Ambiente

105 Articoli

Cultura

120 Articoli

Economia

7 Articoli

Giustizia

5 Articoli

Interviste

42 Articoli

Lingua

28 Articoli

Mondo

13 Articoli

Musica

1 Articoli

Notizie

58 Articoli

Persone

7 Articoli

Politica

138 Articoli

S'Imprenta

80 Articoli

Sanità

13 Articoli

Sport

4 Articoli

Storia

53 Articoli

Trasporti

2 Articoli

Non perdere gli aggiornamenti

A Sassari il primo monumento dedicato a Sa Sarda Rivolutzione

Il totem in memoria degli otto rivoluzionari uccisi tra il 1796 e il 1802 è inserito in un vasto progetto che coinvolge tre scuole, varie associazioni, i Gremi e il Comune

Se un marziano arrivasse sulla terra e si trovasse a passeggiare per Sassari, penserebbe che questa piccola città del nord Sardegna sia stato in passato uno dei centri più importanti di un grande regno italiano: viale Umberto, corso Regina Margherita, via principessa Jolanda, via Duca degli Abruzzi, monumento a Vittorio Emanuele II e persino via Giovanni Battista Lorenzo Bogino. Come qualcuno ha scritto che si potrebbe ricostruire Dublino sfogliando le pagine dell’Ulisse di James Joyce, allo stesso modo si potrebbe riscrivere la storia della colonizzazione della Sardegna (e della falsa coscienza dei sardi) dalla mappa di Tuttocittà Sassari.

Scarsissime invece le tracce, nell’odonomastica, così come ella memoria degli amministratori turritani di ogni orientamento politico, della Sassari rivoluzionaria che pure, nella sua storia, ha spesso girato le spalle al potere regio, feudale e coloniale sabaudo, monarchico e italiano.

A recuperare questa storia obliata, oltre alle utili ricerche di Girolamo Sotgiu, è stato Federico Francioni, in particolare con la sua monografia “Vespro sardo. Dagli esordi della dominazione piemontese all´insurrezione del 28 aprile 1794”, edito del 2001per Condaghes.

Nelle sue ricerche Francioni fa notare come la Sassari popolare e insorgente ribollisse ben prima della cacciata dei piemontesi del 1794. Già nel 1739 veniva inviato a Torino, presso il governo del re Carlo Emanuele III, un memoriale di notabili sassaresi che risente dell’influsso di un malcontento popolare verso le pratiche del governatore della città barone Giuseppe Andrea Tondut accusato di «corruzione, favoritismi e malgoverno, nonché protervia verso gli abitanti dell’isola, dagli stessi Tondut qualificati come Sardi scrocchi, vili e canaglie».

Nel 1780, cioè quattordici anni prima dell’insurrezione cagliaritana passata alla storia come «die de s’acciappa», a Sassari scoppiava un’insurrezione che portava all’allontanamento dalla città del governatore Claudio Alli di Maccarani, accusato di incettare il grano e di manovre speculative. Fa notare Francioni che il moto «non può essere considerato di carattere esclusivamente annonario» ma che «risulta senz’altro anticipatrice di quella cagliaritana, esplosa il 28 aprile 1794» ( per una sintesi v. https://camineras.blogspot.com/2017/05/la-storia-di-una-sassari-ribelle-di.html ).

La repressione dell’insurrezione sassarese fu guidata da Vincenzo Balbiano, diventato poi viceré di Sardegna anche grazie alla sua risolutezza nello schiacciare la resistenza dei sassaresi al sistema di oppressione coloniale e feudale imposto dalla monarchia sabauda. Non è un caso – fa notare sempre Francioni – che proprio Balbiano fu il primo e il più illustre dei cacciati dal capoluogo sardo, in seguito all’insurrezione del 1794, a testimonianza che i rivoluzionari avevano bene in mente quali fossero state le tappe della rivoluzione e quali fossero i suoi nemici.

A fare luce su questa «storia sommersa, negata, nascosta, cuada; in sassarese:cuadda» ( cit. Francioni) anche una recente ricerca di Piero Atzori. Nell’agosto de 2021 è infatti uscito per Youcanprint una sua importante ricerca intitolataSassari. Il Carmine e gli Angioyani. Per un giardino che racconti quattro secoli di storia”.

Le ricerche di Atzori ruotano attorno al luogo di Sassari detto una volta Caìmini di Fora, poi Carmine Vecchio, poi contrada Rizzeddu.

Oggi, questo angolo della città di Sassari rappresenta solo un’anonima propaggine del quartiere san Giuseppe. Scrive Atzori, in un articolo comparso sul sito della Fondazione Sardinia (http://www.fondazionesardinia.eu/ita/?p=15957 ):

«Non c’è più traccia visiva della storia dell’antica regione chiamata per lo spazio di tre secoli Càimini vecciu, Carmen viejo (sp.), Carminu ezzu (log.), infine Carmine vecchio, se non il muro seicentesco con nicchia di Madonna dell’umilissima chiesetta campestre del Carmine in via Repubblica Romana e pochi resti di muri di orti ottocenteschi. (…) Un luogo di vigne, orti e oliveti che si caratterizzò per la presenza del convento del Carmine extra muros (1612-1765), delle Forche del Carmine Vecchio (1737-1856) e dell’Orto botanico fondato dal botanico Luigi Buscalioni (1903-1928). Un luogo dove, nel settembre 1796, ci fu uno scontro a fuoco tra le forze governative e centinaia di rivoltosi antifeudali radunatisi per tentare di invadere Sassari, allo scopo di liberare gli amici prigionieri rinchiusi nel carcere di San Leonardo. Ma soprattutto un luogo dove, tra il settembre 1796 e l’agosto 1802, ben otto angioyani, in un totale di undici, morirono a Sassari per gli ideali di libertà e di giustizia»

Secondo le ricostruzioni di Enrico Costa risalenti al 1885, nel suo primo volume Sassari, infatti, otto patrioti sardi, seguaci degli ideali della “sarda Rivolutzione” capeggiata da Giovanni Maria Angioy, morirono sulle Forche del Carmine Vecchio, situate proprio di fronte ad un’importante scuola sassarese, il Liceo Artistico Filippo Figari, nell’attuale via Quarto, proprio dietro piazza d’Armi. Le forche furono fatte ricostruire dal famigerato viceré dal pugno di ferro marchese di Rivarolo nel 1737 e rimasero in attività fino al 1856. In questi 119 anni Costa calcola che sulle forche furono giustiziate migliaia di persone, tra queste appunto anche gli otto rivoluzionari sardi.

Scrive Angioy nel suo Memoriale:

«L’esilio, gli arresti, le torture, i supplizi più atroci non sono riusciti ad abbattere gli amici delle libertà di queste contrade. Più di 4000 persone sono state sacrificate. Gli abitanti dei villaggi finora non hanno mai più voluto riconoscere i loro feudatari né pagare loro le loro estorsioni feudali, nonostante le minacce del governo e le spedizioni militari nei loro confronti. La causa della libertà è stata parimenti sostenuta da tutta la classe intellettuale sarda, i professori delle università, la maggior parte degli avvocati, dei medici e dei commercianti e quasi tutti i nobili non feudatari. Anche parecchi preti e curati hanno preso parte alla rivoluzione della Sardegna, per l’odio implacabile che nutrono verso i feudatari e la loro avversione al governo piemontese»[1]

Si tratta di una memoria collettiva rimossa ad arte, attraverso una sistematica e strutturale opera di «damnatio memoriae», come Atzori definisce nel suo libro la storiografia ufficiale che dagli scritti dello storico filo sabaudo Giuseppe Manno arriva fino alle esternazioni del principale teorico del sardismo Camillo Bellieni che tacciò gli angioyani di «connivenza» con i francesi.

Per restituire alla cittadinanza sassarese la memoria di importanti personaggi e vicende cadute nell’oblio, partire dall’aprile del 2022, un gruppo di associazioni, tra cui Sa Domo de Totus e Assemblea Natzionale Sarda, in collaborazione con il liceo Artistico Filippo Figari, hanno avviato un progetto per coinvolgere la cittadinanza, a partire dal quartiere interessato e dagli stessi studenti del liceo, in un percorso civico capace di riscoprire la memoria della Sassari rivoluzionaria e popolare, della sarda rivolutzione e dei suoi martiri.

A partire dall’anno scorso questo progetto ha incrociato la sua strada con la storica iniziativa di Teatro S’Arza “Primavere sarde”, giunta alla sua decima edizione, dove la storica compagnia teatrale sassarese mette in scena ogni anno le diverse vicende della “sarda rivolutzione”. Quest’anno il progetto si è allargato ancora fino a comprendere, oltre al teatro S’Arza, Sa Domo de Totus, Assemblea Natzionale Sarda, gli Amici del Canto Sardo anche tre scuole di Sassari (oltre al liceo artistico Figari, anche il liceo Classico, musicale e coreutico D.A. Azuni e il liceo Margherita di Castelvì), l’Intergremio di Sassari, i Cobas Scuola Sardegna, il collettivo universitario indipendente Bardana e la Fondazione Sardinia.

Tutto ruota intorno a un fazzoletto di verde, con un albero di agrumi, situato proprio di fronte al liceo Artistico Filippo Figari, tra via Quarto e Largo Don Leonardo Carboni.

Qui i ragazzi del liceo la mattina si fermano lì prima di andare a scuola e fino al 2023 era noto come “il pisciatoio” versando nel completo degrado e nell’incuria. In occasione di Sa Die de sa Sardigna, lo scorso anno, quest’area verde è stata adottata da diverse associazioni, ripulita e resa agibile. In contemporanea è stata promossa un’attività di sensibilizzazione rivolta agli studenti del liceo Artistico per spiegare loro l’importanza storica di un’area dove tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento trovarono la morte valorosi rivoluzionari sardi, tra cui il braccio destro di Angioy Frantziscu Cillocco.

Enrico Costa ci racconta che nei pressi di quest’area sorgevano le Forche del Carmine Vecchie di Sassari, dove venivano impiccati i condannati a morte. In prossimità di queste, il 17 settembre 1796, avvenne lo scontro armato tra forze rivoluzionarie repubblicane sarde e i difensori del feudalesimo, del colonialismo e della monarchia sabauda.

I rivoltosi, provenienti principalmente da Bonorva e da Florinas, ma anche da Thiesi, Ittiri, Muros e da Osilo, si radunarono nell’oliveto del reverendo beneficiato turritano Juan Pinna in vista delle mura, in attesa di un segnale interno di sommossa (che non arrivò), con lo scopo di liberare i compagni di ideale che erano stati fatti prigionieri, di riprendere la città di Sassari e di rinfocolare la Rivoluzione per la libertà dei sardi e per la Repubblica di Sardegna. Inferiori in numero e in armamento rispetto alla regia truppa, dopo i primi morti e i feriti, gli angioyani si dettero alla fuga verso Scala di Giocca.

Sempre qui, fra il 6 ottobre 1796 e l’11 agosto 1802 vennero gli impiccati otto patrioti sardi.

A parte la voce isolata di Enrico Costa che nel 1885 nel suo primo volume di Sassari definì i rivoluzionari giustiziati “martiri per la libertà” la memoria di questi fatti e personaggi si è praticamente persa.

Quest’anno si sono aggiunti al progetto nuovi soggetti culturali e sociali e il Comune di Sassari ha autorizzato e patrocinato la messa in posa di un monumento ai rivoluzionari sardi e a sa Sarda Rivolutzione.

L’opera sarà finanziata con un crowdfunding sulla piattaforma “Produzioni da basso”.

Da segnalare che il progetto è stato realizzato dal docente del Liceo Artistico Vittore Loriga e le grafiche del crowdfunding sono state realizzate dai ragazzi della classe quarta D del medesimo liceo.

Ecco il testo bilingue (sardo e sassarese) che campeggerà sul monumento e che riporta i nome degli otto patrioti sardi giustiziati:

«Giardinu de sa Sarda Rivolutzione In sos annos 1796, 1797, 1802 in custu logu sunt mortos in sas furcas, pustis de àere gherradu pro sa Repùblica Sarda contra a su feudalèsimu, òmines de gabale: artesanos, cummertziantes, notàrios. I’ l’anni 1796, 1797, 1802 In chisthu loggu Ommini d’indillèttu, arthigiani, buttreàggi, nutai, chi abíani cumbattùddu contr’a lu feudaresimu e pa’ la Repúbrigga Sardha, murísini i’ li forchi.

Issos sunt / Eddi so:

ANTONI VIZZENTI PETRETTO, n. 29.7.1767, † 6.10.1796, GIUANN’ANTONI MARELLAS, n. 23.10. 1752, † 29.3.1797, FILIPPU SERRA, n. 24.1.1763, † 6.4.1797(?), SARVADORE QUESSA, n. 19.6.1766(?), † 6.4.1797(?), GASPARRU SINI, n. ca. 1771, † 22.4.1797, GIUANNE PINTUS,TOPU, n. 31.7.1767, † 6.9.1797, LUISI MARTINETTI, n. 30.1.1773, † 12.7.1802, FRANCISCU ZILLOCU (CILLOCCO), n. 20.12.1769, † 11.8.1802.

Onore e memòria eterna a custos màrtires de Sardigna»

La Sardegna avrà così il primo monumento che esplicitamente ricorda Sa Sarda Rivolutzione.

Il progetto del totem in Cor-ten, ideato per durare nel tempo e che sorgerà in quello che ormai gli studenti già chiamano “il giardino della rivoluzione sarda”, si inserisce in un progetto più ampio curato dalle tre scuole che sorgono intorno all’area. Oltre il Liceo Artistico Filippo Figari: il Liceo Classico, Musicale e Coreutico D.A. Azuni e il Liceo Statale Margherita di Castelvì.

Insieme a Sa Domo de Totus, Assemblea Natzionale Sarda, Collettivo Universitario Indipendente Bardana, S’Arza Teatro, Integremio di Sassari, Cobas Scuola Sardegna e le Messaggerie Sarde, già da quest’anno verranno coinvolti circa quattrocento ragazzi con diverse attività per valorizzare quest’area verde e la sua memoria storica, con incontri, concorsi di idee, percorsi didattici a sfondo storiografico e artistico.

Si è pertiti a fine marzo, con la pubblicazione sui siti delle tre scuole, del “Concorso di idee per Sa Die de sa Sardigna: Un giardino per Sa Sarda Rivolutzione” per la valorizzazione urbanistica, artistica, storica e sociale dell’area verde diLargoDon Leonardo Carboni. Il concorso è rivolto ai ragazzi delle tre scuole aderenti al progetto ed è suddiviso in tre sezioni: A) grafica, pittura, audiovisivi;  b) scultura, arredamento, urbanistica, design dell’arredamento; c)saggistica, narrativa, giornalismo, teatro, musica. In collaborazione con le Messaggerie sarde verranno messi in palio dei buoni libro.

Il 24 aprile, presso l’auditorium di via Monte Grappa, circa quattrocento ragazzi delle scuole coinvolte nel progetto, saranno coinvolti nell’evento “Sa Sarda Rivolutzione raccontata agli studenti. Parole, musica e teatro per fare rivivere un’idea di libertà dei sardi”. Incontreranno gli studenti Fabio Madau (presidente dell’Intergremio), Federico Francioni (storico), Piero Atzori (autore de Sassari. “Il Carmine e gli Angioyani”), Cristiano Sabino (Liceo Figari e saggista), Franca Pirisi (ex docente di filosofia e storia all’Azuni e scrittrice in attività). Gli interventi saranno intervallati da brani musicali eseguiti dagli studenti del liceo Classico, musicale, coreutico D.A. Azuni e da letture degli studenti del Liceo Margherita di Castelvì. Concluderà la mattinata lo spettacolo teatrale “I gremi nella sarda rivolutzione” del Teatro S’Arza, con regia di Romano Foddai, con la partecipazione di Clara Farina.

Il pomeriggio del 27 aprile, a partire dalle 18, in piazza Tola, inizierà lo spettacolo itinerante del teatro S’Arza, rivolto questa volta alla cittadinanza.

Il 28 aprile verrà inaugurato, alle ore 10:30, il monumento ai patrioti sardi, con interventi del vice sindaco Antonello Sassu, della poetessa Clara Farina, del prof. Cristiano Sabino, del saggista Piero Atzori, dello storico Federico Francioni e dell’ex docente Franca Pirisi.


[1] Giovanni Maria Angioy, Memoriale sulla Sardegna, a cura di Omar Onnis, Condaghes, 2015

Cumpartzi • Condividi

Lascia un commento / Cummenta

I commenti saranno sottoposti ad approvazione prima della pubblicazione.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha in caricamento...