Il Braccio di ferro tra Terna e i Sardi, e la guerra degli ulivi – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia
L’ulivo, simbolo della pace, è diventato simbolo di guerra, tra Terna e i sardi: un vero e proprio braccio di ferro.
Terna espropria, taglia alcuni alberi e prepara l’espianto degli ulivi, il Comitato li ricopre e si prepara per il presidio.
All’alba Terna espianta e reimpianta gli ulivi in un’altra terra e dimostra il pieno possesso sul terreno, il Comitato occupa, erige una Barracca, pianta nuovi alberi e inizia il presidio permanente.
Giorno e notte, a turno, da tutta la Sardegna, arrivano aiuto e collaborazione da parte di tutti gli altri comitati e di privati cittadini, preoccupati ma combattivi.
I turni di guardia sono occasione per un confronto di opinioni sullo stato delle cose, sulla coscienza dei sardi che, per la prima volta dopo decenni, sembra essersi risvegliata, sulle ingiustizie del governo (un classico) e dello stato italiano colonizzatore della Sardegna (per molti, questa, una novità) con un sentimento indipendentista, più o meno latente, in crescita.
L’occasione è quella per stringere conoscenze tra persone che normalmente abitano in paesi lontani, ma che probabilmente si sono incontrate sui social su questi temi.
Faccia a faccia si celebra s’amigàntzia, in modo conviviale, brainstorming continuo di idee e di proposte.
“Custu presidiu”, dice Emanuele, “mi ndi rappresentat unu bellu intzeurru (germoglio) chi crescit. Un bel precedente di lotta, una tappa obbligata nella contrapposizione al colonialista che si impone. Prenderci le nostre responsabilità e lottare in prima persona.
Significa fare rete tra tutti coloro che non vogliono chinare la testa, che vogliono costruire una terra e delle comunità più libere e rispettate. Significa iniziare a mettersi in gioco e rischiare, cosa che faremo spesso nei prossimi anni e anche molto di più, per liberarci e autodeterminarci realmente, come popolazione. È un esempio, un precedente, una bella sveglia, una prova che ci sono ancora persone in questa terra che non subiscono e basta.
È bieus, chi su tzeurru ddu pesaus beni arregolleus puru calincunu fruttu.”
Il dibattito si arricchisce, le esperienze condivise diventano fermento per elaborazione.
Non sono i soliti professionisti della politica, ma tante persone che prima di questa fase non avevano mai protestato in manifestazioni, tantomeno in sit-in o presidi.
“Esserci presi carico di presidiare il territorio”, risponde Roberto, “è una ventata di freschezza, un contesto in cui la gente si assume la responsabilità di opporsi a questo scempio, mettendo in discussione leadership vere o presunte, magari anche su argomenti apparentemente slegati alla questione. Tutti ci mettiamo la faccia, tutti abbiamo voce in capitolo. Perché si crei un movimento popolare è necessario superare le incrostazioni politichesi, per scendere nel campo della lotta reale, sarda e popolare.”
“Il presidio racchiude una consapevolezza maggiore di un popolo che oggi inizia a rivendicare i propri diritti e la “rivolta degli ulivi” è diventato il desiderio comune di riappropriarsi delle proprie radici e della propria identità!”, secondo Monica.
La parola identità sembra circolare tra i pensieri e le parole di tutti quanti.
“La transizione, così come è stata portata avanti,”, dice Andrea, “rischia di cancellare la nostra identità, sfregiare il nostro paesaggio, impoverire i settori più importanti della nostra economia, il turismo e l’agricoltura. Quella che chiediamo noi è una transizione mediata dai cittadini, fatta per i cittadini sardi, dall’impatto ambientale minimo.”
Per Mery, il presidio è un triangolo della Sardegna tutta. È l’appartenenza, con tutta me stessa, sento di essere sarda, quarant’anni di Lombardia dove non esistono più tradizioni culturali forti è tutto omologato… io sono orgogliosa e fiera della mia terra, questo ha fatto storcere il naso perché era troppo per tanti, non capivano la mia fierezza fortemente identitaria, forse la ragione è la nostalgia che ho provato, sapori, colori, odori mi mancava tutto, il clima è un discorso a parte. Sfruttata per il sottosuolo, disboscata per il legname ora resa schiava per il sole e il vento, monetizzata, usurpata dei suoi beni e non ristorata e affrancata per la sua gente. Ecco, il presidio è un riscatto, la fierezza di un popolo che vuole vivere in pace, con la propria cultura e tradizioni.”
Il terreno diventa spazio di creatività, per cui con i residui di un capanno demolito, con cui è stata costruita la seconda Barracca (la prima era stata costruita parecchi mesi prima non distante), nasce l’UlivArt.
“Questa rivolta degli ulivi”, aggiunge Silvia, “è un laboratorio tutto, quindi possiamo esserci, ognuno col proprio linguaggio più consono. Con l’arte ad esempio invito a riutilizzare i materiali accatastati dalle ruspe resi ormai spazzatura, ma che un tempo furono parti di qualcosa di prezioso come rigogliosi giardini di alberi da frutto. Dare un valore a qualcosa di reso inutile è un messaggio molto potente che può riguardare anche la condizione umana.”
Per fare chiarezza, il Tyrrhenian Link è parte integrante del pacchetto speculativo eolico/fotovoltaico venuto fuori dal governo Draghi. Ma il percorso legislativo del Tyrrhenian Link è separato da quello delle pale e dei pannelli.
Per le pale e per i pannelli, ancora si deve decidere tutto quanto, a partire dalla moratoria e dal decreto di Pichetto Fratin appena approvati.
Per il Tyrrhenian Link no. È già stato approvato in via definitiva dal ministero, e la realizzazione corre spedita e senza intoppi (ricorso straordinario al pdr a parte). Non fa parte della moratoria e della ricerca delle aree idonee.
Il 5 luglio, ciliegina sulla torta, arriva al comune di Selargius, il progetto esecutivo delle stazioni Terna. Significa che il cemento è sulla via dell’impasto.
È chiaro che Terna da sola non rinuncerà mai a 3,7 miliardi di euro.
Solo il ministero può rimetterlo in discussione, ma non lo farà mai senza “l’intercessione” di Todde, dove per intercessione si intende “scontro frontale tra Sardegna e Italia”.
In assenza di una riapertura della questione da parte del governo sardo, la partita non si riaprirà mai.
Invece, da Todde, come dalle amministrazioni comunali selargine e della città Metropolitana, non arriva nessuna presa di posizione sulla battaglia dei Comitati cittadini, o di solidarietà per i proprietari espropriati.
Anzi, da Todde arrivano parole umilianti: “il Tyrrhenian Link è necessario” (ndr, all’Italia), e la “comunità è stata trattata male da Terna”. Ci manca solo il “mischinetti”, ma siete voi che non capite che dovete mangiare la minestra.
E allora, è necessario uno “scontro frontale tra la Sardegna e Todde”, altre soluzioni non ce ne sono.
Comunque vada, questa lotta è già diventata presa di coscienza dei sardi e deterrente per future servitù coloniali provenienti dall’Italia, ad esempio le scorie nucleari.
La Sardegna ha detto chiaro e forte che l’Italia non troverà ventre molle. La transizione dobbiamo costruircela a misura nostra.
Il braccio più forte (economico, politico, giudiziario e militare) è quello di Terna.
Dall’altra, il popolo sardo, solo e senza rappresentanti.
L’epilogo sembrerebbe (forse) già scritto, ma il come si arriva all’esito non è così scontato.
E nel percorso ormai ci può stare di tutto, non si vede un esito politico chiaro.
Secondo presidio
Ad Oristano nasce un secondo presidio, nel punto dove sbarcheranno le pale, formato dal gruppo GRU.T.TE.S.
È una lotta tra popolo e la politica inerme e sorda, che permette questo disastro. La transizione è nata male. Da Draghi, un rappresentante del mondo della finanza non poteva venire fuori sostegno alle popolazioni.
La propaganda mediatica ha fatto il resto, ma c’è un ma.
La resistenza dal basso ha creato una rete neurale efficiente e rapida nelle comunicazioni a distanza, capace allo stesso tempo di rapportarsi frontalmente con la regione ma anche con le singole esigenze comunali e di mobilitarsi rapidamente. Insomma, è un movimento strutturato che ha prodotto ottime argomentazioni e buone pratiche politiche,
Da S’Indipendente, Friday For Future Sardegna lancia la richiesta di transizione per opera della mano pubblica.
Ci aspettiamo, dai giovani di FFF, una richiesta formale alla Todde di stop alle installazioni e alle autorizzazioni di impianti delle multinazionali.
A domanda diretta, glissano però sulla richiesta di indicazione di quantità massima di GW installabili.
Legambiente, invece, nega l’assalto eolico, tout court. Ci mancava la posizione “negazionista”.
Ancora si utilizza l’argomento della Sardegna che produce co2 per via delle due centrali a carbone (che vanno chiuse), nonostante la quasi totalità della loro produzione di energia coincida con l’export verso l’italia, e nonostante dall’UE chiedano esplicitamente la prossimità tra produzione e consumo di energia. È ovvio che l’energia non è una merce come le altre, nell’export una parte importante viene persa durante il tragitto, la risposta di Friday For Future, a tal proposito, difetta di logica.
“Proposta di legge di Iniziativa Popolare – L’Unione diventa un giornale-movimento
Ad Orgosolo viene presentata dal sindaco la proposta di legge dell’Unione Sarda, che di fatto diventa un giornale-movimento di opinione a tutti gli effetti. La svolta è avvenuta con l’entrata di Mauro Pili, ma ormai ha coinvolto l’intero giornale. Ricordiamo che la conversione non è avvenuta solo sul campo della speculazione energetica, su cui si possono obiettare interessi sul metano.
L’Unione ha svoltato anche sulle basi militari, sulle scorie e sul nucleare, sui fanghi e in generale sulle questioni ambientali. Su questi è più difficile immaginare un tornaconto.
Dopodiché, la dietrologia stanca e occorre prendersi il risultato di un giornale che finalmente si schiera su posizioni anti-coloniali, mentre l’altro, la Nuova Sardegna, tra silenzi e scritti eloquenti, è allineato su posizioni coloniali. Navigate sul sito e trovate, se riuscite, una pagina sulla speculazione eolica.
Il giornalista Guerrini rimpiange, con molta immaginazione, i tempi in cui la stampa sarda era libera (l’età dell’oro!), scordando il periodo Rovelli, quando acquisì il potere giornalistico sardo, propedeutico alla calata della petrolchimica. O quando, in precedenza, nel periodo fascista, L’Unione era schierata apertamente con LVI.
Dire che la questione urbanistica è la carta vincente, perché abbiamo competenze primarie nello statuto, non mi convince, ma è la strada con più possibilità di riuscita.
Nello stesso articolo 3 dello statuto sardo che assegna alla regione i poteri in materia urbanistica, c’è anche scritto: “col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali“. La chiosa che chiude a qualsiasi potere della regione sotto decisioni aleatorie italiche.
Da questo punto di vista, la proposta di Bustianu Cumpostu, di Sardigna Natzione Indipendentzia, di proporla come referendum, potrebbe essere la carta vincente, perché nel braccio di ferro tra Statuto e competenze statali, diventa volontà popolare sovrana, su cui lo stato difficilmente potrebbe far valere la sua forza.
Solo un referendum potrebbe togliere ogni argomento allo stato italiano. In alternativa, se dovesse prevalere l’interesse dello stato, dovremmo archiviare per sempre la frase “prima impariamo ad utilizzare lo statuto speciale sardo” e passare a qualcosa di diverso.
Lo statuto sardo è inutile. Addirittura lo era anche per un sardista (ma anti-indipendentista) come Emilio Lussu, che si aspettava un “leone”, ma ha visto nascere un “gatto”.
E in tempi di autonomia differenziata nordista, magari al cerchio di un presidio, è il momento migliore per ragionare di autodeterminazione del popolo sardo, libero dal potere italiota.
Sa cida in 1 minutu
Speculazione energetica. La protesta sarda arriva sul Times.
Autonomia differenziata. Todde guida la rivolta, e viene depositato un referendum abrogativo.
Zaia contro Todde: «Posizione sganciata dalla realtà», ma Todde replica: “Infrastrutture del Nord finanziate anche con soldi dei sardi”.
Fondi ai partiti sardi. Todde approva l’aumento, voto favorevole di M5s, Pd e FdI. Diminuiscono anche i controlli sulle spese e scatta lo smart working libero.
Quando sentite un politico parlare di “razionalizzazione della spesa”, scappate a gambe levate.
Trasporti. Aeroitalia saluta Alghero: «Costi troppo alti impossibile proseguire». Il piano B della Regione per l’aeroporto di Alghero: una nuova gara ad agosto.
Imàgine de sa chida
Un tocco di colore sul deserto di Terna, foto: Andrea Sardu
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