Raccontiamoci, non facciamoci raccontare
de Silvia Porcu
Quante volte ci è capitato di vedere diffuse nei libri, in tv, in radio o nei social, informazioni relative alla Sardegna che non hanno il senso della realtàe non ci raccontano adeguatamente? Cosa penseremmo se queste informazioni, che possiamo definire distorte, fossero anche sui libri scolastici dei nostri figli e figlie? E abbiamo un’idea di quanto possa nuocere, in senso individuale e collettivo, l’interiorizzazione di nozioni travisate? Queste domande scaturiscono dalla visione di immagini circolanti su facebook, tratte da manuali scolastici. A colpire è spesso l’immagine della cartina geografica della Sardegna, corredata di informazioni erronee o condizionate da una visione soggettiva.
È importante sforzarsi di leggere in modo critico i libri in cui ci riversiamo, più o meno consapevolmente, per conoscere noi stessi. Antonio Loi, in Sardegna, geografia di un’isola, riporta considerazioni interessanti rispetto all’approccio alla geografia umana sarda nell’ambito universitario cagliaritano. Stando a Loi, docente universitario di Geografia a Cagliari dalla fine degli anni ’90 ai primi anni 2000, il primo libro di Geografia umana sarda più vicino all’attendibilità scientifica è Pâtres et paysans de la Sardaigne di Maurice Le Lannou. Pubblicato nel ‘41 e tradotto in italiano da Manlio Brigaglia, arriva nell’isola solo nel ‘79 col titolo Pastori e contadini di Sardegna. La circolazione del testo avviene in Sardegna circa quarant’anni dopo la prima pubblicazione riportando la narrazione di una realtà distante e ancorata al passato. Il testo del geografo francese restituisce comunque un’indagine dettagliata sulla Sardegna degli anni ‘30, perpetuando però stereotipi e determinismi che tolgono credibilità al manuale. Un esempio fra tanti, ancora attuale, è quello dell’insularità come sinonimo di isolamento.
Ma è veramente così? Fra insularità […] e isolamento non vi è infatti, rapporto consequenziale e diretto, dice Loi. L’insistenza del binomio insularità-isolamento è uno dei tanti tentativi di deresponsabilizzare le volontà storiche e politiche, attribuendo il fardello delle problematiche isolane alla sola condizione geografica. Marcello Tanca osserva inoltre che per il paesaggio si può dire ciò che Tzvetan Todorov osserva a proposito della lingua e della cultura, e cioè che quando queste vengono giudicate col metro di un’altra lingua e un’altra cultura, ogni differenza viene sentita come una carenza.
Un altro testo rilevante ai fini accademici sarebbe il volume UTET: Sardegna, di Alberto Mori, del 1966. Mori, docente di Geografia all’Università di Cagliari dal ‘47 al ‘54, eredita molto da Le Lannou, seguendo la via dei determinismi naturali e andando ben oltre. Il Loi raccoglie infatti una serie di assunzioni al limite del discriminatorio. I sardi rasenterebbero un vero immiserimento del tipo umano, avrebbero poi (tutti, nessuno escluso!) un carattere introverso, cauto, riservato, attaccato alle tradizioni ma anche orgoglioso e sospetto, e risentirebbero della mancanza di una storia propria. Come ci sentiamo sapendo che l’autore di queste affermazioni ha preso parte alla formazione di studenti sardi?
Ma facciamo un passo indietro. La disciplina geografica compare nelle facoltà di Lettere e Filosofia e di Magistero dell’Università di Cagliari nel ’25-26. L’insegnamento si va affermando nei vent’anni successivi, in cui secondo i dati riportati da Loi, i docenti non sardi erano in maggioranza rispetto a quelli sardi. La letteratura accademica di riferimento, nelle prime fasi di sviluppo della disciplina, era in generale piuttosto scarna. La produzione dei titoli accademici è inoltre da attribuire a geografi forestieri considerati maestri – quindi intoccabili – che spesso non sostavano in Sardegna il tempo necessario per cogliere in toto i mutamenti storici ed economico-sociali e i molteplici aspetti della realtà sarda. L’orientamento lacunoso degli strumenti disciplinari, uniti alla provenienza esterna dei docenti, hanno creato i presupposti per una narrazione avversa ai sardi, poiché monca e inattendibile scientificamente. La maggioranza dei docenti forestieri si è protratta fino al principio degli anni ‘60. Si è dunque stabilita una vera e propria egemonia, grazie anche al peso istituzionale degli insegnanti. I docenti sardi, che hanno raggiunto una maggioranza numerica solo all’inizio degli anni ’60, hanno in parte subìto e in parte accolto l’eredità di una visione lontana dai criteri scientifici e ‘rielaborata’ dal punto di vista storico.
Fino agli anni ’90, secondo i libri di Geografia utilizzati alle scuole medie i sardi si arroccano nel loro orgoglio e nelle loro tradizioni di fronte alla modernità, i sistemi di allevamento sostanzialmente non sono mai cambiati dai tempi della conquista cartaginese e i poveri sardi, vivono la condizione insulare con sofferenza o rimpianto. Una disciplina diffusa a queste condizioni, non può che agevolare l’interiorizzazione di nozioni incompatibili con la realtà, che ancora oggi resistono, diversamente non ci indigneremmo sfogliando un manuale scolastico.
Vivere avendo a riferimento un sistema culturale che racconta solo in parte da dove veniamo o non lo fa affatto incide profondamente sulla nostra autostima e sulle nostre capacità di crescita. Ribaltare la visione dei sardi vittime di isolamento, clima sfavorevole, arretratezza culturale, diffidenza, chiusura, indole selvaggia ( etc etc…) non è semplice. La stasi dei pregiudizi e dei luoghi comuni ha un potere inimmaginabile ma non può che soccombere di fronte al dinamismo generato dall’insinuazione del dubbio. La consapevolezza che esiste una narrazione alternativa, a noi favorevole in quanto realistica, smaschera e mette al bando ogni appiattimento culturale. Mettere in dubbio il sistema istruttivo di riferimento comporta innumerevoli insidie, si può iniziare scegliendo di raccontarci e di non farci raccontare.
Foto de presentada: autora
Fonti
A. Loi, Sardegna. Geografia di una società, Cagliari, Edizioni AV, 2006.
M. Tanca, Il paesaggio tra iconemi, discontinuità e resistenze: incorporazione o sovrascrittura?, in A. Corsale, G. Sistu (a cura di), Sardegna. Geografie di un’isola, Milano, Franco Angeli, pp. 271-287.