Bono. I luoghi della sarda rivolutzione vanno in pezzi
Parlare solo della pandemia non basterà a sconfiggere la pandemia. Lo sanno anche a Bono, il paese natale di Gio Maria Angioy, in cui negli scorsi giorni si è presentata la variante inglese del Covid. Un altro problema infatti tocca la comunità. Giuseppe Zingaro, urbanista e cittadino bonese, propone alcune riflessioni sulla condizione del patrimonio edilizio di Bono e, nello specifico, di Sa Domo de Su Rettore, che versa nel più completo abbandono.
de Giuseppe Zingaro
Che rumore fa un albero che cade nella foresta? Bella domanda, probabilmente lo stesso rumore di un edificio che crolla nel “centro storico” di Bono. Fa rumore solo se c’è qualcuno che lo sente.
Bono, come tante altre biddas del suo calibro, è un posto complesso, dove problemi altrettanto complessi – come, ad esempio, le strategie di recupero e riabilitazione del patrimonio edilizio – non possono essere affrontati con soluzioni semplici.
Le ultime notizie – grazie alle segnalazioni del gruppo Facebook Bono per Angioy e Frassu – ci riferiscono della coerente evoluzione di Sa Domo de su Rettore (casa del Canonico Frassu) sulla cui storia si è sempre detto tanto, ma per la cui tutela non è mai stato fatto niente. Parlo di coerente evoluzione perché un crollo è una conseguenza coerente del sistematico abbandono dell’edificio, per cui niente facce stupite, non esiste edificio al mondo che stia in piedi da solo senza una cura costante. E questo è un dato di fatto.
Non mi dilungo a descrivere l’importanza storica e architettonica dell’edificio – o parlerei solo di quello – ma è importante almeno accennare a questi aspetti che testimoniano tanto sulla storia di Bono, sulla sua importanza nelle dinamiche evolutive della Sardegna, soprattutto in un periodo molto delicato come fu quello della Rivoluzione guidata – e non è un caso – dal nostro compaesano Angioy.
La storia della casa del Canonico Frassu, infatti, si lega direttamente alle vicende Rivoluzionarie. Il Canonico stesso era – secondo le ricerche di Lorenzo del Piano, come segnala Caminera Noa – compagno e amico di Angioy, partecipante attivo della Rivoluzione Sarda.
È, inoltre, importantissimo accennare anche alle qualità architettoniche proprie dell’edificio che, stando alle fonti orali di Bono, fu la prima casa del paese a essere completamente intonacata – informazione verosimile, questa, se messa in relazione all’agiatezza della famiglia che la possedeva. In ogni caso, tutti i dettagli architettonici (si spera ancora integri) che la caratterizzavano erano, anch’essi, segno di ricchezza dei possidenti, da un lato, ma anche di presenza di importanti maestrie, lavorazioni, artigiani, di un tessuto produttivo importante, dall’altro. Un patrimonio di enorme valore, non solo – e non per forza – economico.
Ma, invece, è importante capire perché (e come) si arrivi a una sistematica distruzione del nostro patrimonio storico e sociale, ancorché architettonico e urbanistico. Partiamo dal concetto più ampio: il Centro Storico – ammesso che Bono ne conservi ancora tracce qualitativamente valide.
Poniamoci delle domande in proposito. Esistono strumenti a favore dello sviluppo dei Centri Storici? Se sì, sono applicabili a Bono? E ancora: queste misure, se applicate, avrebbero aiutato nella conservazione e nello sviluppo, in maniera specifica, di Sa Domo de su Rettore (o di altre realtà simili di Bono)? Sinteticamente, sì.
Da più di un decennio, varie leggi regionali hanno messo in campo strumenti tecnici, normativi e finanziari che, se veicolati all’interno di un quadro programmatico, avrebbero potuto e potrebbero tuttora favorire una complessiva riqualificazione delle nostre biddas, soprattutto quando trattasi di edifici di particolare valenza storica, artistica e architettonica. Dalla L.R. 29/1998 alle misure attuative previste dal PPR del 2006, fino alla più recente L.R. 8/2015 e alle sue successive integrazioni, passando per un numero consistente di bandi e avvisi pubblici, abbiamo assistito a quasi vent’anni anni di leggi e misure di intervento.
Ma allora, appurato che gli strumenti esistono, dove ricercare il problema? La logica impone una discesa di scala. Se la R.A.S. ha messo in campo degli strumenti, chi doveva applicarli? Spiace constatare che qui le azioni programmatiche dovevano, devono e dovranno essere locali.
La Programmazione Territoriale della Comunità Montana, già dal 2016 aveva previsto misure di intervento – anche per Bono – a favore del patrimonio edilizio storico, ma queste misure non possono bastare se non adeguatamente guidate e supportate da programmi e interventi di livello comunale. E infatti, la programmazione e la pianificazione urbanistica di Bono è totalmente assente. Sorvolando sulla mancanza di un P.U.C. (Piano Urbanistico Comunale) moderno e innovativo, in grado di veicolare le dinamiche di sviluppo del territorio e del centro urbano, mancano anche gli strumenti attuativi quali il Piano Particolareggiato del Centro Storico, consegnato al Comune nel 2018 e mai adottato, nonostante le ripetute sollecitazioni.
È obbligatorio notare che nei contesti urbani storici l’adozione del Piano Particolareggiato è sicuramente la mossa programmatica principale, in presenza della volontà di tutelare il patrimonio esistente e favorirne uno sviluppo coerente. Inoltre, mancano i Programmi Integrati, cioè quegli strumenti previsti dalle Leggi Regionali che mettono in comunicazione pubblico e privati per la costruzione di progetti comuni e coerenti con una immagine urbana adeguata alla realtà bonese.
Manca una strategia finalizzata a individuare i luoghi della storia di Bono (Sa Domo de Su Rettore, la Casa natale di Angioy, il Colle di Santu Remundu, il sistema delle chiese, lo stesso Corso Angioy, per fare alcuni esempi) e decida dove si vuole andare e come ci si vuole arrivare, urbanisticamente parlando.
Mancano azioni e risposte, le quali – certo – non risolverebbero tutti i problemi, ma sarebbero in grado di innescare movimenti nuovi verso quella riqualificazione che qui, inspiegabilmente, non si è mai vista.
E allora è lecito, per un bonese, chiedersi che fine abbia fatto il Piano Particolareggiato del Centro Storico e se, al suo interno, vi siano le misure adeguate per la riqualificazione di edifici estremamente importanti come Sa Domo de su Rettore. È lecito chiedersi perché la stessa casa non sia stata acquisita al patrimonio comunale e non sia stato avviato un progetto di restauro e rifunzionalizzazione, dando seguito anche a ulteriori sollecitazioni amministrative del 2020. È lecito chiedersi perché non esista una idea di Bono nei prossimi 5 o 10 anni, quando, di questo passo, parleremo, tristemente, del parcheggio del Canonico Frassu.
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