I fratelli Obino, rivoluzionari sardi di fine settecento
Percorrendo le pittoresche stradette di Santu Lussurgiu, un borgo adagiato sul
fianco del Monte Ferru, ci s’imbatte in tre vie dov’è dolce indugiare: via Giovanni Maria
Angioy, via Michele Obino e via Agostino Obino.
Se il nome di Angioy, capo carismatico della Sarda Rivoluzione, propugnatore
dell’abolizione del feudalesimo e fautore di una Repubblica sarda è ormai noto ai più, di
minore fama godono i fratelli Obino nativi di Santu Lussurgiu.
Chi erano e quali furono i loro rapporti con Angioy ?
Michele Obino (Santu Lussurgiu 1769 – Parigi 1839), avviato al sacerdozio da uno
zio canonico, Pietro Obino Meloni, frequentò il collegio provinciale metropolitano dei
nobili a Sassari, il ‘’Canopoleno’’, lo stesso in cui aveva studiato Angioy.
Dottore collegiato e sacerdote, all’età di venticinque anni ottenne a pieni voti la
Cattedra d’Istituzioni canoniche a seguito di regolare concorso. Per le sue doti
eccezionali gli venne ugualmente attribuita la Cattedra delle Decretali che era vacante.
Iniziò quindi l’insegnamento di tali discipline nell’ottobre del 1794 presso l’Università di
Sassari.
Legato da sincera amicizia con Angioy, con cui il fratello Raffaele si era
imparentato sposando la cugina prima dell’Alternos donna Maria Ignazia Angioy, ne
frequentò gli ambienti liberali come il club ‘’giacobino’’ di cui entrambi facevano parte.
Nel giugno del 1796, Michele si recò ad Ittiri per convincere gli uomini della
regione ad accorrere in aiuto ad Angioy a Oristano. Sollecitò altresì l’avvocato Sotgia
Mundula ad inviargli truppe di Sassari e dintorni.
Dopo la partenza di Angioy dalla Sardegna, Michele Obino fece ritorno a Sassari
per insegnare. Trascorse le ferie a Santu Lussurgiu dove gli giunsero notizie di ‘’calunnie
e imposture’’ sulla sua persona. Michele tentò di provare la sua innocenza e chiese di
poter proseguire l’insegnamento ma perse le Cattedre. Nonostante numerose istanze
inoltrate al Viceré, favorevole a riammetterlo all’insegnamento, la richiesta di Obino non
venne accolta. Ebbe quindi inizio una vera e propria persecuzione nei suoi confronti. Gli
avversari si accanivano non muovendo accuse precise ma continuando a fargli negare il
riottenimento delle Cattedre da lui auspicato.
Nell’aprile del 1799, il giudice Giuseppe Valentino attribuì a Michele Obino la
paternità di numerosi scritti anonimi sovversivi fra cui ‘’L’Achille della sarda
liberazione’’, che potrebbe invece essere l’opera dei fratelli Gian Francesco e Matteo
Luigi Simon o di Gioachino Mundula. Il 29 aprile Michele Obino venne destituito insieme
al sacerdote Antonio Campus, professore di Morale.
A Santu Lussurgiu, tuttavia, la lotta antifeudale non si spense. Durante la rivolta
del 5 ottobre, il giudice Valentino, inviato a Santu Lussurgiu per ristabilire l’ordine, ne
volle l’arresto ma Michele Obino abbandonò il paese per recarsi ad Alghero, protetto dai
Simon e altri amici di origine corsa.
Il 31 dicembre 1800 s’imbarcò per la Corsica insieme ai fratelli Agostino e Raffaele, a don Antonio Martino Massidda e a don Matteo Luigi Simon.
L’11 giugno 1801 firmò la delega a favore di Angioy per essere nominato rappresentante degli esuli presso il governo francese. Dalla Corsica si recò a Milano, in Svizzera e infine in Francia dove frequenterà il salotto di donna Letizia Ramolino, madre di Napoleone Bonaparte, fino a circa il 1803.
A Parigi frequentò il club sardo che tentava di convincere il governo francese a
sbarcare in Sardegna e a instaurarvi una Repubblica sotto la protezione della Francia.
Oltre ai vecchi amici Giovanni Maria Angioy, Matteo Luigi Simon e Domenico Alberto Azuni, Michele si legò con sincera amicizia al professore in medicina Pietro Antonio Leo
di Arbus che morirà a Parigi a 39 anni, nel 1805.
Michele Obino lavorò come notaio presso lo studio più prestigioso di Parigi,
quello dell’avvocato Jean-Baptiste Target, influente massone e uomo politico grazie al
quale frequenterà le personalità politiche e scientifiche francesi del suo tempo. Alla
morte di Target proseguì le attività del suo studio mentre, insieme ad Angioy e al Simon,
preparava il piano d’invasione dell’isola per indurre Napoleone ad intervenire.
Dopo il trasferimento del Simon a Savona e la morte del Leo e dell’Angioy,
nostalgico, fece ritorno in Sardegna nel 1836. Conobbe l’avvocato Pietro Leo, figlio
dell’amico. Tentò di ottenere l’appoggio del governo per la costruzione a sue spese di
una Casa di educazione a Santu Lussurgiu. Deluso per il rifiuto ottenuto e anche per
l’affievolirsi degli affetti familiari, dopo un anno ritornò a Parigi dove morirà il 6 gennaio 1839.
Venne sepolto nel cimitero Père-Lachaise dove riposa tutt’oggi.
Agostino Obino, fratello di Michele, fu anch’egli seguace di Angioy che protesse
nella ritirata verso Sassari nel giugno del 1796, e di cui continuò l’azione antifeudale
anche dopo la fuga dell’Alternos dalla Sardegna.
Dalla fine del 1796, Agostino lottò, insieme ad altri uomini, per far dimettere dagli
incarichi amministrativi la cerchia del Viceré e di M. Maddalena Manca marchesa d’Albis,
una feudataria. Questi, infatti, facevano sorvegliare i sospetti giacobini confiscando loro i
beni.
Costretto a darsi alla macchia, insieme al fratello Raffaele e ad altri, venne poi
catturato, inviato in esilio e tenuto sotto controllo a Oristano. Malgrado ciò, organizzò
con altri la rivolta lussurgese del 5 ottobre del 1800 e si fece restituire dal delegato di
giustizia il grano e l’orzo già versati. Costretto a darsi nuovamente alla macchia con
Raffaele, entrambi vennero considerati fra i ‘’capi motori’’ della rivolta. Fuggendo
ripararono in Corsica dove firmarono ad Ajaccio, l’11 giugno 1801, la delega all’Angioy
per rappresentarli presso il governo francese.
L’anno successivo Agostino fece ritorno in Sardegna e in agosto assalì con il suo
gruppo un distaccamento di truppe operante nella zona.
Nel giugno del 1803, durante l’assenza di Carlo Felice, gli venne concesso un
salvacondotto per collaborare alla cattura di ergastolani evasi da Cagliari e rifugiatisi
sulle montagne intorno a Santu Lussurgiu.
Ottenne la libertà solo nel 1805 e si recò a Parigi nel 1815 ospite del fratello
Michele che forse gli combinò insieme agli influenti amici francesi, il matrimonio con
Jeannette Terse, appartenente a una famiglia di banchieri. Con la sua sposa, Agostino
ritornò a vivere a Santu Lussurgiu. La loro casa sarà visitata dal generale, naturalista,
cartografo e politico Alberto Ferrero La Marmora, il quale conobbe Donna Giovannicca
Obino durante le sue rilevazioni geodetiche che gli richiesero lunghe soste a Santu
Lussurgiu, fra il 1828 e il 1832. Ogni volta che poteva La Marmora, nostalgico della
Francia, le porgeva visita. Nella sua opera ‘’Itinerario di Sardegna’’ si riferiva a lei nel
seguente passaggio : « Nel paese si contano molte famiglie nobili: è da qualche anno che
vidi una donna parigina maritata ad uno di questi signori; io la visitava tutte le volte che
i miei travagli mi conducevano a S. Lussurgiu».
Jeannette e Agostino Obino non ebbero figli e, alla sua morte, Agostino lasciò alla
Congregazione di Santu Lussurgiu tutti i suoi beni. Parte del patrimonio fu reclamata
però dagli eredi Terse che reclamarono la restituzione della dote di Jeannette. L’ultimo
maschio della stirpe Obino si spense nel 1855. Sopravvissero, secondo Antonio Boi, due
sorelle, Giovanna e Maria Francesca, l’ultima delle quali, nel 1860, concluse l’albero degli
Obino. Sempre secondo Boi, nel 1943 un ramo della famiglia sarebbe esistito a Cossoine
e in altri paesi vicini ove un Obino si era stabilito da oltre un secolo.
Vite interessanti, impegnate e avventurose quelle dei fratelli Obino. Passando
dalle vie a loro intestate, a Santu Lussurgiu, gioiello dell’urbanismo sardo, sarà bello
ripensarci.
S’ignorano le ragioni per cui il fratello Raffaele non ebbe una via a lui dedicata.
Seguace, parente e uomo di fiducia di Angioy, la sua vita fu simile a quella del fratello
Agostino per le azioni angioyane che si conclusero con la confisca dei beni e l’esilio in
Corsica. Meno fortunato del fratello, morì ad Ajaccio nell’estate del 1801.
Fu forse nel 1823 che il sindaco di Santu Lussurgiu propose di dedicare a
Giovanni Maria Angioy la via in cui sorge l’antica casa Obino che per ben due volte, nel
1796, ospitò l’Alternos.
Immagine: Wikipedia