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Alcuni ragionamenti in tema di fotovoltaico e terre agricole irrigue

Riceviamo dal professore Sergio Vacca, ex docente in pensione dell’Università di Sassari, in cui è stato professore associato di Pedologia (Scienza del suolo), un contributo relativo al problema della localizzazione degli impianti fotovoltaici e i conflitti che si creerebbero per l’agricoltura, in particolare quella irrigua.
S’indipendente è uno spazio aperto al dibattito.


Premesso che parlo e scrivo delle cose che so, per cui, nell’argomentare brevemente di energia da fonti rinnovabili, prendo unicamente in considerazione la tecnologia del fotovoltaico, che tende ad occupare superfici vastissime di terre.

Gli impianti fotovoltaici richiedono superfici pianeggianti per consentire la massima disponibilità di ore di insolazione, in una forbice variabile – con l’obiettivo di raggiungere, unitamente all’eolico, una potenza di 6,264 GW – tra i 40.000 ed i 70.000 ettari.

Riaffermo l’ovvio: in termini di rapporto con idonee superfici di sedime, gli impianti fotovoltaici entrano in competizione con qualsiasi forma di utilizzazione, agraria e non, che sottragga aree a tali impianti; infatti, la loro produttività energetica è in relazione diretta con le superfici esposte alla captazione della radiazione solare.

Riguardo a questo aspetto, occorre ricordare che quelle considerate dalle società proponenti aree di sedime del fotovoltaico sono i Suoli, corpi naturali deputati alla produzione di biomassa vegetale, sia essa agraria, sia forestale. I suoli sono numerosi e diversi tra loro, in relazione alla loro origine. I fattori pedogenetici, ossia quelli che li generano, sono il clima, la roccia da cui derivano, la morfologia, gli organismi viventi (vegetali animali), il tempo.

Ne deriva che, a seconda delle condizioni d’origine e dei caratteri che ne conseguono, si abbiano suoli più fertili e suoli meno fertili. E’ appena il caso di sottolineare che il trasferimento di funzione di un suolo, da produttore di biomassa vegetale agricola, alla funzione di sedime di impianti energetici, debba necessariamente tener conto del valore della qualità dei suoli. Maggiore è la qualità, ossia la fertilità, di questi suoli, maggiore deve essere l’attenzione alla loro protezione e salvaguardia!

Peraltro, certamente non sfuggirà che la gran parte delle richieste presentate dalle società che intendano installare impianti energetici basati sulla tecnologia fotovoltaica, riguardano terre a destinazione agricola, classificate nei Piani Urbanistici Comunali “E-agricola”.

Come affermato in precedenza, la verifica delle “vocazionalità” delle aree a sostenere tali impianti, necessita in primo luogo l’accertamento delle caratteristiche radiometriche del sito/dei siti che risultino favorevoli alla produzione energetica e che la morfologia sia pianeggiante, ovvero sia caratterizzata dall’assenza, o da minimi, gradienti di quota. In Sardegna, tali aree sono state censite e studiate, per una superficie di circa 420 mila ettari, nell’ambito del processo di pianificazione del settore agricolo, con la finalità di individuare le aree irrigabili della Sardegna, all’interno del Piano Generale delle Acque della Sardegna (Aru A, Baldaccini P, Vacca S,1986, I suoli irrigabili della Sardegna).

La valutazione degli usi irrigui fu basata sul censimento e valutazione di tutti gli elementi agronomici e pedologici riguardanti, non solo le aree irrigue allora esistenti, ma soprattutto sull’individuazione di nuove aree che, in funzione delle loro caratteristiche, come l’assenza di pendenze o la presenza di gradienti minimi di pendenza, risultassero convenientemente irrigabili.

Attraverso idonee indagini pedologiche, seguite dall’interpretazione applicativa con criteri omogenei, utilizzando le metodiche proposte dall’U.S. Bureau of Reclamation, 1953, Land Classification for Irrigation e dalla FAO, 1983 – 1985, Guideline for rainfed agriculture e Land Evaluation for irrigation, stabilendo l’attitudine all’irrigazione delle Terre ed il relativo grado.

Furono quindi realizzati due documenti cartografici: la carta dei suoli irrigabili, alla scala 1:100.000 e la carta dell’attitudine del territorio all’irrigazione, alla scala 1:250.000, per le aree individuate nell’ambito dell’intero territorio regionale. Quest’ultima carta, in allegato, evidenza le terre irrigabili, 4 classi (dalla I^ alla IV^, colori giallo, verde, azzurro e marron, con livelli di attitudine decrescenti) e due, che rappresentano le terre non irrigabili (V^ e VI^). La realizzazione di tali documenti fu voluta dalla Regione Sardegna e dalla Cassa per il Mezzogiorno e sono in possesso della stessa RAS.

In sintesi, le terre rappresentate in questi documenti, non possono essere destinate ad altri usi, che non siano quelli agricoli, pena la perdita di un patrimonio (pedo)genetico di inestimabile valore, che dovrà essere destinato intatto alle future generazioni. All’interno delle aree irrigabili, o già irrigue, si può fare un ragionamento sulla possibilità di introdurre impianti di fotovoltaico, unicamente per le terre classificate nella IV^ classe, attivando un rapporto con gli Enti Locali, titolari di territori, che tuttavia sia oneroso per le società proponenti.

Carta, in scala 1:250.000, che rappresenta la distribuzione nel territorio sardo delle terre irrigabili.

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