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Ecco la proposta di rimborso (da fame) offerta per il Tyrrhenian link per i terreni selargini 

Nel 1867 la Russia cedette l’Alaska agli Usa, per soli 7.200.000 dollari.
Poco dopo, in Alaska fu trovato l’oro e iniziò il setaccio dei fiumi e dei monti. Poi trovarono il petrolio. 
Tanti americani si arricchirono, la febbre dell’oro ha alimentato tanti film. Inutile dire che in Russia si mangiarono le unghie, ma chi è causa del suo male pianga sé stesso. 

Errore che in Sardegna non ha commesso Ovidio Marras.
Su dinai si bolat, sa terra abarrat“.  Saggezza moderna e antica allo stesso tempo. Contiene il calcolo economico non orientato al mordi e fuggi e il ritmo de su dìciu antigu.

Quanto vale la terra? 

Nonostante la trasformazione dell’economia terziarizzata e l’urbanizzazione, la terra è quella che ancora oggi ci sfama.  
 
A Selargius, molti terreni oggi sono incolti, dato l’eccessivo frazionamento dovuto agli spezzettamenti ereditari, per cui coltivare un piccolo terreno spesso non è conveniente, la dimensione di scala troppo piccola non garantisce uno stipendio. 
Le amministrazioni potevano favorire l’aggregazione e rendere efficienti alcuni investimenti collettivi, anche favorendo la nascita di una Cantina sociale.
 
Tuttavia, un ritorno all’agricoltura sarà necessario, per un fatto molto semplice: la popolazione mondiale ha superato gli otto miliardi e si cercano alternative al grano per fare il pane, anche con surrogati come farina di grillo. 
Ovviamente prima di sostituire il grano si arriverà alla ripresa delle coltivazioni dei terreni incolti.  
 
L’aumento della popolazione e il rifiuto delle farine surrogate, potrebbero far aumentare il prezzo del grano o dei cereali in generale, rendendo la coltivazione più conveniente. 
In ogni caso, i terreni agricoli avranno un costo al mq più alto e magari saranno coltivate dalle più grosse aziende del settore della pasta. 
Il ritorno alla terra non sarà una questione romantica, ma una necessità, data la crescita della popolazione.  

Perché dovranno espropriare la terra?


Il contesto è quello di cui abbiamo ampiamente già scritto. Per sfruttare i soldi del Pnrr, favorita dallo stato italiano, sta calando in Sardegna una speculazione con al centro l’eolico e il fotovoltaico. L’energia prodotta passerà per il cavo Tyrrhenian link della compagnia Terna, che a Selargius ha iniziato le procedure per installare due stazioni elettriche, di fianco a quella esistente.  Si realizzeranno gli impianti di stoccaggio.
 
Questa fase è solo l’inizio. Quello che sta avvenendo si prefigura come il nucleo della nascita di un distretto di cui non si possono immaginare limiti territoriali. Infatti sono arrivate ulteriori richieste di installazione di impianti di batterie, esiste la richiesta di realizzazione di altre cabine relative ad un impianto offshore di Nora e la servitù iniziale tenderà ad allargarsi. Non sappiamo con quali limiti.  

Il governo sardo di centrodestra ha cercato di bloccare alcune servitù, volute dal governo italiano (anch’esso di centrodestra): lo scontro non è dunque destra contro sinistra, ma la Sardegna che cerca di bloccare le servitù italiane.

Sì, ma quanto offre? 


Immaginate generazioni di agricoltori intente a mettere da parte i risparmi per poter riuscire finalmente ad avere un fazzoletto di terra da coltivare. Soldo dopo soldo, risorse sottratte all’acquisto di beni forse necessari, per mettere da parte un piccolo capitale.  
 
Immaginate finalmente di aver raggiunto l’obiettivo e di essere riusciti a realizzare il sogno tanto agognato.  
 
Immaginate che arrivi una grande società e per 160 mq vi offra €240. Duecentoquaranta euro. Non è un errore di battitura. € 240 può essere il costo di una singola bolletta, e neanche tanto cara, al giorno d’oggi. 
Tutti gli sforzi di generazioni vanno in fumo nella prima bolletta, che Terna si riprenderà senza tanti ringraziamenti. 
 
Questa è la cifra che per
affiancare gli impianti Terna sta offrendo, per nome di una srl con sede ad Olbia coproduttrice con Enel Green Power per una servitù. Con l’avallo della classe politica selargina, che ha permesso tutto questo.  
Il gioco (vecchio) è quello di far partire la trattativa da una cifra irrisoria, per poter chiudere poi con una cifra ugualmente irrisoria, ma che paragonata alla prima offerta sembrerà oro colato.
Vecchio trucco, sperano che ancora qualcuno ci caschi?

Ai proprietari non rimane altro che rifiutare l’attuale offerta e anche i successivi rilanci.
Intanto venerdì 30 giugno, ore 19, in via San Martino c’è un’assemblea pubblica proprio per discutere di questa nuova servitù.
 
Ecco qui il documento, sembra assurdo, ma è tutto vero. 


Immagine di copertina: piante di capperi, grainspizza
Del presente articolo è responsabile unicamente l’autore

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