto a quelle già in atto.

A tali autorevoli voci a sostegno della ormai storica battaglia intrapresa a suo tempo dal Comitato, ora associazione, per Punta Giglio libera, prima contro l’uso privato e a fini di lucro delle vecchie strutture (diventate hotel e ristorante di lusso) e ora contro l’intervento sulle falesie che danneggerebbe la già compromessa tutela di specie volatili protette che vi nidificano, si aggiungono altre associazioni ambientaliste e singole personalità che da tempo sostengono pubblicamente l’impegno del Comitato.

Le opere di messa in sicurezza contro il rischio frana, che prevedono disgaggi, chiodature e reti di contenimento, sono infatti finalizzate ad implementare la fruizione a terra e a mare del comprensorio di Punta Giglio, attraverso una serie di interventi tra cui la realizzazione di ormeggi fissi con boe dedicate alle unità nautiche per svolgere attività di snorkeling e trasporto collettivo, distribuiti tra Capo Bocato e La Piana.

Ci chiediamo – scrivono le Associazioni Lipu, Italia Nostra, Punta Giglio Libera-Ridiamo Vita al Parco, Earth Gardeners e del Comitato Siamo Tutti Importanti – perché si voglia incrementare la fruizione turistica proprio in un’area a rischio frana e caduta massi, considerato che tali interventi, così come la fruizione stessa, comportano impatti negativi su habitat e specie”.

Per di più, gli interventi di messa in sicurezza, come dichiara lo stesso Ente proponente e soprattutto come attesta l’Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna, non sarebbero risolutivi del rischio frana, fenomeno che può essere solo mitigato, ma non azzerato” e concludono il comunicato con “In definitiva riteniamo che entrambi i progetti provocherebbero danni irreversibili alle aree protette e ai siti Natura 2000 del comprensorio di Punta Giglio , dovrebbero essere sottoposti a una Valutazione di incidenza appropriata, che prenda in considerazione la possibilità di non intervenire”.

Nel frattempo la raccolta firme su change.org ha raggiunto l’importante cifra ad oggi di 31475.

A seguito di tanto rumore e delle probabilmente impreviste proteste, la direzione del Parco decide di rinviare i lavori, non certamente di sospenderli, e a tale proposito risponde pubblicamente Carlo Mannoni, che già più volte si è pronunciato sostenendo le azioni del Comitato Punta giglio libera, “Il Parco di Porto Conte ritarda di una decina di giorni i contestatissimi lavori di imbrigliamento delle rocce della falesia di Punta Giglio, poiché, “non potendo ipotizzare un blocco dei lavori, sarà nominata una commissione tecnica con grandi esperti in botanica, avifauna e geologia, che sorveglieranno i lavori”.

La commissione di “grandi esperti” (?) doveva essere nominata prima ancora di decidere le opere e non a posteriori, quando non è neanche “possibile ipotizzare un blocco dei lavori”. Un modo bizzarro di interpretare le norme europee e nazionali sul principio di precauzione da esercitarsi a priori e non a decisione presa.”

Lo stesso WWF interviene nel dibattito, ormai diventato scontro aperto verso una discutibile gestione del Parco, con un documento che dice-in sintesi- “ Dal momento che l’area a pericolo frana (circa 8 ettari ovvero 400 metri di costa) è di fatto già interdetta al pubblico dal 2015 per il rischio di caduta massi (ordinanza n. 51/2015 del 23 ottobre 2015 dall’Ufficio circondariale marittimo di Alghero che prevede il divieto di navigare, ancorare e sostare con qualunque unità sia da diporto che ad uso professionale; praticare la balneazione; effettuare attività di immersione con qualunque tecnica; svolgere attività di pesca di qualunque natura, si tratta di trasformare questo atto provvisorio, in definitivo. Questo, di fatto, renderebbe superato l’intervento sulla falesia, perché non ci sarebbero più i pericoli richiamati dall’ordinanza e che fungono da presupposto al progetto di mitigazione”

Insomma una conferma di quanto già sostenuto da tutti coloro che ritengono l’intervento, in definitiva, la premessa a un ulteriore uso privato e di profitto dell’area del Parco.

Lo stesso Luigi Manconi, a suo tempo sostenitore insieme a altre firme di sardi illustri della prima fase della battaglia intrapresa dal comitato, su Repubblica del 10 ottobre scrive:

Si tratta, in realtà, di una messa in sicurezza che non rassicura proprio nessuno, perché il pericolo sotto la falesia non potrà mai essere eliminato, tantomeno con gli interventi previsti. Lo ammettono gli stessi progettisti e lo ribadiscono gli enti preposti a valutare la fattibilità dei lavori.

Paradossalmente si tratterebbe quindi di opere ben poco utili e anche dannose; opere, inoltre, particolarmente onerose (anche per l’impegno che richiederebbe in futuro la loro manutenzione); opere insostenibili se eseguite secondo le proibitive prescrizioni contenute nei pareri espressi da alcune autorità competenti; infine opere che non equivarrebbero comunque a una messa in sicurezza dello specchio di mare sottostante, ma a una, solo illusoria e per di più fuorviante, “riduzione del rischio”.

Questa volta il rumore dei veri difensori dei beni pubblici comincia a diventare assordante, e dubito che chi di dovere, ovvero la direzione del Parco e il Consiglio comunale, possano NON sentire e continuare “indisturbati” per la loro ingiustificata e non condivisa strada.


Immagine: Wikipedia

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