Partecipazione, autodeterminazione e la “guerra dei nomi” – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
Lo storico dell’arte, Heinrich Wölfflin scrisse un libro “storia dell’arte senza nomi“, per concentrare il focus dell’analisi sugli stili e sulle forme delle varie epoche, depurati dai personalismi. Per capire questa fase occorre fare un lavoro simile, anche per raccontare i comitati e in generale il movimento anticoloniale sardo, ma anche quelli dei politici e delle sigle partitiche. Togliamo i riflettori dalle nuove e vecchie “star” e vediamo cosa rimane.
Questa settimana i Comitati hanno mostrato lo stato di maturità della società sarda.
La battaglia è ormai di massa, difficile racchiudere in un involucro tutte le varie anime. Il movimento non è un monolite.
C’è l’anima movimentista, quella legalitaria, quella burocratica amministrativa, quella indipendentista, quella anarchica, e quella emersa al tempo del covid. Accorsi anche questi ultimi davanti a Spanedda, la settimana scorsa, presenza che ha legittimato politicamente la scelta delle “aree idonee”.
Sono presenti anche gli arrivisti, gli interessati, i politici che provano a fare il gioco delle parti in un contesto in cui tutti i partiti italiani hanno gigantesche responsabilità, a livello sardo e italiano.
È disonesto intellettualmente lanciare accuse solo verso Solinas (da sinistra) o solo verso Todde (da destra). Ne usciremo completamente solo quando avremmo superato questa dicotomia tossica (che non significa negare la destra e la sinistra).
Il processo di maturazione delle sensibilità dell’autodeterminazione si evidenzia nella richiesta di partecipazione, su più livelli.
Dall’attivista che porta avanti la battaglia da anni, al cittadino che sopporta una fila sotto il sole di agosto pur di firmare, dai presidianti di Selargius che stoicamente resistono giorno e notte da quasi due mesi sotto la calura estiva, lontani dal fresco dei condizionatori, ai manifestanti denunciati ad Oristano, ai professionisti (legali, biologi, amministrativi, ingegneri, tecnici, fotografi, registi, cronisti, ecc.) che mettono gratuitamente a servizio le proprie competenze. Non sono i soliti professionisti della protesta. È la Sardegna intera!
L’impegno e la partecipazione sono altissimi, il popolo sardo è in “moto”. Questa fase deve portare in dote il concetto che i territori vogliono decidere e vogliono partecipare.
Se non sarà autodeterminazione, non sarà valso a nulla: le scelte politiche, a tutti i livelli, devono essere condivise, anche dentro i comitati. Serve una sintesi, il voto crea vincitori e vinti, dicotomizza e arrocca le posizioni. È il tempo delle soluzioni terze, mediane ma non mediocri, è tempo della nuova elaborazione politica nella società, che non può nascere con un compromesso con la vecchia.
Non riusciamo a far sentire la nostra voce a Roma o a Bruxelles (in cui non siamo nemmeno rappresentati).
Riusciamo a farci ascoltare a malapena in regione, a Cagliari: la manifestazione è stata un successo: 2.000 manifestanti per la questura, oltre 4.000 /5.000 per i Comitati. Un giorno capiremo perché (domanda retorica) la questura dimezza sempre i partecipanti, dato che dovrebbe essere teoricamente un ente non politicizzato, ma neutrale. Per la Nuova Sardegna sarebbero meno di 2.000 (meno di quelli dichiarati dalla questura!), per Cagliaripad sarebbero addirittura 1.000.
Dagli interventi sul palco (escludendo i nomi), possiamo estrapolare una nuvola di parole: colonialismo, autodeterminazione, speculazione, indipendèntzia, identità, sa terra mia, paesaggio, multinazionali, piantare alberi, presidio, Pratobello, occupazione, Pichetto Fratin, stato italiano, dimissioni, aree idonee, autonomia…
Riusciamo ad incidere a livello comunale, la prossimità fa la differenza sostanziale. A Selargius, la partecipazione prolungata e determinata, da oltre un anno e mezzo, ha modificato le scelte della politica. Da una “opportunità per il paese”, come veniva definito inizialmente dal sindaco, il Tyrrhenian Link è diventato una calamità, dopo mesi di coinvolgimento della popolazione.
Volantinaggi, manifesti, eventi in piazza, partecipazioni ai consigli comunali (pacificamente contestati, ma che ha visto diverse volte la presenza della polizia o dei carabinieri). L’esito è stato un mutamento generale della percezione, culminato in un ricorso straordinario al presidente della repubblica, votato sotto gli occhi attenti (e le bocche poco silenti) del comitato. Altri comitati hanno messo alle strette i consigli comunali della propria zona, costringendoli a prendere posizione.
Una cosa simile non è possibile per politiche decise a Roma.
Il principio dell’autodeterminazione dei territori è l’essenza della democrazia stessa, a patto che ci sia partecipazione e che il centro decisionale sia vicino al territorio. Polis che decide di sé stessa, agorà partecipata.
Abbiamo imparato la lezione.
Il voto ogni 5 anni, senza un controllo e senza la partecipazione della cittadinanza attiva è totalmente inutile. La sola delega non funziona più.
Non può esistere libertà senza partecipazione, cantava Gaber, non ci può essere democrazia senza autodeterminazione.
Riporta Sardiniapost, che per Spanedda è necessario trovare la «metodologia operativa da adottare per dialogare con i territori nell’ambito della stesura della legge sull’individuazione delle aree idonee e non idonee ad accogliere gli impianti di Fonti di Energia Rinnovabile».
La strategia energetica è capovolta: prima scelgono le aree idonee in cui installare i 6.2 GW, poi faranno il piano energetico sardo. Non partono dalle esigenze sarde, ma dalla decisione imposta da Roma sui GW. Poi, successivamente, ci adatteremo.
Il coinvolgimento dei comitati nella ricerca delle “aree idonee” è una trappola mortale per il movimento.
La politica regionale è alle corde ed è alla ricerca di legittimazione e di complicità, e la cerca tra chi si oppone. Chi si illude di poter avere voce in capitolo va incontro al suicidio. È necessario rifiutare il concetto di “aree idonee”. È un errore perseverare a presenziare alle riunioni con Spanedda, la “trattativa” è più efficace se fatta in piazza e sulle strade. D’altronde, la regione ha già in mano il documento approvato dai comitati per l’Anci, quello è il punto finale della trattativa.
Sono le stesse direttive UE (legge delega, la 53 del 2021) ad indicare come “aree idonee” i tetti e le pensiline. La UE parla anche di prossimità di produzione e consumo, e questo rimette in gioco la suddivisione dei GW tra nord, sud e Sardegna. Queste stesse direttive, così come la “pistola” puntata della Pratobello 24, rafforzano la posizione dei comitati.
Todde azzardi una mossa: dichiari l’imposizione di una tassa del 50% sulla produzione energetica degli impianti superiori a 1 MW, in modo da creare incertezza legislativa e panico tra gli investitori. Con effetto immediato le multinazionali avranno portato i capitali e progetti altrove.
La politica italica non dovrebbe avere problemi a far scappare gli investitori costruendo incertezze legislative, anni di esperienza dovrebbero pur essere serviti a qualcosa.
Provocazioni a parte, “follow the money”, naraìat cuddu, “sighi su dinai”. Vitol al 30 agosto completerà l’acquisto delle azioni Saras. «L’investimento in Saras rientra nella strategia del gruppo Vitol di investire in zone geografiche chiave nei settori del petrolio, del gas e delle soluzioni sostenibili», si legge nel documento. «L’operazione rappresenta per il Gruppo Vitol l’opportunità di investire in un importante asset di raffinazione ed energia nel Mediterraneo e di crescere nelle regioni italiane e mediterranee».
La famosa isola al centro del Mediterraneo, piattaforma per energia, portaerei e centro per basi militari, altro che isolamento storico. Il ruolo dell’isola viene deciso nelle segrete stanze di altrove. La negazione dell’autodeterminazione.
È in corso una guerra dei nomi.
La “transizione ecologica” viene ribattezzata “speculazione energetica”; le “aree idonee”, “superfici di installazione”; le “infrastrutture” (non utili a noi), “servitù”. Di esempi Orwelliani siamo pieni, dai “giochi di guerra”, alle “missioni di pace”, alla “buona scuola”.
I comitati sono stati bravi a ribattezzare fatti e cose, riportandole al loro significato reale. Chi vince la guerra dei nomi vince la battaglia comunicativa.
Castedduonline dà la notizia di dimissioni di Todde, in caso in cui la maggioranza dovesse votare la legge popolare Pratobello 24, ma poi viene smentita poco dopo, per cui correggono titolo e contenuto precedente, che però era già ampiamente circolato nei social.
Nel processo decoloniale i media giocano un ruolo fondamentale, sono necessari per informazione e controllo. Qualche settimana fa avevamo scritto che con la Pratobello 24 l’Unione Sarda si faceva movimento. Il momento è eccezionale, dall’altra parte abbiamo il giornale volantino da supermercato, complice e silente. Il problema si pone per i giornalisti che dentro le redazioni non sono allineati, e questo vale per qualsiasi media e per qualsiasi tempo.
Questa è la home page della Nuova Sardegna di oggi, non si parla della manifestazione oceanica di ieri, non una foto. Però sappiamo che il figlio di Totti debutta con l’Olbia e sappiamo di formaggi e salsicce venduti a peso d’oro.
Dà invece la notizia in cui un eolico a Mamoiada viene sbullonato, ma l’effetto sui social non è quello solito: la maggior parte delle persone plaude, l’altra parte, con incredulità, fa notare che non è sufficiente una chiave inglese domestica, ma occorre strumentazione non accessibile ai più. La Nuova dà anche la notizia di Villacidro, le pale vengono incendiate, e anche qui sui social non si versano tante lacrime. Ricordiamo che qualche mese fa c’era stato anche l‘incendio di Noragugume e l’anemometro di Sanluri crollato a terra.
Questa lotta non si risolve con una semplice questione di Gw, che comunque va posta a partire dalla ricontrattazione del decreto Pichetto Fratin.
La questione autodeterminazione è più importante, determinerà la nostra vita sociale e comunitaria. La questione va posta per risolvere i problemi, partendo dai rapporti tra Sardegna e Stato italiano, portando più poteri possibili a livello comunale.
Roma non ascolta, non ha interesse ad ascoltare, non riusciamo a far arrivare la nostra voce.
Da Roma vengono catapultati “podatari” funzionali al potere coloniale, esecutori di ordini, vengono scelti i candidati, con quorum impossibili bloccano la resistenza democratica di chi cerca di rompere il duopolio di potere.
I partiti coloniali cercano di dividere i sardi in due fazioni. La dialettica orizzontale (destra-sinistra) va sospesa e va portata sul piano verticale (Sardegna-stato italiano).
Devono essere messi in discussione i rapporti tra Sardegna e Italia.
L’emergenza speculazione energetica ha occupato ogni spazio, mettendone in secondo piano altre.
Mancano le risorse per l’altra emergenza sarda al collasso: la sanità. È normale ormai vedere nei reparti pazienti soggiornare nelle corsie, le visite sono diventate un lusso, per cui molti rinunciano a curarsi (e contemporaneamente si finanziano le strutture private).
La scuola è come sempre una emergenza sul rendimento: abbandoni, bocciati, invalsi, non ammessi all’esame, lingua, letteratura e storia sarda ignorate dai programmi scolastici. La risposta dello stato è l’accorpamento delle scuole e il disinvestimento.
Sui trasporti non un passo avanti, mentre la prevenzione incendi ancora è ben lontana dall’aver trovato una soluzione valida.
Quest’anno si aggiunge la siccità, e non ci resta che invocare Maimone, antico dio della pioggia.
Ma Todde ha tra le sue priorità la questione autonomia differenziata del nord.
Potrebbe essere una nuova finestra per ridiscutere i nostri poteri, strappare competenze su energia, paesaggio e scuola sarda, portare la questione dialettica sul piano verticale, se Todde non fosse impegnata in una battaglia conservatrice e di retroguardia.
Di conservazione si muore, il mito de su connotu è un feticcio sterile.
Abbiamo “imparato ad usare l’autonomia“, ed abbiamo scoperto che invece viene usata da Roma per sovrastarla sotto un “interesse nazionale” superiore: quello delle multinazionali (sovvenzionate con soldi nostri).
Sa cida in 1 minutu
Speculazione energetica: Italia Nostra Sardegna ricorre a Ue contro governo, “sostenendo che Roma ha violato numerose direttive, regolamenti e la stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea “a difesa del territorio, del mare e del paesaggio della Sardegna. […] È stata trascurata la partecipazione delle persone interessate dai progetti e in particolare della popolazione locale, e favorisce la speculazione energetica, ritardando strumentalmente la pianificazione territoriale e incentivando l’installazione dei grossi impianti di produzione a discapito delle comunità energetiche rinnovabili e degli autoconsumatori”.
Speculazione energetica. Eolico, a Sinnai l’ex sindaco Anedda: «Ricorriamo alla magistratura e alla Corte europea se necessario»
Speculazione energetica. «Torri eoliche incompatibili con il radiotelescopio di San Basilio»
Speculazione energetica. I comuni dovranno indicare a breve solamente le “aree non idonee”.
Speculazione energetica. Aree idonee per le rinnovabili, “partita chiusa” entro gennaio: tecnici al lavoro.
Politica. Sardegna nell’incertezza tra invasione di pale eoliche, transizione energetica e ricorso contro l’autonomia: il risiko per Todde
Scuola. La scuola nel caos: precari abilitati e beffati restano senza cattedra
Autonomia differenziata. Fontana: «Il ricorso della Sardegna? Scelta ridicola e demagogica» «Lascia senza parole che una Regione a statuto autonomo impugni la richiesta di autonomia delle altre Regioni»
Le scomode inchieste della Nuova Sardegna. Margot Robbie in Sardegna, prima foto col pancione
Immagini: Ivan Monni
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Ho trovato questo articolo interessante e condivido l’analisi fatta. Grazie
Ottimo articolo. Innesca utilissime riflessioni!!