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Le urgenze del Palazzo ai tempi della speculazione

Ognuno ha le sue urgenze. Anche in consiglio regionale hanno le loro. Che poi queste coincidano con quelle dei sardi, è tutto da verificare.

È una bella lettura quella del regolamento interno del consiglio regionale. La consiglio a tutti. Interessante per esempio l’articolo 71 che ricorda che l’iniziativa delle leggi spetta alla Giunta, ai Consiglieri regionali ed al Popolo sardo.

È interessante anche l’articolo 102 che prevede siano iscritti all’ordine del giorno e sottoposti all’esame del consiglio i progetti di legge non ancora esitati dalle Commissioni, qualora esprima voto favorevole la Conferenza dei capigruppo.

Quindi le leggi viaggiano su diversi binari. Alcune vengono proposte, esaminate dalle commissioni competenti e poi arrivano in consiglio. Altre vengono proposte e, attraverso una procedura d’urgenza, saltano la fase dell’esame nelle commissioni e approdano dritte dritte alla discussione in consiglio.

Il ricorso all’art. 102, quello ostinatamente negato per la legge Pratobello, non è certo un evento eccezionale nel consiglio regionale sardo. Anche l’attuale maggioranza lo ha utilizzato diverse volte, ed è molto interessante osservare quando, perchè e su quali leggi.

Una di queste per esempio, appena pochi giorni prima della consegna della legge Pratobello, riguarda le province.

Che storia quella delle province sarde.

Io non sono mai stata per l’abolizione delle province, neanche quando la furia demolitoria colpiva bersagli qua e là, portando molti consensi a chi se ne faceva interprete.

Ricordo bene, per esempio, quando si volevano abolire i piccoli comuni, (Grillo addirittura, maestro di abolizionismo spinto, per piccoli intendeva quelli sotto i 5000 abitanti), poi le province, poi il senato e così via smontando, come se i problemi dell’Italia e della Sardegna non risiedessero nella classe politica che occupava e occupa le istituzioni, ma nelle istituzioni stesse.

Comunque, in questo gioco strampalato, senza capo né coda, la più emblematica di tutte, è la storia delle province sarde.

Abolite, anzi no, sospese, anzi no, narcotizzate, ma sempre vive nella forma di veri e propri paradisi per amministratori straordinari e commissari non eletti ma nominati, oltre che profumatamente retribuiti, per amministrare risorse pubbliche senza alcun mandato popolare.

E non per 5/6 mesi, che sarebbe comunque troppo, ma per anni e anni, uno dopo l’altro, come fosse cosa normale.

Io non so quanti sardi si siano accorti, in tutto questo tempo, che il risultato della furia abolitoria scatenata verso il 2010 non aveva abolito le province ma solo le elezioni provinciali, e che le province continuavano la loro vita sonnolenta con i loro commissari, nominati e strapagati, e le loro competenze assai miseramente assolte, come può verificare chiunque osservi, per esempio, lo stato delle strade provinciali o gli edifici delle scuole superiori.

Io in questi anni mi sono chiesta spesso quando sarebbe finita la pacchia per i nominati e quando ci avrebbero restituito, a noi cittadini normali, la facoltà di eleggere chi governa e chi amministra, per nostro conto, i nostri territori e le nostre risorse.

Spesso mi sono domandata quando avrebbero messo termine, lor signori, a questa scandalosa sospensione della democrazia e spesso mi è venuto il sospetto che, se nessuno protestava, né da destra né da sinistra, né dal governo né dall’opposizione, la ragione poteva essere una sola: e cioè che la spartizione dei commissari fosse equa. Un po’ a te e un po’ a me, e tutti viviamo felici e contenti.

E così, di commissario in commissario, di riconferma in riconferma, siamo arrivati ad oggi, a giugno 2024 precisamente, con una nuova leggina, piccola piccola, arrivata dritta dritta, con procedura d’urgenza ( art 102) ed approvata in consiglio regionale . Appena pochi articoli per rinviare ancora, all’estate 2025 le elezioni provinciali della Sardegna, e per dire come si svolgeranno.

Non c’era niente da discutere su come si voterà, forse tra un anno? (Ormai il forse è obbligatorio).

Non c’era niente da discutere circa la questione se a votare presidenti e consigli provinciali potremmo andare tutti, come era paradossalmente in tempi migliori, oppure potranno votare, come pare, solo sindaci e consiglieri comunali?

Siamo una regione autonoma, la nostra competenza primaria sugli enti locali è indiscussa, come dimostra il fare e rifare province e città metropolitane, attività poco edificante su cui si è esercitata la classe politica sarda negli ultimi due decenni.

Non era necessaria nessuna discussione nelle commissioni per dire che “nelle elezioni provinciali si applicherà le disciplina statale”?

Era così urgente, saltando ogni passaggio nelle commissioni, dire che in Sardegna, presidenti e consigli provinciali si eleggeranno come deciderà il governo Meloni e la sua maggioranza di destra, e cioè affermare che, quasi sicuramente, gli unici con diritto di votare e di essere eletti saranno i sindaci e i consiglieri comunali.

Una procedura urgente (art. 102) per dire che si rinuncia tranquillamente ad esercitare, in senso democratico, la competenza primaria della regione autonoma sugli enti locali.

Ma che bravi! Praticamente sono arrivati a giugno senza muovere un dito, per dirci con urgenza e senza discussione che le elezioni provinciali sono rinviate ancora e che verosimilmente dovremo dimenticarci il nostro essere elettori.

Non altrettanto urgente è sembrato a lor signori dare a 210.000 cittadini sardi la dignità di una discussione sulla proposta da loro sottoscritta.

Quell’articolo 102, rifiutato ostinatamente per portare in aula la Legge Pratobello, lo hanno serenamente utilizzato per approvare veloci veloci l’ennesimo esproprio di possibilità e di diritto dei cittadini sardi:

il diritto di arrivare finalmente ad eleggere presidenti e consigli provinciali, sottraendoli ai nominati e ai soliti nominanti,

il diritto di tutti i cittadini di andare a votare e dunque di essere rappresentati nelle province,

il diritto della Sardegna di esercitare la sua autonomia almeno nelle materie per quali è pacificamente riconosciuta la sua competenza primaria, come nel caso degli enti locali.

Quando si dice che ci sono urgenze e urgenze…


Immagini: elaborazione S’I, su foto Indip e Lucia Chessa

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