A proposito dell’appello all’unità di Bachisio Bandinu – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
Bachisio Bandinu ha lanciato un appello all’unità di comitati, gruppi e associazioni. L’intento è lodevole, la fase politica è frizzante. Su queste pagine abbiamo pubblicato l’appello degli intellettuali e archeologhi Giovanni Ugas e Raimondo Zucca.
Scriverò sulla questione unità liberamente, riferendomi non per forza al testo di Bandinu.
Molto spesso ci siamo ripetuti due stereotipi, falsi ma molto potenti: “centu concas, centu berritas“, e “poco, locos y malos unidos” (a proposito, il 5-6 ottobre ci sarà Fàulas, il festival che ribalta i luoghi comuni sulla Sardegna, promosso da ANS, Assemblea Natzionale Sarda).
Se guardiamo bene tutti gli stati sono divisi.
L’Italia tra nord-sud, Sì euro – No euro, immigrati – no immigrati, destra – sinistra, ponte sullo stretto – no ponte sullo stretto, tav o no tav. Guardate un talk show qualsiasi, e ditemi se gli italiani sono uniti.
Della Francia vogliamo parlarne? Gilet gialli, destra – sinistra, Le Pen, camionisti e agricoltori, le rivolte delle Banlieu, la questione corsa, basca, della Bretagna.
Stessi problemi li troviamo in Spagna, Regno Unito, e in tutti i paesi europei.
La Germania nazista e l’Italia fascista avevano un’unica berrita per tutte le teste, ma non è andata molto bene.
Centu concas, centu ciorbeddus, aici siat!
L’unità nella lotta sarda è già insita nell’obiettivo, che è diventato sentimento comune: fermare la “quarta colonizzazione“.
La resistenza è ormai un fenomeno di massa, per cui diventa difficilissimo racchiuderla in un unico involucro, il dibattito è aperto da un anno e mezzo (dieci anni se consideriamo l’embrione del coordinamento) ad intensità crescente, fino ad arrivare al duplice successo popolare: la manifestazione del 30 agosto e le firme della Pratobello.
La manifestazione è stata un successo, i media che sminuiscono i numeri peggio della questura (La Nuova Sardegna e Cagliaripad) si qualificano da soli.
Il popolo era unito.
Piccoli screzi di piazza non inficeranno la rivolta di quella giornata.
Una persona che credeva di saperla lunga, qualche mese fa mi disse che i comitati erano formati solamente da una – due persone, presidente, vicepresidente, scatole vuote insomma. Gli ho risposto che nei comitati, da almeno un anno scorre il sangue, la passione politica è intensa e si respira vita come non mai era stata viva la natzione sarda da parecchi decenni a questa parte.
Qualche anno fa, l’allenatore Boskov commentava un focoso litigio sul campo tra due compagni di squadra con un laconico: “bene, c’è grinta”.
Non c’è crescita senza scontro (di idee si intende), in battaglia non si elargiscono ostie.
Unità di popolo, dei corpi intermedi, comitati, associazioni, gruppi.
Bandinu però mette in mezzo anche la giunta regionale, che avrà l’onere della decisione finale.
C’è un problema. È formata e sostenuta da partiti che hanno grosse responsabilità. Inoltre, i partiti dividono la popolazione in due/tre parti.
Il termine “partito” contiene in sé il termine parte, è di per sé parziale, dunque non unitario. Partito unitario è un ossimoro.
“Dividi et impera” dicevano i romani.
Ma nell’antica Roma, proprio mentre scoppiava la guerra civile tra Cesare e Pompeo (dunque era il dominatore a dividersi) i sardi non ne approfittarono, sposarono i “partiti” romani e si divisero tra cesariani (Karales) e pompeiani (Sulky), mentre ancora le popolazioni dell’interno bardanavano, facevano razzie (vedi tavola di bronzo di Esterzili di Elvio Agrippa sui Galillenses).
Cesare vinse e Sulky fu punita.
A dividere realmente è l’offerta truccata al coinvolgimento per la scelta delle “aree idonee”, la vera mossa vincente di Todde per spaccare la resistenza e per uscire dall’angolo.
Chiede ai comitati di toglierle le castagne dal fuoco, acceso dai comitati stessi.
I comitati avranno tappi sufficientemente efficaci per resistere alle lusinghe del canto della sirena?
La regione scarica la patata bollente sui sindaci a cui è stato chiesto di indicare le aree con vincoli, dunque tutte le altre verranno automaticamente dichiarate idonee. Nessun coinvolgimento politico, vista in questo modo sembra più un lavoro di segretariato delegato ai livelli più bassi: il lavoro sporco.
Qualcuno si scandalizza, ma si aspettava qualcosa di diverso? Stanno distribuendo servitù coloniali, coinvolgere significa cercare complici!
Andare a scegliere le “aree idonee” è un suicidio. Farà scoccare una guerra tra comuni e tra comitati territoriali e questi ultimi, che fino al giorno prima solidarizzavano tra loro, si ritroveranno in una posizione nimby in cui ognuno individuerà nel territorio del vicino un’area “più idonea” della propria. La disgregazione del tessuto sociale.
Al tempo del primo conto energia per sostenere il fotovoltaico, la regione Sardegna aggiunse ai contributi statali un 20% di incentivo per l’installazione. Al clic day ci fu un boom e molte persone rimasero fuori dai contributi regionali, tale era la domanda.
Todde dichiara: “Le uniche aree idonee sono quelle industriali”, mentre Spanedda rimbalza dicendo che saranno installate nelle aree già compromesse, ma non sui crinali delle colline.
Manca il pezzo fondamentale, quello più importante che non è passato.
Su questa rubrica ci siamo sgolati per far passare il messaggio che “Aree idonee” significa grandi impianti, cioè finanziare con soldi pubblici il grosso capitale, per giunta non sardo. Soldi che prenderanno il mare sardo.
Fotovoltaico sui tetti, o anche mini eolico, significa finanziare le comunità, le famiglie, le piccole e medie imprese che producono in Sardegna, i cui soldi resteranno nell’isola.
Accrescerebbe il dinamismo anche dei paesi dell’interno, che troverebbero una nuova funzione produttiva, una boccata d’ossigeno per quelle comunità in continuo spopolamento.
È mancato il focus economico sociale della transizione, la parolina “redistribuzione” non ha preso piede nel dibattito.
Abbiamo scambiato la transizione per una questione tecnica, ed abbiamo dimenticato le persone.
Vista la situazione politica attuale di corresponsabilità tra la destra e la sinistra sarda e italiana,
Visti i poteri dello statuto speciale sardo,
Visto l’atteggiamento del governo italiano e della consulta,
difficilmente le leggi sarde, pur protette da statuto speciale, passeranno, e non per questioni tecniche, ma perché qualsiasi legge che non coincida con il volere dell’Italia, su questa questione, non passerà.
Troppi soldi e troppi interessi girano attorno a questa transizione, molti dei soggetti favorevoli sono proprio coloro che lavorano nelle rinnovabili, che in questo momento sono nel panico (vedi intervista della Nuova Sardegna ad un attivista di Legambiente e consulente per eolico e fotovoltaico in Germania).
Hanno l’osso ben stretto tra le fauci e ringhiano a sentire parlare di colonialismo.
La parola “speculazione”, concetto meramente economico, non è sufficiente, in un contesto in cui quadro legislativo, finanziamenti, forze dell’ordine che reprimono la resistenza sono veicolati dallo stato italiano, nelle diverse sue forme. Occorre aggiungere la parola “coloniale” e i termini devono essere presenti entrambi “speculazione coloniale”.
Lo stato italiano si fa forte del principio scritto nello statuto sardo, in cui recita ghigliottinescamente, dopo aver concesso qualsiasi potere alla Sardegna: “col rispetto degli
obblighi internazionali e degli interessi nazionali“, concetto aleatorio, incerto, estendibile a piacimento, vero guinzaglio all’autonomia, ormai chiaramente arrivata al capolinea.
Inoltre per l’iter burocratico delle rinnovabili vale il “principio pubblico prevalente“, e il 7 agosto il governo italico ha presentato ancora ulteriori semplificazioni con un testo unico.
La forza della Pratobello 24 è la forza popolare che è riuscita ad attrarre, catalizzatore del malcontento, su cui la decisione italiana dovrà giocoforza scontrarsi.
Lo statuto da solo non basterà, il sostegno della popolazione sarda sarà determinante. Una eventuale bocciatura porrà delle questioni serie sulla sovranità della popolazione di Sardegna.
L’Unione Sarda arruola tra i sostenitori della Pratobello tutti quelli che ammiccano, anche solamente con un piccolo cenno di sopracciglio, non solo la destra: dalla Lega, a Forza Italia (che tentano di cavalcarla)… a Massimo Zedda, Comandini.
Todde annuncia la legge sulle aree idonee a metà settembre, in modo da anticipare la Pratobello 24 in aula.
L’unità tra comitati era già stata raggiunta, prima della trappola Todde.
Esiste già una proposta di intenti, scritta, sottoscritta e condivisa da tutti i comitati insieme.
È la proposta presentata all’Anci.
È il punto cardine di una transizione su misura sarda.
Astraiamo alcuni concetti, qui trovate il documento in versione semplificata:
1. Non si parla di “aree idonee”, ma di “superfici di installazione”.
È un punto fondamentale, da cui discendono gli altri. Per chi pensa che la scelta dei termini sia solo una questione di lana caprina, rimandiamo a Wittgenstein.
2. Vengono indicate quali superfici:
– aree i cui suoli siano già impermeabilizzati (asfalto, cemento);
– le superfici di copertura di tutti gli edifici: tetti dei capannoni industriali e agricoli, degli edifici pubblici e privati, con eventuali deroghe per aree ritenute degne di tutela dall’impatto fotovoltaico
– le aree contigue e di pertinenza di arterie viarie, ferroviarie e ciclabili per la realizzazione di infrastrutture lineari.
– revamping e repowering, esclusivamente senza incremento di altezza e occupazione di suolo rispetto allo stato di fatto
3. Si richiede il blocco dei cantieri, incluso quello del Tyrrhenian Link
4. Si richiede l’impugnazione del decreto Pichetto Fratin, che significa ridiscutere i 6.2 GW.
Questo documento unitario è però incompleto (manca la quantità di GW) ed è rimasto lettera morta.
Il vero problema non sono state le spaccature, inevitabili per un movimento così imponente, ma il fatto che i comitati da diversi mesi hanno smesso di produrre contenuti e sono stati scavalcati dalle proposte di legge di Pili, della Mongiu, dal referendum di Pala, dall’Anci e perfino dalla trappola di Todde.
La battaglia è ad una svolta.
La scadenza dei 180 giorni per decidere le aree idonee si avvicina rapidamente.
Dopo questa fase, in cui si codificheranno per legge le “aree idonee”, rimarrà solamente l’arma dell’ostruzionismo con i ricorsi legali dei comuni e cittadini, e la resistenza sul campo della popolazione.
I comitati dovranno reinventarsi e trovare nuove forme di lotta politica e nuovi obiettivi. Quotidianamente dentro i comitati si discute di autodeterminazione, di colonialismo, di rapporti con lo stato italiano.
Ma siamo scesi troppo sul concreto, zavorrando il volo alto di Bachisio Bandinu, per cui è necessario riportarlo almeno un po’ più su.
Nel documento dei comitati presentato all’Anci, si parla anche di “Nuova Questione Sarda“, e può essere la base da cui partire per riformulare un conflitto contro lo stato italiano. Questo fermento è partito dalla società prima ancora che dalle istituzioni (ma anche degli intellettuali), che stanno subendo in ritardo il dinamismo civico dei sardi.
L’appello di Bandinu si rivolge alla società sarda, prendendo spunto dalla questione energetica, ma si estende a questioni non puramente energetico-paesaggistiche.
Questa stagione ha mostrato la corda dei limiti statutari, ed è apparsa a tutti la faccia aggressiva dello stato italiano e i suoi progetti per la Sardegna.
Scrive Bandinu che “La battaglia giuridica e politica con Roma non è affatto facile, anzi incontrerà difficoltà enormi, perché nel contenzioso tra Stato e Regione, la Consulta dà quasi sempre ragione allo Stato.” e parla di “intelligenza collettiva” necessaria.
Tutto sommato, questo è un fatto che si è già concretizzato nella società civile: il dibattito sulle leggi popolari è scaturito da un ampio confronto su vari livelli.
Concludo partendo da queste parole di Bandinu, dal significato chiarissimo, il vero sbocco di questa fase politica: “Pertanto l’incontro-dibattito che si propone, proprio perché è in gioco il futuro della Sardegna, acquista il valore e il significato di una embrionale Assemblea Costituente: un incontro di conoscenze e di passione per fare comunità e scrivere il nostro futuro, come poche volte nella Storia abbiamo fatto.“
Amen.
Il coordinamento dei comitati non è spaccato, ha esaurito questa fase storico-politica.
Sono stati bravi a mettere la questione in cima all’agenda politica ed a coinvolgere in massa tutti i sardi in un dibattito come non si vedeva da parecchi decenni.
Rifondino il coordinamento, mandino avanti le seconde linee (meno logorate) e mettano in piedi un’Assemblea Costituente, coinvolgendo agricoltori, pastori, operai, artigiani, commercianti, partite Iva, intellettuali e tutto il mondo indipendentista e dell’autodeterminazione, che in questi decenni ha maturato un’elaborazione avanzata su questi temi.
Si facciano avanguardia politica, motore di una nuova fase, che faccia emancipare la società sarda in un processo di autodeterminazione.
Il presidio di Selargius colpisce ancora.
Il 2 settembre hanno fermato i lavori del cantiere Wysol che costruirà gli impianti di stoccaggio energetico. Con la forza della persuasione e di lucidi ragionamenti fermano i lavori e piantano un albero.
Piantiamo alberi dove sorgeranno pale e pannelli, è il messaggio.
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Sa cida in 1 minutu
Statuto Sardo. Ricorso Governo su moratoria eolico attacco ad autonomia sarda. “L’autonomia speciale della Sardegna “è sotto attacco”. […] Per i 16 sindaci bisogna procedere in fretta: “Rinegoziare il patto costituzionale che lega la Sardegna allo Stato italiano.
Questa classe politica è il problema, non può essere la soluzione, tra gli altri c’è Milia, il paladino di questa transizione.
Tyrrhenian Link. Intanto, a Termini Imerese, l‘approdo del Tyrrhenian Link in Sicilia: che fine ha fatto l’acquedotto Cornelio rinvenuto nel cantiere Terna in C.da Caracoli?
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Immagine: linkoristano.it