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Il professor Pietro Antonio Leo e la medicina dei Lumi

Studiando la Sarda Rivoluzione è facile imbattersi nella figura di un giovane e talentuoso professore in Medicina del Regno di Sardegna che finì i suoi giorni a Parigi. Figura discreta, lasciò tuttavia una memorabile traccia nella storia della Medicina sarda, come pure nel cuore dei suoi illustri amici fra cui G.M. Angioy, M. Obino e M. L. Simon.

Fu un esule politico, come alcuni studiosi del passato sostennero, o un medico assetato di sapere e voglioso di specializzarsi all’estero ? Ci proponiamo di scoprirlo insieme alla luce delle poche notizie pervenute sino a noi.

Pietro Antonio Leo nacque ad Arbus, comune della Sardegna del Sud, il 2 aprile 1766, da Pietro Leo e Raimonda Garau, una coppia di onesti contadini di modeste condizioni.

Avviato sin da piccolo ai lavori agricoli, Pietro Antonio se ne sottrasse percependo di essere destinato ad attività per cui sentiva di possedere una forte propensione : la botanica e la medicina. Dopo un percorso scolastico elementare non proprio lineare ad Arbus, studiò con profitto al seminario di Ales, mettendo in luce le sue notevoli doti intellettuali. Quella che alle elementari veniva considerata un’intollerabile irrequietezza, altro non era che la manifestazione della sua precocità intellettuale.

Terminato le scuole intermedie, fece ritorno ad Arbus dove i genitori consideravano normale che il figlio riprendesse il lavoro nei campi.

Inquieto e infelice, fuggì di casa con il rimorso di aver contrariato la famiglia, aiutato da uno zio canonico che credeva in lui, per proseguire gli studi.

 Qui cominciò probabilmente l’attività di « maiolo » ovvero un servizio presso una famiglia nobille o borghese, per poter mantenersi agli studi.

Completò quindi, presso i Padri Scolopi di Cagliari, gli studi di grammatica latina, umane lettere e retorica, prima d’iscriversi, nell’anno accademico 1785-1786, alla facoltà di Arte e Filosofia e, nell’anno 1787, in Medicina, sino al 1789. 

Laureatosi in Medicina con tutti gli onori, rientrò ad Arbus, spinto da motivi familiari – la madre era vedova e malata e la sorella Giovanna era una bambina – per esercitarvi la professione medica. La sua attività, però,  non durò a lungo.

Avendo, infatti, partecipato a un concorso a cattedra di Istituzioni mediche presso l’Università di Cagliari, la ottenne a pieni voti il 7 aprile 1794. Rivelatosi estremamente dotato nella teoria medica, chiese e ottenne l’equivalente di una borsa di studio per specializzarsi in botanica e in ‘’notomia’’ (anatomia) presso l’Università di Pisa. All’epoca si trattava di una richiesta estremamente innovativa ma le sue indiscutibili capacità convinsero il Magistrato sopra gli studi a concedergliela.

Pietro Antonio Leo visse quindi in ‘’continente’’ un periodo scientificamente e umanamente molto stimolante fra Pisa, Firenze, Bologna, Milano, Torino e Genova ove, oltre a perfezionare le sue competenze mediche, s’impregnò delle idee patriottiche e liberali che si respiravano in quei luoghi. Idee che trovarono un terreno fertile presso di lui, benché Leo non fu mai dichiaratamente un rivoluzionario. 

Il suo soggiorno più proficuo fu quello toscano ove, preso sotto l’ala protettrice del celebre professor  Vaccà-Berlinghieri, ne condivise le innovative sperimentazioni scientifiche sui cadaveri aventi come scopo il trapianto degli organi e la salvezza delle vite umane, oltre che le sue innovative pratiche mediche.

Di ritorno a Cagliari ottenne per merito, il 20 febbraio 1798, l’ambita cattedra di Materia Medica seguita dalla cooptazione da parte dell’Accademia di Agricoltura di Torino, in qualità di ‘’socio libero corrispondente’’.

In questi anni Pietro Antonio ebbe modo di provare il proprio valore insegnando, sperimentando e lottando contro la ciarlataneria che certi medici esprimevano proponendo terapie ormai inutili e obsolete come i salassi e le purghe. Proponeva invece la china come febbrifugo e l’oppio come antidolorifico, secondo i precetti del luminare pisano Vaccà-Berlinghieri.

Fu Pietro Antonio Leo a chiedere nel 1801, in qualità di responsabile dell’assistenza medica presso l’Ospedale di Cagliari, l’autorizzazione a sperimentare il nuovo metodo della ‘’vaccinatura’’ per prevenire le epidemie di vaiolo secondo il metodo innovativo del dottor Edward Jenner. La richiesta fu accolta, nello stesso anno, da Carlo Felice, dopo aver ricevuto parere favorevole dal Collegio della facoltà medica di cui Leo  era illustre membro. 

L’anno 1801 fu fondamentale per il professor Leo in quanto vide la pubblicazione dell ‘unico suo scritto giunto sino a noi : ‘’Di alcuni antichi pregiudizi sulla così detta sarda intemperie. Lezione fisico-medica’’. L’opera riveste particolare importanza in quanto smentisce l’insalubrità della Sardegna auspicando una corretta diagnosi e una terapia adeguata ed efficace.

Nel 1802, Leo divenne dapprima ‘’medico dei poveri’’ del quartiere cagliaritano di Stampace, poi medico delle carceri.

Sposò Antonica Brundo dalla quale ebbe tre figli, Pietro, Luigi, e una bambina, Raimonda Efisia, che morì in tenera età. 

Il 31 gennaio 1805 fu nominato socio ordinario della Società agraria ed economica di Cagliari da poco creata. Nel frattempo, era divenuto membro dell’Accademia dei Curiosi della natura di Erlangen, della Botanica di Ratisbona e dell’Accademia Mineralogica di Jena. 

La sua sete di sapere lo condusse in Francia, dapprima all’Università Chaptal di Montpellier, e poi a Parigi.

Qui visse, confortato dall’amicizia di Giovanni Maria Angioy, Michele Obino, Matteo Luigi Simon e altri esuli sardi e italiani, sino all’8 maggio 1805 in cui morì a 39 anni in seguito a una grave affezione polmonare. 

I suoi funerali cattolici si svolsero presso la chiesa parigina di Saint-Sulpice  ma il luogo della sua sepoltura rimane a tutt’oggi ignoto.

Pietro Antonio Leo, contrario a redigere un testamento, lasciò alla famiglia, come sue ultime volontà, il compito di distruggere i suoi scritti.

Un suo manoscritto sfuggito alla distruzione e venduto da una Casa d’Aste, appartiene  oggi a un privato o a un ente pubblico di cui ignoriamo l’identità.

Il professor Pietro Antonio Leo, malgrado le sue amicizie, non prese parte attiva alle vicende della Sarda Rivoluzione; in quegli anni infatti si trovava lontano dall’Isola. Fu piuttosto un appassionato e talentuoso medico, naturalista e umanista di idee innovative, liberali e moderne la cui memoria merita di essere ricordata.

Pietro Antonio Leo, ritratto di un artista anonimo
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