3 considerazioni sull’inconsistenza dell’insularità in costituzione
De Ivan Monni
È ufficiale: la Sardegna è isola bagnata dai mari. Nell’esultanza e nel grido di vittoria dell’Unione Sarda e dei Riformatori sta tutta l’inconsistenza della visione politica sarda. Ufficializzare questa ovvietà in costituzione ha almeno 3 tipi di ripercussioni:
Identitarie
L’inserimento in costituzione dell’insularità è una battaglia puramente di immagine, dà ai sardi l’illusione di contare qualcosa nel parlamento italiano. Non solo. Ci fa sentire più vicini al “resto della penisola”, come se noi fossimo un’estensione dello stivale, un po’ fuori mano. I sardi si sentiranno più italiani. Si va verso l’assimilazione completa da “sardi-ma-anche-italiani” ai nuovi “italiani di Sardegna”. Si va verso l’oblìo della nazione sarda.
Economiche
È pura illusione quella di credere di aver strappato delle concessioni che diventeranno rivendicazioni economiche in futuro. La legge, in fase di approvazione, era stata accuratamente depurata da tutti gli elementi che riguardavano le rivendicazioni economiche, per lasciare sul campo una legge puramente di facciata. Dal dichiararci isola per legge al ricevere contributi economici il passo non è automatico. Basta vedere come funziona la continuità territoriale (che è già legge) o cosa è successo con la vertenza entrate, per capire quanto il governo italiano sia restio a inviare quattrini (nel secondo caso dovuti, in quanto tasse degli stessi sardi). Ma questo è il danno minore. Quello peggiore è che ancora si ha un’idea di Sardegna assistita, l’unico modello economico a disposizione della classe politica di Sardegna e di gran parte della popolazione. La solita idea di Sardegna minore, incapace di autodeterminarsi, elemosiniera, pedidora e accattona. Umiliata e derisa!
Politiche
Politicamente, decantata come vittoria, è in realtà una sconfitta di fatto. È una sconfitta della Nazione sarda, che nelle istituzioni italiane conta pochissimo e in quelle europee è praticamente assente, se si esclude l’eccezione del 2014, in cui per un gioco di varie combinazioni riuscimmo ad eleggere 3 rappresentanti in Europa. Malta, indipendente dal 1964, poco più di 500 mila abitanti, conta 6 europarlamentari. Non solo. La maltese Roberta Metsola è presidente del parlamento europeo. L’inconsistenza politica sarda sta tutta in questo paragone. Non è solo un fatto numerico (visto che Malta ha meno abitanti della Sardegna), ma di contesti politici in cui siamo integrati.
Inseriti nel modello statale italiano i numeri contano, ci rendono inconsistenti e scarsamente rappresentati nelle istituzioni statali e internazionali.
Questa legge non fa altro che assimilarci ulteriormente a questo modello istituzionale italiano, cui sarebbe meglio prendere invece le distanze. È il fallimento politico del popolo sardo in costituzione. Unica nota positiva? Finalmente l’agenda sarda potrà accantonare e dimenticare questo inutile passaggio politico.
Fotografia: Zero Calcare
Fonti
3 commenti
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Mi permetto di aggiungere una 4^ considerazione (ovviamente in rappresentanza del mio personale pensiero), cominciando da una domanda:
in quale momento l’insularità ha iniziato ad essere percepita come svantaggio/condanna/terribile condizione?
Non è una domanda retorica, bensì un invito a risponderci.
Forse dopo a devastazione per interessi esterni a decorrere dal ‘700 in poi (vedi cessione ai Savoia)? Distruzione dell’habitat boschivo per legname ferroviario? Per l’allevamento produttivo? Settore cerealicolo (granaio conto terzi)? Sfruttamento minerario (conto terzi e morti in loco)? La mussoliniana “portaerei nel Mediterraneo” (Mussolini è andato da quasi 90 anni, l’idea di Sardegna militarizzata è rimasto ed aumentato)? Il Piano di Rinascita (Condanna a Morte)? Il miraggio dello sfruttamento e deturpamento costiero ancora oggi forzato?
QUESTE appena citate sono solo alcune delle cause del “problema” dell’insularità percepita negativamente, in quanto QUESTE sono le cause dell’impoverimento economico-sociale-culturale della nostra terra, che ha portato a cercare il “benessere” altrove emigrando (camerieri/facchini/operai/minatori = benessere?).
Se la Sardegna nei MILLENNI è stata terra di desiderio e conquista NON può certo dirsi che lo fosse in quanto “territorio svantaggiato/disagiato”.
Se nei secoli è stata descritta come ricca, generosa, “un clima che permette 3 raccolti all’anno”, con flora e fauna desiderabili;
Se per millenni una civiltà ha prosperato e anche condiviso con popolazioni esterne le ricchezze di quest’isola (i nuragici, raro esempio di civiltà estesa a tutto un territorio con le medesime o similissime caratteristiche, praticamente una nazione ante literam);
Inorridisco quando sento e leggo che la Sardegna si trova ai “margini del Mediterraneo” (Esattamente, non parole mie, ma di chi ha potere decisionale). MARGINI? La Sardegna sostanzialmente è da millenni il centro e crocevia favoritissimo nel Mediterraneo.
Ci raccontano e ci raccontiamo una miriade di inconsistenze, addirittura argomentandole.
Riprendo la citata Repubblica di Malta. Ebbene, se la Sardegna oltre Nazione fosse uno Stato, col suo PIL si troverebbe al 122° posto tra gli Stati del mondo, ben oltre il 139° di Malta (che in questo esempio scenderebbe al 140°). Perfino davanti all’Islanda, attualmente al 142° posto.
(Potete confrontare il Pil della Sardegna qui -> https://it.wikipedia.org/wiki/Sardegna con la classifica degli Stati per Pil qui -> https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_PIL_(PPA) );
tutto ciò con l’economia disastrata che abbiamo attualmente, con i mancati riconoscimenti economici dovuti dallo Stato italiano alla Sardegna, con le politiche scellerate che vengono proposte ed attuate.
Volutamente non entro nel merito di “collegamenti aerei/marittimi” e controllo ingressi durante la pandemia.
Mi scuso per l’essermi tanto dilungato, ma che l’insularità sia una “condizione di svantaggio”, io, come la storia, non lo accetto.
Cordialmente,
Andrea P.
PS: la Sardegna dipende dall’Italia? Soltanto facendo riferimento dal punto di vista energetico e militare l’Italia dipende fisicamente (letteralmente) dalla Sardegna, in modo tutt’altro che irrilevante (per volere dei governi italiani e connivenza dei governi sardi succedutisi).
Ci siamo fatti convincere di dipendere da chi invece dipende dalla Sardegna, da noi.
L’insularità, sebbene possa portare una sensazione di separazione geografica, non dovrebbe essere considerata un ostacolo alla solidarietà nazionale e alla coesione costituzionale.