
Assemblea Natzionale Sarda a Parigi
In occasione delle celebrazioni di Sa Die de Sa Sardigna, per il terzo anno consecutivo, sabato 12 aprile Assemblea Natzionale Sarda e Corona De Logu hanno reso omaggio al rivoluzionario sardo Michele Obino insieme alla scrittrice e studiosa Adriana Valenti Sabouret, scopritrice della sua tomba, al cimitero Père-Lachaise di Parigi, dove il lussurgese riposa nell’undicesima divisione.
All’incontro hanno partecipato la sottoscritta, in qualità di socia di ANS, il rappresentante del circolo Sardos in Paris, Walter Boi, e altri sardi che da anni vivono nella capitale francese.
Adriana Valenti Sabouret, dopo averci guidato sino alla tomba di Obino e dopo aver deposto con noi una corona di fiori, ha evocato il contesto storico della Sarda Rivolutzione, a seguito della quale i rivoluzionari sardi, perseguitati dai Savoia, che temevano il ribaltamento della monarchia e l’instaurazione della Repubblica, furono costretti ad emigrare in Francia, dove vissero anni molto difficili e durante i quali pregarono ripetutamente il Direttorio di Napoleone di intervenire in aiuto alla Sardegna.
Adriana ci ha raccontato la vita di Don Obino: nato a Santu Lussurgiu nel 1769, da una famiglia appartenente alla piccola nobiltà sarda, egli era un giovane brillante, a 25 anni ottenne l’ambitissima cattedra in Digesto a Sassari, motivo per cui fu molto invidiato già all’epoca. Quando in seguito iniziò a mostrare simpatie repubblicane e filofrancesi contro il feudalesimo, i suoi detrattori ne approfittarono per estrometterlo; accusato di aver scritto il libello rivoluzionario “Achille della Sarda Rivolutzione”, dove si denunciava il feudalesimo come principale causa del degrado della società sarda, egli perse la cattedra e da allora iniziarono i suoi guai. Perseguitato per le sue idee e per aver aiutato nella fuga il suo fedele amico Giovanni Maria Angioy, che riuscì a fuggire in Francia nel 1799, anche Obino fu costretto ad emigrare a Parigi. Nella capitale francese, a differenza di Angioy che morì da indigente nel 1808, Don Obino riuscì a ricostruirsi una vita e soprattutto una carriera, in cui poté mostrare le sue qualità di notaio; lavorò infatti al fianco di uno dei più grandi avvocati parigini del tempo, Guy-Jean-Baptiste Target, dalle idee molto progressiste, che riposa in una tomba proprio adiacente a quella di Michele Obino. La studiosa ha poi ricordato che grazie ad alcune lettere, sappiamo che Don Obino e Giovanni Maria Angioy si frequentavano regolarmente anche nella capitale francese, prima della prematura scomparsa dell’alter-nos.
Molto interessante è poi quello che possiamo definire l’ultimo progetto, nonché desiderio di Michele Obino per la Sardegna; poco prima di morire egli tornò a Santu Lussurgiu, dove propose per il paese la costruzione di un convitto-liceo per giovani in difficoltà, al fine di risollevare lo stato di grave decadenza in cui versava la pubblica istruzione, dimostrando una grande sensibilità per la didattica e la trasmissione del sapere. L’idea era quella di sostituire i Religiosi Osservatori con l’Istituto dei Somaschi, che impartivano un metodo di istruzione più semplice. La proposta venne trasmessa al Viceré, al Re e sottoposta al Vescovo di Bosa, ma non se ne fece niente; l’ambiente politico e culturale sardo infatti non era cambiato e Michele Obino veniva ancora guardato con molta diffidenza. Don Obino decise quindi di tornare a Parigi, dove morì nel 1839.
Le circostanze del ritrovamento della tomba, avvenuto a inizio 2020, non furono semplici; problemi legati alla privacy e difficoltà di reperimento di informazioni, infinite ricerche d’archivio e confusione delle carte tra diversi cimiteri, infine il ritrovamento di un atto che indica con assoluta certezza che quella è la tomba di Michele Obino e che il suo corpo ha sempre riposato lì. La tomba, caratterizzata da un’estrema sobrietà, espressamente richiesta da Obino nel suo testamento, si è preservata sino ai nostri giorni grazie ad un albero di lilla che è cresciuto proprio su di essa; secondo il regolamento del cimitero Père-Lachaise infatti non è possibile rimuovere o modificare l’assetto della flora cimiteriale, motivo per cui, in seguito alla scadenza della concessione della tomba a fine anni ‘80, anziché procedere, come da prassi, alla riesumazione del corpo, la tomba non è stata toccata.
Essa versa tuttavia in condizioni precarie; non c’è traccia dell’incisione con il nome e la data di morte, che secondo Adriana Valenti era invece sulla croce di pietra che sovrastava la tomba, descritta in un documento d’archivio; di essa non rimangono altro che dei grossi conci squadrati, visibilmente lavorati, accostati alla base del sepolcro. Una ripulitura degli stessi potrebbe un giorno portare alla riscoperta dell’iscrizione. È per questo che Assemblea Natzionale Sarda ha lanciato una raccolta fondi (https://www.produzionidalbasso.com/project/preserviamo-la-tomba-di-don-michele-obino/): nonostante soltanto gli eredi diretti di Don Obino potrebbero autorizzare un intervento diretto e procedere ad un restauro, l’idea è quella di creare una base per poter aiutare chi prima o poi deciderà di prendere in mano la situazione e restituire la giusta dignità ad un personaggio così importante per la storia sarda.
Intanto sulla tomba di Don Obino è stata posta, da un donatore anonimo, una targa che recita , insieme alle date di nascita e di morte “Inoghe reposat su patriotu sardu, Don Michele Obino”.

Foto di copertina: Giulia Olianas