La Piattaforma per la democrazia energetica in Sardegna (ADES) presenta il suo Manifesto
Domani, sabato 12 febbraio si svolgerà a Cagliari un sit in con conferenza stampa organizzati dalla Piattaforma per la democrazia energetica in Sardegna (ADES), alle ore 10 in Viale Trento sotto il palazzo della regione.
La piattaforma nasce nello scorso mese di novembre a Bauladu dopo una serie di incontri promossi da diverse associazioni, tra cui in prima linea No Metano Sardegna, con l’obiettivo di creare un unico soggetto inclusivo, composto appunto da associazioni, comitati, singole individualità, in grado di convogliare, attraverso una “carta di identità” condivisa, le azioni e le lotte per una Sardegna sostenibile. Tra gli obiettivi della piattaforma, in continua evoluzione e aperta a quanti vorranno aderire, di primaria importanza è stare al fianco delle comunità che dovranno opporsi a progetti invasivi e non condivisi, con assemblee informative di appoggio e di supporto alle azioni sui territori; creare momenti di confronto/ incontro, anche alla luce delle norme più recenti; promuovere l’uso delle fonti rinnovabili spingendo verso le comunità energetiche e l’autoconsumo, ponendo molta attenzione all’evoluzione e gestione del processo affinché rimanga nelle mani delle comunità locali. Obiettivi che tendono in qualche modo a sottrarre la Sardegna a uno sfruttamento incontrollato da parte di multinazionali dell’Energia o comunque di grandi società che invece puntano al profitto e non certo alla tutela dell’ambiente e dell’interesse anche economico dei sardi.
Quello che segue è il “Manifesto”, propositivo e non solo oppositivo, seguito dal documento di presentazione, che la Piattaforma ADES illustrerà in occasione della conferenza stampa di sabato 12 a Cagliari.
PER UNA TRANSIZIONE ENERGETICA DEMOCRATICA E SOSTENIBILE
SI a un modello di produzione e distribuzione decentralizzato, diffuso e democratico basato sulle comunità energeticheSI ad assemblee e incontri pubblici di auto-formazione e di costruzione di progetti collettivi di autonomia energetica incentrati su rinnovabili e sostenibilità
SI alla riduzione dei consumi e all’efficientamento energetico
SI al risparmio delle risorse e al riciclo, NO al consumo di suolo e acqua
NO a progetti calati dall’alto, per i profitti di pochi, decisi senza il coinvolgimento delle comunità
NO a tutte le fonti fossili, senza “se” e senza “ma”
NO alla metanizzazione: NO al metanodotto, ai depositi costieri, alle gasiere/rigassificatori, alle centrali a gas, alle reti cittadine
SI agli impianti da fonti rinnovabili sostenibili di piccola taglia, NO ai grandi impianti non ecocompatibili e a fini speculativi
NO al nuovo elettrodotto Tyrrhenian link
SI all’idroelettrico da dighe esistenti dove ecocompatibile, anche in funzione di regolazione della rete
SI alla geotermia a bassa entalpia, NO alla geotermia industriale
NO alla cattura della CO2
NO al nucleare, NO al deposito delle scorie nucleari
SI alle bonifiche dei territori inquinati e all’istituzione del registro tumori
LA TRANSIZIONE ENERGETICA DEVE ESSERE DEMOCRATICA!
La Sardegna non è una piattaforma energetica
Sono ormai mesi che il dibattito pubblico sul futuro energetico della Sardegna è monopolizzato da una falsa narrazione, che schiaccia ogni opzione possibile nel campo di due presunti blocchi contrapposti. Da una parte, il blocco dei fautori della metanizzazione, che spingono per l’adozione di una tecnologia obsoleta e completamente contraria agli obiettivi di contrasto al riscaldamento climatico. Dall’altra i fautori di una “transizione energetica” verso le fonti rinnovabili completamente gestita dall’alto, delegata a pochi gruppi multinazionali, in un contesto di deregolamentazione che consenta il massimo della speculazione e il minimo del rispetto del territorio.
Contrapposizioni solo apparenti
Questi due presunti blocchi contrapposti sono in realtà profondamente solidali, nello stabilire il principio che il futuro energetico debba essere deciso da pochi, per l’interesse economico di pochi, nella totale indifferenza verso i bisogni delle comunità e verso l’imprescindibile rispetto del territorio. La contrapposizione che ci viene proposta è falsa.
Nella realtà, il territorio offre ampio spazio per le imprese predatorie degli uni e degli altri. Enel, Eni, Terna, Snam, sono i grossi poteri industriali legati allo stato che hanno già deciso il nostro futuro energetico, e stanno solo brigando per spartirsi il bottino del PNRR e delle altre agevolazioni che il governo italiano garantirà all’industria sotto la copertura della “transizione energetica”. Nel frattempo una enorme quantità di attori privati si è già lanciata sul territorio per accaparrarsi nel più breve tempo possibile le autorizzazioni per costruire impianti di energia da fonti rinnovabili, confidando in un futuro di agevolazioni governative e prezzi dell’energia gonfiati.
Sardegna come piattaforma energetica conto terzi
Questa sfida tra interessi economici si svolge tutta al di sopra delle teste della cittadinanza sarda. La Sardegna è intesa solo come un recipiente di interventi che vengono progettati altrove e porteranno profitti economici altrove. Una piattaforma nel cuore del Mediterraneo, ad uso e consumo delle differenti lobby dell’industria dell’energia.
Intanto, un tratto del metanodotto, alcuni depositi costieri, le reti cittadine del gas e nuovi impianti da fonti rinnovabili hanno già ottenuto il via libera. Una nuova governance collegata al PNRR facilita la realizzazione di nuovi interventi in campo energetico (come l’elettrodotto Campania – Sicilia – Sardegna). E oggi, stando a quanto si apprende dalla stampa, è in arrivo un DPCM (un’aberrazione sia giuridica che politica) con cui il governo stabilirà il corso della transizione energetica in Sardegna (previa consultazione di una giunta regionale supina ai progetti dei colossi energetici). Il rischio è che venga accolta ogni singola istanza proveniente dai player dell’industria energetica.
L’insostenibile “transizione”
Resta il fatto che i modelli di “transizione” che ci vengono proposti sono sempre gli stessi: da una parte le eterne promesse mancate dell’industria fossile, con il continuo reiterarsi della devastazione ambientale e morale che, dal Piano di rinascita in poi, è la cifra di questo sviluppo industriale di stampo coloniale.
Dall’altra, il modello della speculazione selvaggia sulle rinnovabili che abbiamo già visto specialmente negli anni tra il 2008 e il 2015, con la sottrazione di enormi porzioni di territorio dall’uso delle comunità, per destinarlo alla accumulazione di profitti milionari per speculatori aventi sede nel nord Italia, o in paesi esteri.
Questa non è una “transizione” energetica, è la stasi voluta dai poteri di sempre, che decretano come deve essere gestito il territorio fregandosene di chi quel territorio lo vive.
Uno spazio di confronto aperto
Non vi può essere transizione energetica senza democrazia energetica e senza una messa in discussione radicale del modello che la determina. Per questo occorre organizzare in fretta una resistenza dal basso, popolare, ai processi di accaparramento in atto sul futuro del sistema energetico. I cambiamenti che questa riconversione energetica comporterà saranno irreversibili “di fatto”, perciò la nostra terra andrà difesa con tutti gli strumenti alla nostra portata.
I tentativi di risposta che abbiamo messo in campo sinora sono stati frammentari, scoordinati, palesemente insufficienti. Occorre riaprire al più presto uno spazio di confronto aperto, partecipato, che metta insieme quanti pensano che l’unica transizione energetica sia quella che mette insieme partecipazione democratica, autonomia e benessere delle comunità, con il rispetto e la reintegrazione degli ecosistemi. Un’ottica completamente contrapposta a quella di chi ci ripropone, sotto nuove vesti verdi, il vecchio modello della speculazione economica, della centralizzazione politica delle decisioni e dei profitti, della spoliazione del territorio e della sottomissione delle comunità.
ADES
Assemblea per la democrazia energetica in Sardegna