Chi “disturba” il bipolarismo italico? – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia
S’Imprenta di questa settimana è stata ispirata da un post di Emiliano Deiana.
Le motivazioni alla fine dell’articolo.
Lo stato italiano ha parecchi tentacoli con cui detiene il potere in Sardegna.
Quello muscolare, militare, con cui occupa da parecchi decenni le nostre coste, ci impone servitù, fermi di attività, inquinamento, terre imbonificabili. Ci impone la presenza fisica dello stato italiano, che si palesa in tutta la sua propaganda retorica militarista il 4 novembre.
Destra e sinistra italiane si sono alternate, ma le esercitazioni non si sono fermate.
E chi protesta ha avuto guai con la giustizia: i “disturbatori” non sono ammessi.
Quello muscolare della magistratura, che interviene sulle scelte politiche, su chi protesta contro le basi, contro chi scrive sui muri addirittura la parola “indipendèntzia”.
Quello fiscale, con cui tenere a bada l’economia, drenare risorse al continente con una delle pressioni fiscali più alte d’occidente (qualche anno fa Sassari aveva avuto la pressione fiscale alle imprese più alta nello stato italiano, 66%).
Quello con cui prima azzoppa il settore privato, con cui ti convince che “non siamo imprenditori per natura“, ti toglie fiducia nelle tue capacità, per cui ti convinci che è meglio stare attaccati all’assistenzialismo italico, perché “da soli non siamo capaci“, per qualche atavico motivo o forse per l’acqua che beviamo.
Per contro progettano uno modello di “sviluppo” basato sull’assistenzialismo, con cui ci leghiamo a doppio nodo (scorsoio) all’italia, i cui finanziamenti sono gestiti in maniera coloniale e in modo tale da perpetrare e favorire le clientele in chiave coloniale. Gli interventi, nel primo Piano di Rinascita, come nel PNRR vanno a vantaggio delle grandi aziende dell’energia, non sarde.
Un piano di mancato sviluppo, da 160 anni.
Quello finanziario, con cui si è posto fine al Banco di Sardegna, ceduto al BPER, e la cui Fondazione serve anch’esso logiche di potere esterne all’isola.
Quello sanitario, servizio pagato dai sardi, ma attualmente gestito e distrutto dai lombardi.
La mucca da latte per le imprese di servizi che acquisiscono appalti e forniture.
Quello energetico, che impone una quantità spropositata di eolico e il Tyrrhenian link: decide il Mise. I Comitati che resistono, inascoltati, sono dei “disturbatori“.
Quello scolastico, con cui perpetuano la dessardizzazione.
L’intellettuale africano Kane (“L’ambigua Avventura“) sosteneva che il controllo delle menti è più efficace della polvere da sparo, per tenere sotto controllo una popolazione.
Per cui non studiando nulla di storia, lingua, letteratura, geografia sarda, ma solo italiana, arriviamo ad un paradosso che possiamo definire “Paradosso Gramsci-Kane“, in cui la liberazione dei sardi è irrisolvibile.
Se Gramsci consigliava: “studiate, avremmo bisogno di tutta la vostra intelligenza“, declinato in chiave di decolonizzazione sarda, dentro la scuola italiana, questo ci porta ad un gigantesco paradosso: più studiamo, più ci autocolonizziamo.
Fare la scuola sarda è alla base di una rinazionalizzazione e di una decolonizzazione, base per riconquistare fiducia in noi stessi. È il più importante tra tutti i pesi coloniali.
La storia sarda “disturba”? Nascondiamola dai libri e copriamola con il cemento. Come la lingua e la letteratura!
Quello mediatico, con cui ogni giorno siamo proiettati in una dimensione italiana, dai talk show, ai TG, ai programmi di intrattenimento di personaggi di terz’ordine della (in)cultura pop italiana. Pasolini ha descritto bene questi meccanismi, Bachisio Bandinu lo ha fatto altrettanto bene in “Lettera ad un giovane sardo”, Edizioni della Torre.
La TV entra con i suoi tentacoli italiani, direttamente dentro la nostra abitazione: gli forniamo il permesso di stare dentro l’intimità del nostro mondo privato. Così come lasciamo entrare i tele-politici italiani, con cui acquisiamo familiarità e confidenza. Sono persone di casa, vengono ogni sera a trovarci!
La TV ha imposto la lingua italiana, a cui ha dato status superiore, rispetto a quella sarda e ci proietta ogni giorno sulle problematiche a dimensione italiana. Partecipiamo emotivamente a questioni e problemi lontani e non esistenti qui, per cui viviamo con angoscia le terribili invasioni africane, che in bidda, dunque nel nostro quotidiano, sono inesistenti.
La lista dei tentacoli statali è lunga. Ma tagliamo corto e arriviamo a quello che ci interessa, cioè le cinghie di trasmissione del colonialismo: i partiti italiani.
I partiti italiani sono contemporaneamente i meccanismi di trasmissione di questo potere coloniale appena descritto e il paravento per dare a tutto questo una parvenza di democrazia, che si legittima con il nostro voto.
Il voto ai partiti italiani è il contratto firmato tra i sardi colonizzati e il colonizzatore Italia, che legittima questo sistema di rapporti.
La facciata e la parvenza democratica viene salvata: è la nostra firma di accettazione. L’esplicito consenso. In questa logica, la selezione dei candidati è quella che ha un ruolo chiave per perpetuare i rapporti coloniali.
Il potere coloniale ha trovato il modo di blindare il proprio fortino con la legge elettorale: limite al 5% per i partiti e al 10% alle coalizioni. Non sia mai che qualche outsider riesca ad entrare e “disturbare“.
Questo articolo prende spunto da un post ingenuamente rivelatore scritto da Emiliano Deiana (che ingenuo non è!) presidente dell’ANCI, esponente del PD, sostenitore della Todde: oltre alle coalizioni di Truzzu e della Todde, il resto sono “azioni di disturbo“.
È la degenerazione in salsa fascistoide della chiamata al “voto utile” (ma quest’ultima sta dentro una normale dialettica elettorale).
Un vero e proprio attacco alle minoranze politiche che non si riconoscono nel bipolarismo coloniale, e che lo mettono in discussione.
Ora capiamo perché la legge elettorale non si modificherà mai!
«…mi credevo un idealista, è così che uno chiama i propri piccoli istinti vestiti di paroloni.» (cit.)
Autonomia Differenziata.
Svantaggio per la Sardegna?
Se il modello di sviluppo economico della Sardegna è l’assistenzialismo, allora potrebbe essere uno svantaggio. È la visione unionista o autonomista, che ignora il fatto che dietro l’assistenzialismo ci sono altri risvolti coloniali: come vengono gestiti i finanziamenti? Hanno l’obiettivo di renderci indipendenti economicamente?
Mettiamo in conto che già ci paghiamo la sanità (ma gestita dai lombardi) che le pensioni andrebbero comunque pagate, perché i contributi sono stati pagati e, mettiamoci pure che lo stato deve alla Sardegna una quota non piccola di imposte versate dai sardi all’Italia e mai rientrata, dopo la vertenza entrate.
È chiaro che si apre una questione importante: con l’autonomia differenziata dobbiamo avere la forza di pretendere che le imposte di aziende operanti in Sardegna vengano pagate qui!
Adiosu a Gigi Riva
“Alla Juventus avrei guadagnato il triplo.
Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo.
Era la mia terra, ero arrivato dall’età di 18 anni.
In continente ci chiamavano pastori o banditi.
Quando avevo 23 anni la grande Juve voleva ricoprirmi di soldi.
Io volevo lo Scudetto per la “mia” terra: ce l’abbiamo fatta.
Noi, banditi e pastori”.
A distanza di pochi giorni dalla morte di Ovidio Marras, quella di Gigi Riva.
Due sardi che hanno rifiutato una montagna di soldi perché hanno scelto di lottare per la propria terra.
Umiltà, poche chiacchiere e tanto lavoro.
Adiosu all’uomo che ci ha mostrato come si fa a vincere, in una terra poco abituata alle vittorie.
Partita la petizione per intitolare il Largo Carlo Felice a Gigi Riva. Qui le firme.
Àteras novas de sa chida
Polìtica e tzerachìa
Mala Giustìtzia
Mèdia & Potere
In piena campagna elettorale, Sardiniapost, acquisita per 5 mesi (giusto per le elezioni) dal gruppo che detiene la Nuova Sardegna, pubblica ogni giorno in Home page notizie inutili.
Come distruggere un mezzo di informazione.
Insularidade costitutzionalizada & Trasportus
Il vettore effettuerà per la prima volta i collegamenti sull’aeroporto di Olbia-Costa Smeralda, all’inizio all’interno della stagione estiva — che nel settore va da fine marzo a fine ottobre —, andando così ad estendere la sua presenza in tutti e tre gli scali sardi.
Vàrias
Imàgine de sa chida
Quando lo sport si fa estetica
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