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La R.A.S. Tratta il sardo come un dialetto locale, invece che come una lingua di popolo

Il CSU, Coordinamentu pro su Sardu Ufitziale, ha presentato per la Giornata Internazionale della Lingua Materna dello scorso 21 febbraio una Dichiarazione programmatica di denuncia sullo stato attuale della lingua sarda e delle altre lingue della Sardegna. Il seguente articolo ne riporta i passaggi salienti.In questi, il CSU parla di “inutili promesse di Solinas” e di una Regione che “riduce a dialetto folk” la lingua sarda, trattata “come un dialetto locale, invece che [come] una lingua di popolo” . 


de Paolo Mugoni


Nel giorno della Lingua materna internazionale, il movimento della lingua sarda si agita all’improvviso. Il Coordinamento per la Lingua Sarda Ufficiale, organizzazione tra le più conosciute tra militanti e operatori in fase di rinnovamento, denuncia l’operato del governo regionale sulla tutela della lingua e punta il dito sull’assessorato regionale dell’istruzione. “La concezione culturale e l’indirizzo politico che si intravede da parte dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione, competente sulla materia – si legge in un documento diffuso dal direttivo – sembra andare nella direzione di una valorizzazione abnorme di qualsiasi dialetto, variante, varietà territoriale, municipale o personale si presenti, di fatto ostacolando lo sviluppo dei numerosi passi avanti compiuti in passato per un bilinguismo ufficiale e una normalizzazione della lingua sarda”.

L’accusa è grave: in sostanza non solo gli uffici regionali avrebbero abbandonato ogni progetto di diffusione di norme grammaticali unitarie, ma avrebbero finanziato dei progetti scritti in un sardo che disprezza qualsiasi regola ortografica. Secondo il CSU, la maggioranza dei progetti, finanziati dalla Regione, denota l’utilizzo di diverse grafie, con una pericolosa e dannosa anarchia scrittoria che distrugge il prestigio del sardo. “Ci si chiede chi ispiri questa politica, se esista una responsabilità tecnica o politica su questa scelta – afferma il documento – finanziata con i soldi pubblici, e se la Regione intenda discuterne oppure intenda andare avanti in quello che noi riteniamo un uso improprio della lingua”. Le bordate sono soprattutto per l’assessore regionale ai beni culturali Andrea Biancareddu e il suo staff dirigenziale, ma non si risparmiano critiche al Presidente Christian Solinas reo, a parere degli esperti del CSU, di immobilismo e di aver appaltato ad altri il problema ‘limba sarda’ nonostante provenga da un partito dichiaratamente indipendentista che cita il sardo come lingua nazionale nel suo statuto.

“Pensiamo sinceramente che non possiamo perdere l’occasione di avere Presidente della Giunta un sardista che curi a fondo gli interessi (anche linguistici) dei sardi, ma crediamo anche che un Presidente sardista non possa permettersi il lusso che i suoi anni di governo passino senza lasciare un’impronta storica sulla questione linguistica. Non bastano più,  insomma, ai militanti le dichiarazioni in sardo per Sa Die o i programmi RAI domenicali alle 9 del mattino, che rischiano di essere meri atti simbolici. Sarebbe gradita una politica coerente con i programmi elettorali e un assessorato più attento alle politiche linguistiche.

Si chiede una “pianificazione linguistica seria che sia un volano per potenziare la nostra identità collettiva, nel rispetto della multiforme ricchezza delle varietà locali, un planning d’azione perché al sardo possa essere riconosciuto lo stesso status al pari di altre lingue ufficiali, insegnandolo nelle scuole, come avviene altrove, al fine di salvaguardarlo come, peraltro, sancito dalle legge statale 482/99”. Per il CSU invece il governo a trazione sardista tradisce l’idea di “lingua nazionale unitaria così come fu immaginata dai nostri padri Simon Mossa, Emilio Lussu o Giovanni Lilliu. Senza addentrarci in più dettagliate considerazioni, anzi, con la speranza di avere altre occasioni per fare ciò, all’insegna di un confronto serio – scrivono i firmatari del documento – con i rappresentanti regionali, ciò che si rileva oggi nell’isola è la generale situazione della linea perseguita dalla Regione, che fa emergere un anacronistico ritorno alla dialettizzazione e folklorizzazione politica del nostro idioma”.

Non si limitano alla denuncia gli attivisti del Coordinamento, ma avanzano proposte: avocazione alla Presidenza delle competenze linguistiche, riforma dello Statuto, abrogazione della legge 22, standardizzazione della lingua, dipartimento linguistico, strumenti didattici unitari, grammàtica e dizionario normativi invece che miriadi di libri ognuno scritto con regole diverse. Il Comitato chiede incontri con i responsabili politici, i partiti e le istituzioni.

Il documento è consultabile qui qui.

Foto de presentada: LexScope on Unsplash

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