Cent’anni di Servitudine (e di Resistenza) – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
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“Errammo tutti”, disse Siotto Pintor illuminato da nuova e improvvisa consapevolezza, ricordando quando qualche anno prima, nel 1847, i sardi decisero di rinunciare alle prerogative del Regno Sardo, unendosi giuridicamente allo stato piemontese.
Per beneficiare dello statuto Albertino (in tutta Europa i liberali lottavano per avere le costituzioni contro l’ancien régime) rinunciammo ai poteri del Regno Sardo, e chiedemmo in massa la fusione perfetta con il Piemonte, cedendo i poteri.
127 anni prima, eravamo “diventati” piemontesi perché un re spagnolo “stregato” (così dissero al tempo) e malaticcio non ebbe figli e in pochi anni fu spolpato l’impero.
Si pensa che la storia si muova per lunghi processi invisibili, invece bastò un re sterile a farci cambiare casacca, improvvisamente, e senza essere nemmeno consultati.
Tutto può accadere, nella storia.
Abbiamo avuto diverse spinte che oggi chiameremmo indipendentiste, il decennio rivoluzionario di Angioy di fine settecento, e Palabanda nel 1812.
Carlo Felice disse: “ammazza ammazza, per il bene dell’umanità“.
La restaurazione ebbe la meglio.
Poi quasi nulla fino al primo dopoguerra, cent’anni fa, quando ripartì la spinta indipendentista, in costante dibattito con quella autonomista, con la nascita del Psd’Az. Nel secondo dopoguerra abbiamo ottenuto lo statuto speciale e, per gemmazione, tanti movimenti indipendentisti.
Abbiamo avuto decine di servitù pesanti e classi politiche e intellettuali locali compiacenti.
Nella storia abbiamo avuto tanti dominatori ma un solo colpevole: NOI stessi
Gli intellettuali autoctoni, salvo poche eccezioni, sono orientati a trarre benefici dal sistema, barattando il destino dei sardi.
Scelgono di mettersi a servizio del partito d’oltremare, imponendo in Sardegna il punto di vista del colonizzatore come unico possibile.
Credo che uno dei motivi (non per forza il principale) per cui la classe intellettuale si schieri con le due parti coloniali italiche sia dovuto al fatto che dia molto più spazio al momento elettorale che non alla costruzione di alternative stabili nella società.
La società si rispecchia nella rappresentanza parlamentare, o è la rappresentanza parlamentare a dare forma alle spinte sociali? In entrambi i casi abbiamo grossi problemi, in Sardegna, la legge elettorale non è neutrale e non è democratica.
Per cui se guardiamo ai risultati elettorali, per gli intellettuali non rimane che arrendersi e schierarsi con i poteri più forti. Manca il dissenso volto ad immaginare ed a costruire vie alternative che non passino per il momento elettorale su basi competitive. Un mix di pavidità, conformismo e interessi legati al partito italico che gestisce cattedre e poltrone.
Essere organici al sistema colonizzatore d’oltremare ed egemonici in terra sarda è la stessa cosa.
Il mondo del giornalismo è strettamente collegato agli intellettuali.
Oggi va ripensato su base digitale, in cui il concetto di prima pagina sparisce, e ogni notizia circola per conto suo su social o chat.
Rimane certo l’home page a creare la gerarchia, ma la fruizione è totalmente differente dal cartaceo. Su questa base, nella Nuova Sardegna non si è trovata traccia, ad esempio, dello sgombero del Presidio di Selargius dello scorso 20 novembre.
Trovo molto più grave nascondere le notizie rispetto all’allarmismo di Mauro Pili.
Mentre dal secondo caso si può estrarre la notizia, depurata dall’ansia, nel primo non c’è notizia.
L’intervista di Sardinia Post (che fa parte del gruppo Nuova Sardegna) a Todde è semplicemente imbarazzante. L’intervistatore riesce a NON nominare la parola “Pratobello” e le “210.729 firme“.
Todde promette che la Sardegna sarà “la locomotiva italiana”.
L’intervistatore cita vagamente i soldi a pioggia agli amici (poteva fare qualche domanda almeno sui fondi gestiti dai Cinque Stelle!), eppure ancora questa settimana la giunta nomina un “esperto di turismo”. L’opposizione della destra italiana si straccia le vesti contro il “poltronificio” Todde, ma fino a qualche mese fa era la destra ad accomodare gli amici.
Sardegna chiama Sardegna (SCS) smentisce Todde, sulla frase «i fondi andavano impegnati entro la fine del 2024 per evitarne la perdita e impedirne lo sperpero», risponde che “i fondi di bilancio non impegnati entro l’anno mica finiscono nell’umido, vanno in avanzo e con il nuovo anno è possibile destinarli nuovamente“.
La sanità è allo sfascio, ma il consiglio regionale regala, tra gli altri, 100mila euro alla Farmacia politica di Deriu (PD) e Camilla Soru (PD).
L’Indip continua con l’analisi della lista dei beneficiari, tra cui risulta Raimondo Schiavone, per un Festival, già reduce da una inchiesta dell’Unione Sarda sui finanziamenti intorno a Mont’e Prama dello scorso gennaio 2023, Giampaolo Congias con l’associazione castanicola forestale di Desulo, ma Congias è anche “presidente di Confcooperative Nuoro-Ogliastra“, e spunta anche la fondazione intitolata al padre di Tommaso Giulini, il presidente del Cagliari Calcio.
Felice Corda, già direttore provinciale di Ente Foreste, denuncia i seguenti consiglieri regionali (da leggersi con un olè dopo ogni nome): Agus Francesco (Progressisti), Ciusa Michele (Cinque Stelle), Deriu Roberto (PD), Cocco Sebastiano (Uniti per Todde), Orrù Maria Laura (Alleanza Verdi-Sinistra), Pizzutto Luca (Sinistra Futura).
Hanno assegnato “a Comuni, enti, privati, associazioni di vario genere ecc, senza alcun bando pubblico, senza alcun alcuna gara, consentendo l’ingiusto profitto di questi, con l’altrui danno, compresa la quota parte delle imposte versate dal sottoscritto nel 2024, in violazione soprattutto dell’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241“.
È come se la cittadinanza si fosse attivata, risvegliata dalle proteste di questi anni.
Probabilmente non ci sarà la sentenza della corte costituzionale sulla moratoria, perché è stata superata dalla legge aree idonee.
Ora c’è da stare attenti, si intensificano i convegni dei signori della speculazione, c’è da scrivere il piano energetico sardo, e ancora non si parla di tetto massimo ai GW.
Esemplare un botta e risposta dentro ad un dibattito nei comitati di almeno un anno fa, in cui alla proposta “bisogna coinvolgere gli intellettuali“, è stato risposto “se siamo noi a dover coinvolgere gli intellettuali, e non viceversa, che razza di intellettuali sono?”
Questa fase lo ha dimostrato, la società civile è stata molto più reattiva della classe intellettuale che, o è critica verso il potere e lo status quo, o non è.
Il movimento dei comitati ha supplito a questa carenza
Ha creato un’intelligenza collettiva, avanguardia nella società, che ha saputo cogliere in anticipo alcuni aspetti di questa fase che trasformerà la Sardegna in un hub energetico, dentro ad un contesto più grande di una nuova fase del capitalismo assistito, in cui il binomio tecnologia-energia cresce di pari passo con la guerra sullo sfondo.
Da quasi due anni il movimento è riuscito a creare informazione, consapevolezza, coinvolgimento non solo dei soliti attivisti, ma anche di pezzi di società che mai avevano partecipato, tra cui il mondo cattolico.
I presidi movimentisti di Selargius e Oristano hanno fatto anch’essi la storia di questa battaglia, iniziata con la prima invasione del cantiere di Terna a Selargius a marzo 2024 per affiggere una lettera di sfratto alla S.p.A. (in lingua sarda e italiana), e con Matteo Pedditzi che bloccava le trivelle.
È continuata con s’arrebellia de is olias, il presidio durato oltre 4 mesi, la resistenza nel porto di Oristano, e la resistenza agli espropri de sa Barracca del 4-6 dicembre 2024.
Le 210.729 firme sono state qualcosa di eccezionale, non solo nella storia sarda. Leandro Cossu denuncia su il Fatto quotidiano la gravità della scelta di Todde di ignorare la legge popolare, “come se una raccolta firme estesa a tutti i cittadini italiani avesse raccolto più di otto milioni di firme“.
Il movimento ha coinvolto la società civile in un brainstorming collettivo, ed ha portato una intera generazione di sardi a studiare, o quantomeno ad interessarsi su questioni tecnico-burocratiche, e su questioni politiche fondamentali, quali l’autodeterminazione e la partecipazione.
Se dovessi pensare ad un processo di autodeterminazione lo immaginerei proprio così.
La Pratobello24 ha fatto da catalizzatore, ma quella fase si è chiusa (salvo bocciature della consulta della legge aree idonee).
Non è però esaurita l’energia dei comitati, che continua a pulsare e continuerà ad assediare il palazzo coloniale proprio minando la serratura delle loro porte blindate ed ermetiche: la legge elettorale.
Qui il comunicato dove si annuncia la nuova battaglia.
È il momento migliore per poter ripartire con slancio e ridefinire le regole del gioco democratico dentro ad un percorso di autodeterminazione, consapevoli di stare nel solco dei Cent’anni di Resistenza.
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Gli studenti sardi iniziano a mostrare qualche turbolenza. Bene!
Arriva la Todde, scritte allo Scientifico di Alghero.
Manifestazione a Cagliari, «un attraversamento, una roulette russa»: oltre duemila studenti dicono basta.
Gli universitari sono i grandi assenti in questa fase.
Sa Cida in 1 Minutu
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Immagine: Dall-e