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Chemical Bros e la minaccia del fluoro: un viaggio che parte dalla Sardegna

De Roberta Olianas

Una bella serata estiva ha fatto da cornice domenica alla prima proiezione in Sardegna di Chemical Bros, docufilm sulla produzione e lavorazione dei derivati del fluoro, ideato e diretto dal regista Massimiliano Mazzotta, in collaborazione con Medicina Democratica e col sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission. L’evento, organizzato a Villanovaforru nella piazza principale, uno spazio compreso tra il municipio, la chiesa ed il museo archeologico, ha coinvolto un numero cospicuo di partecipanti – oltre trecento presenti – che fa ben sperare su un’attenzione crescente rivolta ai temi dell’ambiente, della salubrità dei luoghi e della tutela del territorio. 

Il regista Massimiliano Mazzotta è impegnato da anni nella produzione di documentari sulle tematiche ambientali, a partire dal noto lungometraggio “OIL”, vera e propria inchiesta sulla Saras, gigante della petrolchimica, sita a Sarroch, eccellente lavoro costatogli delle denunce e diffide alla divulgazione, poi ridottesi in un nulla di fatto. Il suo ultimo lavoro, Chemical Bros, ha riscosso grande apprezzamento del pubblico e ha trovato casa nelle colline della Marmilla, a Villanovaforru, che ha il merito di ospitare anche il LIFE AFTER OIL International Film Festival, giunto alla sua nona edizione, di cui Mazzotta è direttore artistico. 

Il focus del documentario è l’indagine sull’attività della società Fluorsid, colosso e primo produttore al mondo dei fluoroderivati.

La società Fluorsid appartiene all’imprenditore Tommaso Giulini, attualmente presidente del Cagliari Calcio. Senza voler entrare troppo nella descrizione del film, del quale consiglio vivamente la visione, e consentire così a chi legge di avvicinarvisi senza pregiudizi o influenze, il documentario prende le mosse da una dedica al grande Stanley Kubrick e ripropone una scena del film “Il dottor Stranamore” che fa riferimento al pericolo di avvelenamento da fluoruri.  

Attraverso un sapiente lavoro di montaggio, Mazzotta mette insieme i tasselli che restituiscono il dietro le quinte dello sviluppo industriale e, oltre che con le immagini, lo fa con le testimonianze vive di alcuni dei protagonisti: i minatori, coi loro racconti di sfruttamento e morte; gli agricoltori e allevatori dell’area intorno alla Fluorsid, costretti a buttare gran parte dei raccolti, evidentemente contaminati, e ad assistere alla morte di capi ovini in numero inaccettabile e sospetto. 

Inizia così un viaggio che, partendo dalle attività estrattive avviate nel 1953 nella miniera di Silius, approda all’enorme stabilimento della Fluorsid, sito nel gigantesco agglomerato industriale di Macchiareddu, e mette in luce la pericolosità dell’inquinamento di tutta l’area cagionato dalla presenza di fluoruri, scarti di lavorazione altamente tossici e presenti in quantità abnormi. 

Il deterioramento ambientale della zona, data la grande concentrazione di attività industriali ad elevato tasso di inquinamento, è un dato di fatto ormai noto ai più, soprattutto in seguito allo scandalo che nel 2017 travolse la Fluorsid, al centro di un’inchiesta della Procura di Cagliari e accusata dei reati di disastro ambientale e smaltimento illecito di rifiuti.  Del resto, gli esiti dannosi della produzione sembrano essere gli stessi anche in un’altra area di attività della Fluorsid, precisamente nella contea inglese del Derbyshire, dove la popolazione lamenta la contaminazione dei fiumi. 

Chemical Bros offre però altri elementi e mette in luce aspetti a quel tempo rimasti in ombra.

Il primo è il possibile coinvolgimento della Heineken, produttrice della birra Ichnusa in uno stabilimento vicino alla Fluorsid, che utilizzerebbe acqua contaminata, estratta direttamente da pozzi di profondità.  Le analisi chimiche sulla birra, fatte su iniziativa di un privato cittadino e della Onlus Medicina Democratica, avrebbero avuto esiti preoccupanti circa i livelli di fluoriti nel prodotto finito. Abbastanza da chiedere chiarimenti all’ ARPAS, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna. 

Di sicuro interesse è la parte relativa alla grande diffusione dei fluoroderivati sul mercato, non solo per oggetti di uso comune, ma anche in ambito militare, nei processi di arricchimento dell’uranio. Risulta perciò inevitabile il collegamento con le questioni relative alle servitù militari ed ai dati sui soldati ammalatisi nelle varie missioni e nei poligoni sul territorio sardo. 

Un’altra finestra aperta dal documentario è quella che riguarda il Veneto, dove associazioni di cittadini combattono una battaglia contro l’inquinamento da fluoriti che ha compromesso irrimediabilmente la falda acquifera, coi conseguenti ed inevitabili rischi di avvelenamento, riguardanti persino i neonati attraverso la suzione del latte materno. 

Una comunanza di popolazioni, quindi, legate dal destino comune di dover pretendere trasparenza e tutela della salute come valore imprescindibile e superiore a qualsiasi necessità dei comparti produttivi. 

Al termine della proiezione si è aperto un vivace dibattito alla presenza del regista e del sindaco Maurizio Onnis. Sono stati diversi gli interventi del pubblico, con il coinvolgimento diretto anche dei protagonisti delle interviste contenute nel documentario.  

Due aspetti, a mio parere, sono emersi prepotentemente dal confronto. Il primo è il riconoscimento del coraggio di coloro che, contro il senso comune che instilla la paura dell’esporsi in prima persona, hanno raccontato le loro esperienze, denunciando pubblicamente le storture di un sistema che corre verso il profitto non curandosi di ciò che ha intorno. Il coraggio correlato al concetto della dignità, che rende impossibile accettare di buon grado ed in religioso silenzio ciò che si ritiene profondamente ingiusto, soprattutto se a farne le spese è la comunità nel suo insieme. Mi ha colpito il ribaltamento della prospettiva: bisogna avere paura di stare zitti. 

Il secondo aspetto è relativo alle reazioni conseguenti alla presa di coscienza di fatti, abusi e pericoli come quelli raccontati da Chemical Bros: troppo spesso anche la peggiore delle speculazioni a danno del territorio produce un’ondata di indignazione che evapora molto presto e, a fronte di realtà associative e di comitati che portano avanti lotte di resistenza, ciò che manca è il coinvolgimento più capillare delle masse per fare fronte comune, che forse impedirebbe al singolo cittadino di sentirsi così vulnerabile. Dall’altra parte il contraltare è l’assordante silenzio dell’Arpas e della RAS, entrambi sollecitati dal regista ad offrire la loro versione dei fatti, ma i cui pareri non sono mai pervenuti. 

Restano i sindaci, le autorità che sulla carta sono le figure più vicine ai cittadini, stretti tra interessi diversi e che, a prescindere dal loro schieramento politico, si trovano a dover gestire un quadro composto da esigenze che sempre più ci appaiono diametralmente opposte ed inconciliabili: quella della tutela della salute pubblica della comunità e del territorio che amministrano e quella dello sviluppo produttivo. 

Chemical Bros non offre un giudizio preconfezionato, ma stimola una riflessione sul presente perché da essa possano scaturire una consapevolezza diffusa e un serio ragionamento sull’opportunità di modelli nei quali sembra non esserci altra via se non quella di scegliere tra la vita ed il lavoro. Nell’eterno confronto dei dati, tra ipotesi e smentite, resta il dubbio sul destino di un intero territorio, del suolo e delle acque, e su quanto saremo capaci di agire, ciascuno con la sua infinitesima goccia. 


Fotografia: Maurizio Onnis

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3 commenti

  1. Grazie del bell’articolo. Sono contento di aver lasciato e che sia stato colto sia il messaggio della coscienza per cui ci vuole coraggio ad andare a letto senza dire una parola su questi crimini, sia la suggestione che siamo singole gocce ma messe insieme possiamo essere la sorgente di un grande fiume che può portare nutrimento e dar vita ad una consapevolezza collettiva dell’improrogabilità di un cambiamento nella gestione del bene comune a partire dalla salute.

  2. Il cambio di prospettiva è fondamentale per mettere al primo posto la salute psico fisica e la dignità della comunità abbattendo definitivamente la logica del ricatto del Lavoro. Complimenti per il vostro lavoro di sensibilizzazione.

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