Malta può farcela da sola
Cristian Virdis è laureato in Relazioni Internazionali all’Università di Cagliari. Da quasi 5 anni vive e lavora a Malta, dove ha avuto modo di vivere da vicino passaggi e contraddizioni che ne caratterizzano il percorso di autogoverno, tra globale e locale. Qui ci racconta di come un’isola non debba necessariamente dipendere da un “continente” per potersi autogovernare, con un articolo che già dal titolo vuole essere provocatorio e far vacillare alcune certezze, a favore del vecchio e sano esercizio del dubbio.
de Cristian Virdis
Nell’annoso dibattito tra indipendentisti e unionisti si sente spesso argomentare da questi ultimi che “la Sardegna non può farcela da sola“, per una ragione non meglio definita né tanto meno dimostrata/dimostrabile. Poi realizzi che vivi e lavori a Malta, un piccolo arcipelago nel Mediterraneo centrale di 316 km2, indipendente e membro UE e che ha espresso di recente la sua prima Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, e fatichi a comprendere le basi di questa tesi.
Prendendo ad esame l’aspetto meramente demografico, vediamo infatti che la Sardegna, “troppo piccola per potercela fare da sola” con i suoi 1,6 milioni di abitanti, rappresenta oltre il triplo di quelli dell’arcipelago maltese. Se guardiamo invece all’estensione territoriale, il confronto diventa poi ancora più marcato e la Sardegna, con i suoi 24.000 km2 di superficie, equivale a circa 76 (settantasei) volte l’estensione maltese.
Per quanto riguarda l’economia, l'”azzardo” dell’indipendenza maltese, proclamata nel 1964 dal Regno Unito, ha portato l’arcipelago a una crescita che, a partire dall’entrata in UE (2004) e nella Zona-Euro (2008), si è trasformata in un vero e proprio boom economico con tassi di crescita superiori al 5% annuo. Nonostante i suoi limiti geografici e morfologici, Malta ha infatti saputo approfittare della sua condizione di indipendenza per ovviare agli evidenti limiti strutturali e produttivi, focalizzando la sua strategia nazionale sul settore dei servizi, senza dover sottostare a priorità e interessi inter- e/o intra-nazionali non sempre in linea con le specificità locali.
Si portino ad esempio le agevolazioni fiscali che hanno attratto e convinto le maggiori aziende di scommesse online al mondo a trasferire le loro operazioni a Malta. A prescindere dall’esserne d’accordo o meno, questa scelta autonoma ha generato un indotto tale da rappresentare ancora oggi una delle principali colonne dell’economia maltese, contribuendo così anche a trasformare l’arcipelago in terra di immigrazione di giovani laureati o meno da tutta Europa, mentre sul versante sardo dobbiamo invece riscontrare la dinamica esattamente opposta.
Altro aspetto particolarmente rilevante è quello della rappresentanza politica in seno all’Unione Europea, quanto mai necessaria e dirimente per garantire che le istanze dei territori, in special modo se insulari, possano giocare un ruolo da protagonisti entrando fattivamente all’interno delle istituzioni europee e dei suoi processi decisionali, e non da meri spettatori.
È per questo che la questione diventa di cruciale interesse per isole come Malta e Sardegna. Quest’ultima, secondo una certa interpretazione diffusa nella penisola italiana (nonché sulla stessa isola sarda), qualora dovesse diventare indipendente e uscire dall’Italia, non avrebbe più voce in capitolo in sede UE.
Un teorema che si scontra però frontalmente con i numeri: se l’arcipelago maltese con i suoi circa 500mila abitanti, indipendente, può contare sulla rappresentanza di ben 6 Parlamentari Europei – di cui una, Roberta Metsola, neo-eletta alla Presidenza della stessa istituzione UE -, la Sardegna, con oltre 1,6 milioni di abitanti, non indipendente, conta su 0 (zero) rappresentanti nel Parlamento UE (la Sardegna condivide con la ben più popolosa Sicilia la circoscrizione insulare per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia).
Un ulteriore aspetto di non minore interesse per la Sardegna, territorio con la maggiore densità di siti archeologici in Italia e al mondo con i suoi circa 8000 Nuraghes censiti e disseminati per tutta l’isola, è quello della gestione e valorizzazione del patrimonio culturale e storico-archeologico. Una ricchezza ancora largamente inespressa con poche decine di siti archeologici propriamente scavati e resi fruibili, e con la storia della Civiltà Nuragica (la più antica civiltà conosciuta dell’odierno territorio dello Stato Italiano) che ancora fatica a comparire nei libri di testo della scuola italiana.
È una problematica che non tange invece Malta, la quale non solo riconosce le proprie radici e le pone alla base dell’identità nazionale senza ambiguità, ma che tramite l’agenzia governativa Heritage Malta ha coordinato e trasformato la percezione del suo patrimonio storico e archeologico, da peso, a opportunità di sviluppo: “Cultural heritage can act as a catalyst for Malta’s tourism potential and consequently contribute significantly to the economy“.
Tale disparità nell’effettiva conservazione e valorizzazione del proprio patrimonio archeologico trova ulteriore conferma anche nei dati ufficiali dell’UNESCO, con ben 3 siti riconosciuti Patrimonio Mondiale per Malta, nonostante la sua ridotta estensione territoriale, e soltanto 1, Su Nuraxi, per la Sardegna.
Un ultimo fondamentale tema sul quale Malta ce l’ha fatta egregiamente da sola, con un bilinguismo ufficiale e compiuto Maltese-Inglese, è quello della preservazione della sua Lingua Madre, un argomento sul quale le tesi sardiste vengono spesso liquidate come irricevibili, in quanto il Sardo verrebbe parlato da non più di un milione e mezzo di persone, e sarebbe quindi più utile imparare invece un’altra lingua, moderna e internazionale, come l’inglese.
E allora seguendo pedissequamente la stessa logica, si dovrebbe forse pensare e imparare dall’esperienza maltese, e istituire un bilinguismo non soltanto giusto, ma anche utile e produttivo, inserendo al fianco della lingua Sarda l’inglese come 2° lingua ufficiale (o 3°) di una Sardegna indipendente.
Why not?
Fotografie: Riccardo Pisu Maxia
3 commenti
Lascia un commento / Cummenta
I commenti saranno sottoposti ad approvazione prima della pubblicazione.
È vero, Malta ce l’ha fatta, e la Sardegna ? La Sardegna è ancora lontana dal raggiungere questo traguardo. Potenzialmente noi sardi abbiamo tutti gli strumenti per essere indipendenti, le risorse (naturali e culturali), le intelligenze e le capacità. La storia e la peculiarità geografica dell’isola protendono verso la sua indipendenza. Manca uno degli elementi fondamentali, la coscienza nazionale, diffusa tra i sardi, diffusa tra i politici sardi. Perché non basta che la vogliano gli indipendentisti, l’indipendenza passa anche per i palazzi istituzionali.
Est berus, Malta ci d’at fata, sa Sardigna ancora no. Eppuru teneus totu is “ ainas “ chi serbint po essiri indipendentis. Is richesas de sa natura e de sa cultura, is intelligentzias e is capacidadis. Sa storia e su collocu geograficu de s’isola nosta castiant a s’indipendentzia sua. Mancat sa cosa prus importanti: sa cuscienzia de nazioni spratzinada intra mesu is sardus, intra mesu is politicus sardus. Difatis no bastat chi da olant is indipendistas, s’ indipendentzia depit patiri puru dae su poderi politicu.
Articolo interessante in particolare per quanto riguarda il bilinguismo ufficiale a cui si può aggiungere credo, una diffusa conoscenza dell’italiano. Forse la descrizione della situazione di Malta appare troppo idilliaca. Premetto che non conosco Malta se non dalle informazioni che compaiono nei media italiani ma l’assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia ha fatto intravedere infiltrazioni della malavita organizzata che toccano o almeno lambiscono la classe dirigente. Infiltrazioni che ovviamente non hanno niente a che fare con fatto che sia indipendente. Sarebbe interessante comunque visto che l’autore vi risiede, un’analisi anche degli aspetti negativi. Sarebbe importante anche sapere che posizioni ha preso Malta riguardo alla questione Caralana. Sarebbe importante se, considerato la sua storia potesse diventare in Europa la “portavoce” delle numerose nazioni senza stato.