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Bombardamento-a-Cagliari

Due poesie popolari che precedono Sa Die

Il sentimento anti-piemontese non arriva improvvisamente il 28 aprile 1794.
Ad esempio, a Selargius, nel 1779 ci fu una rivolta1, praticamente ignorata dalla storiografia ufficiale, in cui fece scandalo la frase di Antonio Vincenzo Melis che disse “E chi ‘enit s’urrei, ddi fatzu sartai sa corona a issu puru“. 

Più o meno nello stesso periodo, viveva a Quartucciu Francesco Deplano, noto Chiccheddu “Olata“, un affascinante personaggio di fine settecento.
Poeta improvvisatore, gareggiava con altri cantadoris del tempo, incrociò le rime con la leggendaria cantadora Bittiredda.

“Anarchico” e refrattario al potere, si scagliava contro i servi dei padroni, da cui era temutissimo, perché le definizioni date dal poeta non si scollavano più e accompagnavano il malcapitato per tutta la vita.
Viveva di elemosina e cumbidus a pranzo, ricambiava con versi. 
Ecco alcuni esempi delle sue rime, delle vere e proprie stoccate: 

Sterrina

Totu dii fendi fossu (Tutto il giorno scavando fossi)
Po un’acodedd’ ‘e pani (per un pezzettino di pane)
Sa vida sua trascurrit (la sua vita trascorre)
Su poberu sen’ ‘e divagu (il povero senza svaghi)
Serbendi una carònnia (servendo una carogna) 

Cubertantza
Currit dònnia cani (Corre ogni cane)
A su fragu de s’ossu (all’odore dell’osso) 

Una nota per la lettura è necessaria.
Nell’ottava a mutetu longu (in questo caso ha però solo cinque “cambas”), “a sa moda campidanesa”, rispetto a quella de cabesus, le rime vengono ricostruite tra i versi della sterrina con ogni parola della cubertantza (ossu-fossu, cani-pani, ònnia-carònnia, fragu-divagu, trascurrit-currit) incrociandosi in un lavoro di tessitura a retrograda che richiede non poca memoria.
Nella gara tra cantadoris, il vero senso della risposta sta in sa cubertantza. 

Ecco le rime antipiemontesi, oltreché antispagnole: 

Sterrina
Non di teneus de siguru (Non ne abbiamo di sicuro)
De bonas e giustas leis (di buone e giuste leggi)
Spanniolu o piemontesu (Spagnolo o piemontese)
Su pagu nostu s’arrasat (il nostro poco prendono)
Sa pena no s’interrompit (la pena non si interrompe)
Su mali no tenit fini (il male non ha fine) 

Cubertantza
Chini basat is peis (Chi bacia i piedi)
Lompit a mesu puru (Arriva anche in mezzo) 

Il linguaggio era molto diretto, popolare appunto. 

Se il sentimento antipiemontese e dei loro servitori locali emerge da questo mutetu, da un’altra poesia, dell’ecclesiastico Luca Cubeddu (ma qualcuno la attribuì al prete poeta Pietro Pisursi), ricaviamo il sentimento antifrancese e antirivoluzionario, che dalla tradizione cattolica vedevano come fumo negli occhi.

È tratto da un poemetto andato perduto, fatto di 97 stanze, scritte per il respinto tentativo di invasione dei francesi rivoluzionari del 1792-1793, alcune tracce vengono citate dal canonico Spano:

Sas portas de s’inferru et de sa morte (le porte dell’inferno e della morte)
Luzziferru hat abbertu dae sa Franza, (Lucifero ha aperto dalla Francia)
alzat s’altera fronte, gridat forte (alza l’altera fronte, grida forte)
libertade, ma falza, et uguaglianza. (libertà, ma falsa e uguaglianza)
Sa ucca immensa, orrenda, oh dura sorte! (La bocca immensa, orrenda, oh dura sorte!)
devorat ogni carre e ogni sustanza, (divora ogni via e ogni sostanza)
ferit, truncat, ingullit ogni edade, (ferisce, tronca, prende ogni età)
ogni istadu, ogni sessu, ogni zittade. (ogni stato, ogni sesso, ogni città)

Parole che creano immagini infernali, in una società profondamente cristiana.
Possiamo immaginarla come la punta di un iceberg di un sentimento diffuso sul pericolo dei senza-Dio, che arrivavano a portare il demonio in terra sarda.
I sardi reagirono all’invasione e cacciarono i francesi, e le conseguenze saranno alla base de sa dii de s’aciapa.


*Tumulti in Selargius, 19 e 20 Aprile 1779 (S’avolotu ‘e Ceraxus), Edizioni Grafiche del  Parteolla, 2005. Carlo Desogus e Luigi Suergiu.

immagine di copertina: aserramanna.it

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