2025, fine della lotta dei comitati? – S’Imprenta
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Fine d’anno, tempo di bilanci e di buoni propositi.
Il titolo è provocatorio, la lotta non finirà, ma si tratta di capire se si disperderà nella ripetizione degli slogan e rituali fini a sé stessi o se saprà rigenerarsi con una proposta politica anticoloniale di spessore, raggiungendo il grado di maturità necessario per affrontare il nuovo anno. È necessario fare idealmente una cesura tra la battaglia vista finora e quelle future, per cui dichiararne la fine, dopo l’approvazione della legge 20, è fondamentale per ripartire con nuove strategie.
Facciamo un riepilogo delle lotte in Sardegna di questo 2024.
2024, s’annu de sa rebellia
Questi due anni di lotta hanno visto emergere una nuova coscienza anticoloniale, sotto la spinta dei comitati.
Il 2024 è iniziato nel bel mezzo della campagna elettorale, il dibattito si è sviluppato inizialmente sul metodo di scelta dei candidati: Truzzu e Todde calati entrambi da Roma.
Solinas, escluso dalla ricandidatura a governatore, fuori dal consiglio regionale, chiude nel peggiore dei modi l’epoca governativa dei sardisti,
I partiti sardi a destra, Psd’Az (5,4%), Riformatori (7,1%), Sardegna 2020 (5,5%), Alleanza Sardegna (4,1%) raggiungono il totale del 22,1%, ma subiscono decisioni e candidati di Fratelli d’Italia, che ha preso poco più del 13%.
Soru perde la sfida, rispolvera Progetto Sardegna, di cui a distanza di dieci mesi si sente parlare poco o niente.
Gli indipendentisti, dopo vari tentativi di riunione, si disperdono tra chi va con il Campo Largo (A Innantis), chi con Soru (Liberu e Vota Sardigna) e chi non si presenta alle elezioni (Sardigna Natzione).
Lucia Chessa, dei Rossomori, candidata con Sardegna R-Esiste completa il quadro politico.
Le liste del Campo Largo sono minoranza nell’isola, ma vince Todde per un soffio, per via del voto disgiunto.
La campagna elettorale ha visto al centro la questione speculativa energetica, oltre all’autonomia di scelta dei candidati e dei partiti da Roma.
Abbiamo avuto parecchie manifestazioni ed eventi, i comitati sono nati in ogni territorio fino a diventare un gruppo di resistenza molto grande con visioni molto diverse al suo interno.
L’evento di Saccargia è stato un passo importante, nel luogo in cui le manchevolezze della regione (silente assente per il Tar Sardegna) e l’attacco del governo italiano hanno incontrato la resistenza popolare.
Il repowering si farà, Todde ha responsabilità enormi.
Contemporaneamente si sviluppa il dibattito nei comitati, nella società e nell’Unione Sarda, con interventi quotidiani di Pili e spesso dell’editore Zuncheddu, su questione urbanistica o PPR delle zone interne. Per la Nuova Sardegna la ribellione non è pervenuta, buca parecchie notizie.
I comitati iniziano la raccolta delle firme della Pratobello24. L’estate è una marcia trionfale, le file si allungano ai banchetti soleggiati agostani e il risultato è eccezionale.
Contemporaneamente inizia la guerra degli ulivi a Selargius, con Terna che espropria un terreno, rade al suolo la vegetazione e prepara per l’espianto degli ulivi, sradicati ma lasciati al sole.
Inizia il presidio s’arrebellia de is olias, che durerà quattro mesi.
Sbarcano le pale nel porto di Oristano ed inizia la resistenza del Presidio di Oristano, che rallenta il cammino dei Tir. Fioccano le denunce e le forze dell’ordine, in pieno pomeriggio, sgomberano i gazebo che riparavano i presidianti dalla calura.
Il successo della manifestazione del 30 agosto non viene inficiato dalla divisione dei comitati, causato dalla divergenze sulla Pratobello24.
Bachisio Bandinu tenta di ricomporre la frattura, non solo tra vari comitati, ma sotto l’ombrello della regione, segno di una non comprensione degli avvenimenti, che fa emergere lo scollamento tra intellettuali e la ribellione in atto.
Il 2 ottobre si svolge una imponente manifestazione per la consegna delle 210.729 firme.
La Rete Pratobello presidia il palazzo giorno e notte, 12 donne occupano l’aula, ma Todde non le degna di uno sguardo.
Il 20 novembre, negli stessi giorni in cui inizia il dibattito in aula per la legge aree idonee, il presidio selargino viene sgomberato con un spropositato dispiegamento di polizia dell’antiterrorismo.
La settimana del voto sulla legge aree idonee vengono espropriati, sotto gli occhi vigili di numerosi poliziotti in antisommossa, altri terreni a su Padru di Selargius. I cittadini erigono barricate nelle strade di accesso. Alla fine tre proprietari terrieri non firmano l’accettazione dell’esproprio e sa Barracca de su Padru ancora resiste libera.
Il resto è attualità.
In Sardegna compaiono delle scritte sui muri e sui cavalcavia, R come Rebellia, accompagnate dalla scritta “No aree idonee”.
Nel finale di anno Todde protegge Bertolazzi da un voto di sfiducia e accelera sull’emergenza sanità. Continua ad assegnare poltrone come fece Solinas, non ultimo ai trasporti, e il consiglio regala 22 milioni senza bando. La Glencore a Portovesme, dopo mesi di tira e molla, annuncia la fine della linea zinco.
La Nato continua le esercitazioni due volte l’anno, come ogni anno, si riparla di scorie nucleari in Sardegna e il tamtam della mobilitazione riparte.
2025, fine della lotta?
Come già scritto, non finirà, ma necessita di uno scatto di crescita importante, per una necessaria maturazione politica (non partitica).
Certo, entro il 5 febbraio la legge 20 (aree idonee) potrebbe essere impugnata dal governo italiano, per cui non è detto che, con una eventuale bocciatura della legge Todde, la Pratobello24 non risorga, magari sotto Pasqua. Entro il 25 febbraio il Tar del Lazio, invece, dovrà pronunciarsi sul decreto Pichetto Fratin.
Ma non sarà lo stato italiano a salvarci, nemmeno nei suoi apparati che si trovano qualche volta in dialettica tra loro.
Se la giustizia e la legge sono due cose molto diverse, la stessa legge molto spesso viene interpretata a piacimento dal potere stesso, sulla base dei diritti del più forte, e in questo caso ci sono troppi soldi in ballo.
È possibile che la legge 20, aree idonee, venga bocciata non nella sua totalità, ma solo nelle parti troppo restrittive per l’eolico.
È una previsione non giuridica, basata sull’interpretazione generale del quadro politico-internazionale, che ha previsto il sacrificio del sud e delle isole per fornire energia all’Europa e rendersi meno dipendenti da altri stati esterni all’UE, con lo spettro della guerra come convitato di pietra nel tavolo delle decisioni.
Zelensky ha annunciato di non voler rinnovare il contratto che permette il passaggio sul territorio ucraino del gas russo in Europa, e questo non aiuta.
Il movimento di resistenza anticoloniale è ad uno snodo vitale per la lotta
Nel 2024 la protesta ha toccato cime altissime, per cui ripetere manifestazioni con numeri più bassi, o lotte di minore intensità significa far spegnere la battaglia. Caduto il presidio di Selargius, affossata la legge Pratobello24, è ovvio che quella fase durata quasi due anni si è chiusa, e ci troviamo di fronte ad un bivio: come proseguire la lotta?
Cristiano Sabino nel suo ultimo articolo, che condivido non in tutte le sue parti (non è vero che il mondo indipendentista è fuori da questa lotta, è parte integrante dentro i comitati) mette tuttavia a fuoco il ruolo della legge popolare e dell’attacco speculativo come catalizzatore di istanze per un risveglio delle coscienze dei subalterni, affrontando la questione in ottica hegeliana servo-padrone.
Il ragionamento è ottimo, punta al nocciolo della questione, ma è carente per un aspetto che andremo a vedere.
Il discorso vale anche per molti slogan sentiti in questi mesi. Prendiamo quello “No Aree Idonee“.
Contro chi si rivolge la protesta, cioè chi è il padrone?
Lo slogan si rivolge contro le pale? Le multinazionali? La regione Sardegna, in quanto istituzione? Contro Todde e il Campo Largo in una dialettica destra-sinistra? Lo stato italiano? L’Ue?
Abbiamo individuato il servo, ma se non mettiamo a fuoco chi è il padrone contro cui battersi, stiamo sparando al cielo, cioè stiamo sprecando colpi e un’ottima occasione storica per liberarci.
Le pale sono solo l’arma del delitto, occorre trovare l’assassino.
Le pale non hanno gambe, non vengono da sole, qualcuno le sta portando, alcuni ci guadagnano, ma il mandante è uno solo. Esaminiamo i possibili candidati.
Le multinazionali
Fanno quello che le istituzioni le consentono di fare con leggi, finanziamenti, e protezione poliziesca.
Qualche settimana fa, un bando di concessione per l’eolico nei mari danesi è andato deserto, perché non erano previsti finanziamenti.
Le multinazionali da sole non trovano utile investire nell’eolico, senza la mano pubblica, cioè i soldi nostri. Questa transizione si sarebbe dovuta compiere con incentivi alle persone e alle comunità, stiamo vivendo una gigantesca redistribuzione al contrario. Le multinazionali sono gli esecutori, lo stato italiano, con il concetto “aree idonee”, ha deciso in chiave politica-economica antisociale.
L’Unione Europea?
Seppure l’UE abbia tante colpe in mille altre questioni, seppure i sardi non siano rappresentati in quella sede (dunque dovremmo rifiutarci di riconoscere le sue decisioni), in questo caso ha chiaramente invocato la necessità di installare gli impianti in prossimità dei luoghi di consumo, principio che l’Italia ha disatteso, penalizzando alcune aree.
La Regione Autonoma della Sardegna?
La regione, sulla base dello statuto speciale, potrebbe opporsi ad alcune condizioni, usando le competenze urbanistiche.
L’ente, in realtà, ha le sue competenze statutarie limitate (“col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali“) ma soprattutto, non ha mordente e viene completamente svuotato se viene governato dai partiti italiani. La destra italiana in regione è rimasta inerte e inerme (ed ha pagato elettoralmente).
La sinistra italiana, invece, è pienamente inserita nel secondo decreto Draghi-Todde, quello delle aree idonee, e con il decreto Pichetto Fratin (che Todde ha contribuito a scrivere, dato che presiedeva la conferenza stato-regioni).
Dunque il cerino rimane in mano allo stato italiano.
È l’Italia a farla da padrone, con i suoi decreti, con i suoi finanziamenti ad incentivare il grande capitale, con la sua forza repressiva (sa giustìztia) a bloccare chi si oppone democraticamente.
Todde, Solinas, le multinazionali, sono tutti strumenti in mano allo stato italiano. Todde va contestata in quanto estensione del potere statale italiano in Sardegna, non in quanto sinistra, perché a destra non hanno fatto di meglio: il governo Solinas firmò l’intesa per il Tyrrhenian link.
La sfida va portata dalla mera questione energetica (su cui va comunque mantenuta una pressione fortissima) allo scontro istituzionale anticoloniale a 360°. Questa fase ha dimostrato l’assoluta necessità di riscrivere i rapporti con lo stato italiano. È fondamentale prendere possesso del nostro territorio in maniera esclusiva, rispedendo al mittente le scorie, le pale, le basi, le servitù varie, e già che ci siamo anche i partiti italiani con la classe politica e gli intellettuali sardi che li sostengono, in nome dello slogan “No aree idonee alle servitù coloniali“.
Ignorare questo rapporto servile è sindrome di Stoccolma.
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Intanto potete cliccare sulle immagini e scaricare e stampare il calendario del 2025.
Progetto di MailArt. Su collettivo ArtEntu – artiste e artisti per la Sardegna
Foto copertina: alba al Presidio di Selargius, foto Ivan Monni
2 commenti
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La responsabilita’ della mancata rappresentanza della Sardegna nell’Unione Europea non e’ colpa dell’Unione Europea. Le istituzioni dell’Unione Europea non possono, e soprattutto non vogliono rischiare di interferire nelle questioni che riguardano le relazioni tra uno stato e le sue regioni amministrative. Diversi anni fa scrissi su questo problema: https://gittinwide.blogspot.com/2010/12/fallimento-dell-europa-delle-regioni.html
La mia impressione e’ che le cose non siano cambiate molto (vedi, per esempio, quanto poco l’Unione Europea sia intervenuta nella questione Catalana).
In conclusione, se la Sardegna non ha rappresentanza nell’Unione Europea la colpa e’ dello stato e italiano e delle istituzioni sarde che, o non vogliono, o non sanno fare gli interessi dei cittadini sardi.
Certamente, non c’è scritto che la legge elettorale è europea. Tuttavia, dal canto nostro non siamo rappresentati in quella sede.