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Sara Chessa: “Julian Assange è un prigioniero politico”

Comincia oggi a Nuoro, presso la libreria Mieleamaro, il tour di presentazione del libro di Sara Chessa, giornalista sarda residente in Inghilterra, dedicato alla vicenda che vede Julian Assange , considerato nemico pubblico dagli USA, dal titolo “Distruggere Assange” Castelvecchi editore. L’iniziativa, che toccherà diversi centri dell’isola, è organizzata dal coordinamento Intersezionale Sardegna in collaborazione con la testata giornalistica Sardegna Reporter 24 e con alcune sigle che variano a seconda del luogo. 

L’autrice è da tempo residente nel Regno Unito, dove lavora come giornalista per Independent Australia e come ricercatrice per Bridges for Media Freedom, organizzazione impegnata nell’ambito dei diritti umani e della difesa della libertà di informazione e di pensiero. Collabora inoltre con la rivista Micromega e segue da vicino il caso Assange, sia nelle sue vicende londinesi sia in altri contesti rilevanti – per esempio presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Ha mantenuto forti legami con la Sardegna e fa parte del coordinamento Intersezionale che ha lanciato la presentazione del suo libro. 

Il caso di Julian Assange, la cui colpa è quella di aver adempiuto al dovere professionale di giornalista, ovvero di fare informazione, attraversa le cronache del mondo da diversi anni, a partire precisamente dalla pubblicazione nel 2010 come editore del sito web WikiLeaks, di quasi mezzo milione di documenti relativi alle guerre statunitensi in Iraq e Afghanistan. “Nel dicembre dello stesso anno è stato arrestato a Londra in seguito a un mandato di cattura internazionale per stupro e molestie emesso da un tribunale svedese e rilasciato qualche giorno più tardi.

Nel settembre 2011 ha annunciato di avere reso consultabile in rete, attraverso l’immissione di una parola-chiave, l’intero archivio dei cablogrammi contenenti informazioni confidenziali inviate dalle ambasciate statunitensi al Dipartimento di Stato. Nel maggio 2012 la Corte suprema britannica ha definitivamente respinto i suoi appelli contro l’estradizione in Svezia, dove dovrà essere processato per i reati ascrittigli.

Per evitare il probabile trasferimento negli Usa e l’estradizione, nel giugno successivo Assange si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, ottenendo asilo politico. Nell’aprile 2019, dopo la revoca del diritto di asilo da parte dell’Ecuador per violazioni della convenzione internazionale è stato tratto in arresto dalla polizia britannica nella sede diplomatica di Quito a Londra; nel gennaio 2021 il tribunale penale di Londra, in considerazione delle condizioni di salute mentale del fondatore di Wikileaks, ha respinto la richiesta di estradizione presentata dagli Stati Uniti, che è stata accolta dal governo britannico solo nel giugno 2022” (fonte Treccani). Al momento si trova ancora nel carcere di Belmarsh, in Inghilterra. 

Il libro di Sara Chessa, che comprende un’intervista al padre di Assange, documenta da Londra la vicenda del protagonista a partire dal suo arresto, il processo e le azioni degli attivisti per i diritti umani di tutto il mondo che si sono uniti alla battaglia per un’idea democratica di civiltà e di libertà di informazione, contro la violenta persecuzione senza risparmio di mezzi da parte delle superpotenze occidentali – gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i loro alleati muti – ai danni di un unico uomo con il preciso scopo di scoraggiare chiunque cerchi di portare avanti l’ideale del giornalismo di interesse pubblico. Una narrazione alternativa e libera, contro la campagna diffamatoria preparata per l’editore dai suoi oppressori, “un racconto fatto di persone e di speranza e che restituisce al pubblico la dimensione di questa vergognosa pagina della Storia occidentale”. Nell’ottobre dello scorso anno un’enorme folla, da tanti paesi del mondo, Italia compresa, ha circondato il parlamento britannico per dire ai parlamentari che la prigionia politica di Julian Assange li discredita e discredita anche il loro sistema di giustizia, e da allora manifestazioni a sostegno di colui che Sara Chessa definisce giustamente “prigioniero politico” continuano a svolgersi nel mondo occidentale e in tutta Europa.  

E’ notizia di ieri che l’Alta Corte britannica ha annunciato che la richiesta di Assange di presentare appello contro la sentenza di primo grado, presentata dal suo team legale quasi dieci mesi fa, è stata rifiutata. “Ora che il percorso nelle corti nazionali si chiude, si tratterà di volgersi verso la Corte Europea dei Diritti Umani, che però – come ho spiegato altre volte – ha tempi molto lunghi” scrive Sara Chessa sulla sua pagina Facebook. 

“Soprattutto, però, ora che la battaglia legale si fa ancora più ardua, si tratta – per la società civile – di potenziare più che mai la battaglia politica, spingendo i governi occidentali a entrare nel dialogo diplomatico così come ha fatto il primo ministro australiano Anthony Albanese, di fronte a una forte pressione. Io credo- prosegue la giornalista- in questa battaglia di tutte e di tutti. Credo che sia possibile portare i governi occidentali a comportarsi non da servi ma da alleati degli Stati Uniti, quali sostengono di essere. Un alleato, se stai facendo a pezzi la tua Costituzione, te lo dice.  

Dobbiamo portarli a unirsi a Anthony Albanese nel chiedere a Biden di archiviare le accuse contro Assange. Accuse che vogliono dire una sola cosa: i cittadini e le cittadine non avevano diritto a conoscere la verità. 

Spero che a Londra, il 24 giugno, saremo milioni di fronte al Parlamento.” 

Lo speriamo anche noi nel nome di una epocale battaglia in un momento di profonda crisi della libertà di informazione e dunque delle democrazie. 

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