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Dolianova, pale eoliche e quel mostruoso problema di retorica italiota

12 agosto. Dolianova è attanagliata da un caldo torrido. Il Presidente del Consiglio Comunale ha convocato una riunione in sessione straordinaria e urgente. Un unico punto all’ordine del giorno: Discussione sulla proposta di realizzazione di un impianto eolico nel territorio dei Comuni di Dolianova, Sant’Andrea Frius, San Niccolò Gerrei, Serdiana.

L’argomento mi coinvolge. E non poco. Tredici pale da installare sulle montagne tra Serdiana, Dolianova, San Nicolò Gerrei, Sant’Andrea. Quelle stesse montagne dove con gli amici, di tanto in tanto, mi reco con la scusa di allenarmi, o per attingere acqua di sorgente. Ma dove in realtà vado per respirare e godere dell’ambiente circostante e spesso torno senza aver fatto neanche una corsetta. Sono le stesse montagne dove alcuni conoscenti tengono gli apiari. Dove ancora si può sentire il pastore chiamare le mucche a voce, all’imbrunire. 

Arrivo nell’aula consiliare e tiro un sospiro di sollievo. Chiaramente, non sono l’unico a preoccuparsi del tema. La sala è gremita. Una stanza che può ospitare circa 50 persone, ne sta contenendo almeno il doppio. Forse di più. Ma come li sta contenendo? In tanti non riescono ad entrare. In tanti sono seduti per terra. La sala è così tanto affollata che alcuni si dispongono nell’intorno del banco consiliare. Il caldo non aiuta a stemperare un’atmosfera tesissima.

Il Presidente apre la seduta e spiega la proposta di delibera. La giunta intende opporsi. E come? Un punto. Chiaro. Semplice. Focalizzato. Sul territorio di Dolianova la società Sedda Perdonau Wind Srl prevede di installare una unica pala. Ma il mappale, fortunatamente, è gravato da uso civico. Quindi la questione è chiusa. Arriccio il naso. Ho il ricordo di un recente articolo dell’Unione Sarda nel quale si citava una sentenza della Corte Costituzionale. Guardo il cellulare. Ricordo fondato. La questione dell’uso civico come strumento di difesa dall’attacco eolico non è affatto solida. 

Nel frattempo, complice l’aria irrespirabile, il clima si scalda ulteriormente. E non solo in termini di temperature. Ascoltare i consiglieri parlare è difficile. I microfoni infatti ci sono. Ma non funzionano. Qualcuno urla scagliandosi contro il sindaco. Chiedono di rimandare la seduta per inagibilità del luogo. Vorrei abbracciarli. Il posto è invivibile. Nulla di fatto. Per il sindaco la seduta va avanti. Pare assurdo, dato che la situazione è ai limiti del rischio sanitario. Ma tant’è. I toni, già di per sé non rilassati, si acuiscono ulteriormente. Faccio per alzare la mano, vorrei avere un chiarimento. Un’amica mi ragguaglia. Il consiglio è aperto, ma il pubblico non può prendere parola. 

Interviene una consigliera dell’opposizione. Annuncia la sua contrarietà al provvedimento e motiva il suo parere con… un luogo comune. Secondo la consigliera i sardi sono un popolo che non si sa mettere d’accordo. E questo provvedimento va concertato con i comuni vicini, altrettanto interessati dal progetto. Per chi, come me, lavora tutti i giorni per rimuovere i luoghi comuni è colpo al cuore. Sentire un luogo comune in un bar è fastidioso. Sentirlo in una sede istituzionale è inconcepibile. Vorrei tanto dirle che i sardi hanno fatto la Sarda Rivoluzione e la Rivoluzione di Pratobello. Che sono noti per aver dato vita ai primi moti sindacali. Ma non posso parlare. E spero che la pazienza mi assista ancora. Di pazienza, infatti, c’è tanto bisogno. 

Il livello della discussione è bassissimo. Non ci sono concetti di dettaglio. Non sembra neanche che quella in gioco sia la nostra terra. Sono due tifoserie. Un modello permutato perfettamente da quello italiano, che utilizza temi di fondamentale importanza per giocare una partita dove l’unico perdente è il popolo sardo. 

In un momento di concitazione prende la parola una consigliera di maggioranza. Si rivolge verso i cittadini, che non possono rispondere, e domanda, urlando, se ci piace l’aria condizionata. E se ci piace, come vorremmo alimentarla? Dal carbone? 

È surreale. Non si tratta solo di una domanda infelice, dato che in quel momento tutti siamo stipati come sardine in un bagno di sudore. E non si tratta neanche solo di una frase irriverente. Forse la consigliera ci vuole mostrare la retta via? A noi, che come tutti, abbiamo la possibilità di aprire il giornale e informarci anche da soli? No. Non solo. È soprattutto una frase contraddittoria. Fortemente contraddittoria. Perché, mi chiedo, una consigliera della maggioranza, che dovrebbe appoggiare la proposta, dice qualcosa di totalmente avverso al provvedimento? Forse voterà in modo disallineato, penso. Ciò che farà successivamente sconfesserà il mio pensiero. Il suo voto sarà allineato alla proposta caldeggiata dal sindaco. Mi lascia col dubbio. 

E davvero, avrei voluto un chiarimento. Sarà l’irriverenza. Sarà il tono. Ma il clima è ingestibile e il sindaco è il primo ad accorgersi che il dialogo sta portando l’assemblea in un territorio pericoloso. E cerca di riportare il focus dove i cittadini vogliono che resti. Che si voti il provvedimento, dove viene manifestata l’intenzione di opporsi al progetto di impianto eolico. Il provvedimento viene letto. Tiro un sospiro di sollievo. Nonostante la premessa della riunione, che pareva puntare tutto sul tema degli usi civici, le motivazioni che giustificano l’avversione al progetto sono diverse. Mancanza di ritorno economico, tutela del paesaggio. Altri elementi. Il provvedimento passa nonostante il voto contrario dell’opposizione. La seduta si chiude, tra le urla.

Esco in un bagno di sudore e non mi sento soddisfatto. Affatto. 

Tutto ciò che odio della politica italiana, l’ho visto concentrato in una seduta di consiglio comunale. Pregiudizi e luoghi comuni sui sardi. Barricate politiche. Mancanza di approfondimento dei temi. Non un numero. Non una immagine. Non un approfondimento. Mancanza di contraddittorio. Strafottenza. Saccenza. Mancanza di rispetto per il prossimo. 

Destra e sinistra? Concetti che già ritenevo inutili. Qui ho la conferma che sono superati dalla retorica. 

Ho solo una speranza. Che la relazione di opposizione al progetto sia redatta con tutti i crismi. Ma da questa politica, non mi sento tutelato né tanto meno rappresentato. Chiamo gli amici del comitato spontaneo e mi iscrivo al loro gruppo. Vado via pensando che c’è tanta strada da fare per scrollarci di dosso il male della politica coloniale. E tornare ai temi, abbandonando le strategie dei loro partituncoli è uno dei passi fondamentali da compiere.

Nella foto di copertina (messaggero.it) scontri tra tifoserie. Rende l’idea. Purtroppo.

Cumpartzi • Condividi

2 commenti

  1. Non sopporto rappresentanti politici Mediocri. Spesso candidati da segreterie politiche compromesse. Fate tesoro di queste esperienze e sputtanateli. W la Sardegna libera, no lobby del falso clima

  2. Grazie per la condivisione.
    Leggere di questa esperienza dà il voltastomaco, e fa tornare forte quel senso di disgusto e profondissimo disagio che ultimamente provo molto spesso (soprattutto quando assisto alle bestialità dei telegiornali italici di cui i miei genitori sono diventati dipendenti).
    Ma condividere lo sgomento lo rende un po’ più sopportabile.
    Fortza paris.

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