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Il ritorno al futuro del Làdiri. Intervista a Sara Collu 

Incontriamo Sara Collu giovane architett@ sarda originaria di Vallermosa. Si è laureata in Sardegna nella facoltà di Ingegneria e Architettura di Cagliari nel 2015 con una tesi che tratta del progetto delle aree di margine tra urbano e rurale nei piccoli centri della nostra Isola. Nel suo percorso ha sempre studiato e approfondito le tematiche riguardanti il rapporto tra le comunità e i luoghi in cui vivono. Pubblica il suo primo libro nel Febbraio del 2022 con una ricerca fotografica e architettonica sulla Cagliari sospesa nel tempo dal titolo “Lost in Karalis”. Il 13 Dicembre ha presentato la sua ultima importante pubblicazione dal titolo “Làdiri: Terra, acqua e paglia: il respiro della Terra Cruda in Sardegna”. Sara è una delle donne sarde che, nonostante le tante difficoltà dell’essere una libera professionista oggi, ha deciso di restare e trovare spazi di resistenza culturale dedicandosi anche alla ricerca indipendente, nell’ottica di portare nelle comunità sarde le tematiche legate all’Architettura, al progettare sostenibile e al vivere contemporaneo. Tutto questo con attenzione alle nostre radici, la nostra identità e la nostra storia.


Come nasce il libro Làdiri e come hai sviluppato questo progetto?  

Làdiri nasce dalla catalizzazione di una serie di esperienze personali e professionali in relazione ad un tema ben preciso: la terra cruda in Sardegna. Il titolo del libro, infatti (Làdiri. Terra, acqua e paglia: il respiro della Terra Cruda in Sardegna), tratta di uno degli argomenti chiave della cultura campidanese. Làdiri è il nome in sardo del materiale e dei mattoni di terra cruda con cui la quasi totalità delle abitazioni venivano realizzate in buona parte della Sardegna fino almeno agli anni ’50 del secolo scorso. Dopo l’esperienza fotografica di Lost in Karalis (pubblicazione uscita nel febbraio 2022), ho ripreso una delle mie ricerche più importanti, cominciata già ai tempi degli studi universitari, che riguarda uno dei temi fondamentali su cui si basa buona parte del mio percorso formativo e professionale di architett@: il rapporto tra uomo e territorio nella cultura campidanese. È un tema che sento profondamente appartenermi anche da un punto di vista personale poiché sono nata e cresciuta in un piccolo paese al confine tra il Sulcis e il Campidano Centrale, Vallermosa, paese della terra cruda. Studiare questo argomento è un modo per stare costantemente in contatto con la mia identità, con le mie radici e con la mia gente. 

Per realizzare questo libro, negli ultimi mesi ho visitato numerosi paesi della terra cruda, mi sono persa tra viuzze dei centri storici, architetture, case vecchie e recuperate, ho conosciuto e parlato con la gente del posto. Ho fotografato e scritto con l’obiettivo di approfondire, ricercare e poi raccontare di questo materiale incredibile che non è soltanto parte della nostra cultura passata, ma può rappresentare realmente, al giorno d’oggi, un’alternativa e un modo ecologico e sostenibile di abitare i nostri territori. È infatti materiale naturale per eccellenza, poiché nasce dalla terra e limita l’impatto sull’ambiente, in quanto viene plasmato dalle sapienti mani artigiane dell’uomo senza processi industriali o di combustione. Il libro, tuttavia, non si sviluppa come un manuale (di cui abbiamo un’ampia e autorevole bibliografia), ma è piuttosto uno studio, che porterà il lettore a conoscere e capire come la cultura della terra cruda nasce, si evolve e arriva sino a noi. Si verrà trasportati, anche attraverso immagini di scorci, dettagli, textures e forme, nella conoscenza dei luoghi, nelle modalità e nelle tecniche costruttive, nel tema del recupero e della sostenibilità. Ritengo importante che questo lavoro venga letto nell’ottica di diffondere ulteriore conoscenza e consapevolezza sulla tematica e a produrre uno scambio culturale reciproco e dal basso. Le comunità sono il cuore pulsante della nostra identità, del nostro presente e futuro. 

Ancora una volta si tratta di un lavoro autoprodotto come per il precedente progetto? 

Si. Anche questo progetto è realizzato in collaborazione con la factory indipendente sarda nootempo e il laboratorio d’arti grafiche undas, realtà estremamente valide nel campo delle arti, della musica e della cultura residente. L’intero lavoro che ruota dietro Làdiri è autoprodotto, dallo studio alla fotografia, dalla grafica alla promozione, ad eccezione della stampa e della distribuzione, per le quali ci siamo serviti di piattaforme online che consentono una distribuzione capillare (che difficilmente potrebbe riuscire a sostenere una produzione indipendente come la nostra) e rappresentano comunque un mezzo collettivo per far conoscere il nostro lavoro.  

Identità e memoria storica; quanto è importante oggi riscoprire e studiare tecniche costruttive antiche ma mai così moderne? 

Parlare di Làdiri significa parlare non soltanto di un materiale da costruzione, ma di una vera e propria cultura materiale, costruttiva e abitativa di alcune aree della nostra isola. Se pur con un patrimonio che arriva a noi decisamente decimato, a causa della forte urbanizzazione edilizia cominciata a partire dagli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, questo rappresenta ancora oggi un patrimonio identitario e una memoria storica forte. L’uomo costruiva con le risorse e i mezzi a sua disposizione, incentrando tutta la sua vita nel lavoro in campagna e nel rapporto con il territorio. La casa campidanese ne è un esempio: un’abitazione in cui si condensava il mondo rurale all’interno del centro abitato e in cui convivevano rapporti di equilibrio e armonia con il luogo e i materiali della natura. È importante studiare e riscoprire, aggiungerei consapevolmente, questa cultura e queste tecniche costruttive, proprio perché possono rappresentare un ponte tra memoria storica e futuro. Costruire oggi con la terra cruda significherebbe tornare a comprendere la nostra identità, riproporla in chiave moderna e fare un passo avanti rispetto ai temi della sostenibilità e dell’efficienza energetica. Su Làdiri, infatti, è un materiale ecologico, non è industriale, è energeticamente efficiente e abbatte i costi di riscaldamento e raffrescamento. 

E’ possibile oggi, secondo la legislazione vigente, costruire una casa interamente in Mattoni di terra cruda ( Su Làdiri ) ?  

Un’abitazione in Terra Cruda è costruita con un sistema portante continuo. Significa, cioè, che i muri perimetrali dell’abitazione sono tutti portanti e solitamente anche quelli interni. Purtroppo in alcuni contesti, come in Italia e in Sardegna, esiste ancora un gap normativo che non consente di costruire un’abitazione al 100% in terra cruda, perché non è contemplata nella sua funzione portante e il materiale non è certificabile. La Sardegna, avendo uno dei maggiori patrimoni in terra cruda, considerando il bacino del Mediterraneo, dovrebbe prendere atto e fare un passo avanti nella redazione di una sua normativa riguardo l’argomento. Al momento, possiamo utilizzare questo materiale per il recupero delle abitazioni dei centri storici dei paesi sardi (Manuali del Recupero), ma non abbiamo abbastanza per quanto riguarda il nuovo. Le associazioni e le istituzioni più attive nel nostro territorio, riguardanti la terra cruda, stanno cercando di muoversi in un’altra direzione: la traduzione delle normative di altre nazioni europee, che già hanno concluso l’iter. 

I centri storici in Sardegna vengono abbandonati, spesso le vecchie case sono ridotte a ruderi, eppure c’è un grande bisogno di abitazioni.  

Direi che c’è un gran bisogno di recuperare ciò che esiste, prima ancora di consumare ulteriormente suolo. Questo è un classico problema. In questo caso, i centri storici sono stati prima sostituiti da un’edilizia standardizzata e omogenea e poi piano piano si stanno spopolando. Le abitazioni vengono abbandonate, con conseguente degrado delle strutture che si aggiunge al nuovo incoerente. Le dinamiche sociali e di vicinato che prima costituivano il cuore pulsante del paese si stanno via via perdendo, con alcune eccezioni. Il cambiamento nel modo di vivere e le nuove esigenze della società contemporanea, con tutti i suoi vantaggi e svantaggi, ha così portato interi piccoli paesi a spopolarsi quasi del tutto o a diventare dei dormitori. Il degrado ha preso il sopravvento soprattutto dove c’è la terra cruda e in mancanza di incentivi seri, il privato non può ristrutturare o recuperare. Preferisce spostarsi o vendere, non avendo molto spesso la consapevolezza del valore che questi luoghi possono ancora avere. Manca, credo, soprattutto la volontà politica in merito alla questione. 

Come un Architett@ oggi affronta questo problema e quali soluzioni si potrebbero adottare?  

Credo che oltre all’aspetto professionale, che implica molta ricerca e studio, gli architetti e le altre figure, debbano soprattutto avvicinarsi alle comunità in una sorta di missione sociale. Dialogare reciprocamente, scambiare con loro affinché si possa creare uno strumento di risoluzione al problema partendo dalla riflessione condivisa e arrivando, in vari step, alla proposta di soluzioni concrete. Attualmente ci sono diverse associazioni e laboratori di ricerca in Sardegna che si occupano di studiare strategie a favore del territorio e dei centri urbani minori, prevedendo la partecipazione attiva delle comunità e dei cittadini. Nel caso di questo libro, uno degli obiettivi è quello di arrivare proprio alle comunità, partire dal basso attraverso incontri e presentazioni non solo nei paesi di cui il libro parla, ma ovunque sia possibile. Rendersi consapevoli della nostra storia e della nostra identità non basta, ma è sicuramente un aspetto carente al giorno d’oggi su cui bisogna puntare insieme all’insegnamento e all’educazione delle generazioni più giovani. 

Cosa significa essere una giovane donna professionista oggi in Sardegna e decidere di restare? 

Sorrido, sentendo questa domanda. Perché essere una giovane donna professionista oggi in Sardegna è una sfida sotto tanti punti di vista, positivi e negativi. Molto dipende dal momento e dal periodo in cui in generale viviamo. Ma quello che più mi sconcerta è il fatto che ci sia così tanto da fare nella nostra terra, ma risulta sempre così complesso portare avanti qualsiasi situazione. Vedo disattenzione generale, alle volte menefreghismo, anche da parte di chi dovrebbe per dovere occuparsi del problema o anche solamente diffondere o supportare un messaggio, un progetto, una ricerca culturale o sociale. Perché le persone e i professionisti capaci di saper fare quest’isola li ha. Bisognerebbe, a volte, semplicemente lasciare un po’ di spazio in più. 

Per chi volesse sostenere i tuoi progetti dove possiamo trovare i tuoi libri? 

Questa pubblicazione è disponibile online e nelle mie presentazioni pubbliche. A questo proposito stiamo organizzando un tour di presentazioni nei paesi sardi a partire da gennaio/febbraio prossimo. Sostenere un progetto che parla di storia, identità, cultura e futuro è importante per tutti noi, spero che questo messaggio possa arrivare forte. 


Immagini: Sara Collu

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