Partidu Sardu e Zona Franca
Riceviamo e pubblichiamo un articolo che affronta la questione zona franca da un punto di vista storico, ricercando le radici della questione fin dalla nascita del Psd’Az, “su Partidu Sardu”.
Il dibattito intorno alla questione si era riacceso qualche anno fa per poi spegnersi, forse definitivamente. La questione ne nasconde una più importante. Più in generale, è il sistema produttivo sardo ad essere incapace di sopportare la pressione fiscale dello stato italiano, per cui da un lato viene bloccato il potenziale di crescita dell’economia, e dall’altro veniamo legati mani e piedi all’assistenzialismo (gestito anche questo in maniera coloniale), dandoci l’impressione di non essere autosufficienti e di avere la necessità di stare attaccati all’Italia. L’autonomia differenziata ha aperto una nuova finestra su cui contrattare nuovi poteri, ma la regione sarda ha scelto la posizione difensiva.
Credo che pochi sappiano le intuizioni profonde, di carattere politico, culturale, sociale ed economico, che hanno spinto il Partito Sardo d’Azione a inserire nel suo programma, poco più di cento anni fa, la richiesta di una Zona Franca Doganale per la Sardegna.
Chiedevano per almeno 50 anni la Zona Franca Doganale per riuscire ad equiparare la triste e arretrata realtà sarda a quella fiorente e molto più sviluppata del settentrione d’Italia.
Ma che diritto avevano i Sardi di chiedere tanto, si domanderà oggi qualcuno?
Allora, come oggi, i Sardisti, che altro non erano che gli ex-combattenti, sul piatto della bilancia mettevano la drammatica sorte dei militi dell’eroica Brigata Sassari, sia morti che sopravvissuti, turbati e feriti dalle terribili vicende belliche, nella mente e nel corpo.
In poche parole chiedevano la Zona Franca Doganale “a cambia a pare pro su sambene de sas mizas de Sardos mortos in sa GHERRA MANNA!!!”
Ed erano convinti che con questo strumento, in un periodo di tempo circoscritto, la Sardegna potesse risorgere, ricuperare il tempo perduto, raggiungere quella parità e quel benessere rispetto a quei luoghi che avevano avuto modo di conoscere durante la pur tragica esperienza bellica, a livello di opere pubbliche, di commerci, di sviluppo economico e di servizi territoriali come trasporti, scuole, reti idroelettriche, servizi sanitari, e quanto potesse veramente permettere al Popolo Sardo di raggiungere quella Rinascita da tanti spesso sbandierata, ma ancor oggi invece messa in pericolo, sotto certi aspetti.
Ma la stessa parola Zona Franca era un’intuizione che emergeva dal substrato culturale dei Sardi, dal mondo contadino e pastorale della Sardegna, ereditato direttamente dal linguaggio della Carta de Logu di Eleonora d’Arborea, dae su Rennu Sardu, quello Giudicale, non quello piemontese o sabaudo.
E lo si deduce da alcuni piccoli esempi nei contratti del mondo pastorale fino ad alcuni anni fa ancora vivi e in vigore, quando tra due pastori si mettevano d’accordo e usavano termini come “a roba franca”, o “a pastura franca” o per indicare che il rispetto verso una persona era tale che ci si tratteneva dal compiere atti sacrileghi o infamanti sia perché ci poteva essere di mezzo o “ozu santu”o sia, grazie all’amicizia, consacrata poi da qualche Battesimo o Cresima nei confronti del quale c’era il massimo rispetto espresso dalle parole:”Francu su Batisimu”.
Di uno che era uscito indenne da una situazione complicata, in lingua sarda si diceva che: “Si che l’at ifrancada, ch’est issidu francu!”
Gli stessi reduci della Grande Guerra si sentivano ‘miracolati’ per essere tornati vivi, “ca si l’aiant ifrancada, colada franca” o siat non erano morti in guerra nella generale carneficina.
Dunque la parola, ‘Francu’ o ‘Franca’, aveva un significato di grande valore sociale nella nostra realtà CULTURALE agro-pastorale.
Pertanto la conoscenza della nostra lingua è fondamentale per noi Sardi, per la nostra Identità stessa.
Altre volte ho parlato della Zona Franca Doganale sotto l’aspetto economico, ma come vedete anche questi due aspetti, Politico e Linguistico-Sociale sono stati spesso trascurati nei dibattiti, mentre direi che si potrebbero ulteriormente approfondire.
Immagine: themeditelegraph.com