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A origas surdas, fueddus macus – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

36,8% è il tasso di partecipazione sardo al voto europeo, non diverso da quello di cinque anni prima.
Pressenza pubblica un articolo con i dati percentuali italiani, basati sui reali aventi diritto al voto, e sono impressionanti: FdI 13%; PD 11%; Forza Italia 4,4%; M5S 4,5%; Lega 4,1%.
La democrazia ha perso propulsione?

Arrivata agli inizi del ‘900, in queste forme, il voto aveva portato con sé la speranza di riforme sociali e civili, rappresentative dei nuovi elettori, sostenute anche dalle lotte sindacali. Le aspettative di cambiamento avevano generato una speranza nuova.

In Sardegna c’è stato l’eccidio di Buggerru e l’anno dopo la rivolta delle tabaccaie di Cagliari, entrambe terminate nel sangue. La parte conservatrice e reazionaria non aveva altre risposte da offrire se non piombo caldo e, qualche anno dopo, la reazione fascista. Chiedevano migliori condizioni sociali e civili.

Le elezioni europee di domenica scorsa sono andate in onda tra il piattume propagandistico con un dibattito politico pari a zero, basato sui nomi trainanti: Meloni, Vannacci, Schlein, Salis, il faccione sui manifesti di Berlusconi, riportato in vita per l’occasione. 
Non è una novità, la mediatizzazione della politica favorisce la selezione dei tele-igienici con la battuta rapida nella rissa da talk-show, rispetto al paziente monologo ragionato della carta o all’arringa di pancia da comizio. La tattica prevale sulla strategia.

L’avanzata dei nazionalismi di destra è una pessima notizia.
Il mondo democratico ha ignorato per troppo tempo l’idea di autodeterminazione, negandola o nascondendola sotto il tappeto, scambiando l’internazionalismo con appiattimento culturale, politico ed economico: l’unica cosa ad essersi liquefatta è la sinistra, non la società (pèrdono socialisti, verdi, sinistra, liberali), mentre regge il mondo centrista- conservatore (PPE, Conservatori) ed avanza ferocemente il nazionalismo di destra.
In Germania l’estrema destra supera la sinistra, la Francia si sveglia dentro ad un film horror.
In Italia, già governa il partito con la fiammella nel simbolo.

Un proverbio sardo recita “a fueddus macus, origas surdas” (a parole folli, orecchie da mercante), ma invertendo le frasi si può ricavare un altro significato “a origas surdas, fueddus macus” (ad orecchie sorde, parole folli). Quando manca l’ascolto dei territori, l’asticella si solleva.

La protesta degli agricoltori aveva avuto l’epicentro proprio in Francia ed in Germania. Era rimasta inascoltata.
A origas surdas…

Il mondo democratico non può che ripartire dall’autodeterminazione e dall’ascolto dei territori, deve trovare la capacità di rigenerarsi rielaborando esperienze trascurate per troppo tempo.

La Sardegna va controcorrente, la sinistra vince ovunque, sia alle europee che nelle principali città: Truzzu e Solinas sono stati is acabbadoris della destra sarda.
Incredibile come Solinas, giusto ad aprile, sia stato confermato segretario (liquidatore) del Psd’Az, che non piazza nemmeno un consigliere comunale a Cagliari, nonostante fino a qualche mese fa governasse la Sardegna. Solinas non aveva ascoltato le varie proteste, aveva firmato l’intesa sul Tyrrhenian Link e avallato la speculazione.
A origas surdas…

Quelle comunali, in Sardegna, hanno avuto un migliore tasso di partecipazione (57,9%) la politica è più vicina al territorio, l’ascolto è più facile, si ha la sensazione di poter incidere di più.

Tuttavia anche le elezioni comunali si sono svolte senza un’idea di comunità, tutto si è basato su aspetti puramente materiali: piazzette, cantieri, mercati, movida, tavolini, decibel, il traffico. Tutte cose da risolvere, ci mancherebbe, ma i cagliaritani, i sassaresi, e gli altri, dove stanno?
Manca la visione di società, le città sono le persone, non solo i cantieri e le buche.

Lo sfogo di Claudio Ara, titolare del locale Luchia è solo l’ultima delle richieste inascoltate dei tanti commercianti trattati come delinquenti da politici sordi.

Nonostante la disaffezione al voto, la partecipazione alla cosa pubblica in Sardegna sta avendo una nuova spinta positiva, creata dall’emergenza speculativa, vero e proprio catalizzatore di istanze nuove e antiche: chi non sta vivendo la lotta dentro i comitati in prima persona, non ha idea del cambiamento che sta maturando in quei pezzi di società sarda.

Da queste pagine abbiamo cercato di raccontarvi la speculazione dal lato della resistenza, per fornirvi una chiave di lettura laterale, non solo al negativo, relativo all’attacco coloniale, come ad esempio ha impostato l’Unione Sarda, ma con quello che di positivo la società sarda ha saputo esprimere.

In futuro, i Comitati anticoloniali contro l’attacco speculativo saranno descritti con la stessa enfasi positiva, o addirittura superiore, con cui noi oggi parliamo di Pratobello? (il cui anniversario cade questi giorni).

È un ritorno alle riunioni faccia a faccia dei cittadini, alle assemblee, alle manifestazioni, agli eventi. I primi interlocutori politici sono quelli più vicini, per cui spinti dalla popolazione, molti sindaci sono stati costretti a prendere posizione.

Roma è lontana, difficile per i Comitati far sentire la voce e la protesta, la democrazia è difficilmente percepibile, qualsiasi scelta dettata dall’alto appare come un’imposizione coloniale. E se appare lontana Roma, figuriamoci Bruxelles.

Nella trattativa tra Todde e Pichetto Fratin i comitati sono stati usati come spauracchio, il bastone che, secondo Roosevelt, doveva essere portato nelle trattative e messo in bella mostra.

Le richieste dei Comitati, dunque, sono state oggetto di trattativa per interposta persona, le istanze sono state mediate da Todde, che ha preso solo alcuni pezzi declarando vittoria sulla base delle sue blande posizioni: acqua fresca. Sembrerebbe più propensa all’ascolto, rispetto a Solinas, ma poi fa tutt’altro.

Giovedì 13 giugno, i Comitati hanno nuovamente incontrato Todde. Ha accettato i 6,2 gw minimi, ora bisogna:

  • ricontrattarla e imporre la quota massima
  • sistemare i gw sui tetti.

A fine incontro Todde si dichiara in sintonia con i Comitati (Rinnovabili: Todde, ‘Regione condivide istanze dei comitati’) e contemporaneamente dice che il Tyrrhenian Link si fa. Forse si è distratta e non ha ascoltato bene, oppure ha sentito benissimo, ma da quell’orecchio non (ci) sente.

I Comitati escono inizialmente con un comunicato cauto, ma poi segue un comunicato molto più duro il giorno successivo.

Il Tyrrhenian Link gioca invece su un altro tavolo, è ormai approvato dal ministero. Le possibilità di respingerlo per vie legali sono state giocate a febbraio (si attende il verdetto sul ricorso straordinario). La via politica per ridiscuterlo ha ricevuto un duro colpo proprio giovedì con le dichiarazioni di Todde, che suonano come una dichiarazione di guerra. Nel frattempo Terna continua a tagliare degli alberi.

Di questa battaglia, che con questa intensità dura da oltre un anno, ci portiamo la consapevolezza che il voto, per quanto necessario, non basta più. La delega in bianco non funziona, ora meno che mai.

Abbiamo visto che molti sindaci e amministratori, preferiscono evitare l’esposizione e lo scontro con il potere superiore, dunque preferiscono per pavidità girarsi dall’altra parte“, per citare il libro del sindaco di Quartu, Milia. Dobbiamo pretendere dagli amministratori che governano il territorio prese di posizione forti, ne sa qualcosa il sindaco di Selargius, obbligato al ricorso straordinario a furor di popolo.
Il sindaco indipendentista di Ollolai, Columbu, nel ’64 fece una lunga e sfiancante marcia su Cagliari per essere ascoltato e difendere i suoi paesani.

Qualcosa è cambiato nella percezione del rapporto con i partiti.
Abbiamo capito che non possiamo partecipare alla vita pubblica solo una volta ogni cinque anni, e poi chiudere dopo aver depositato la scheda nell’urna. Partiti e sindacati hanno perso credibilità, ma servono nuovi corpi intermedi, altrimenti il potere decisionale è troppo sbilanciato ai vertici della piramide.

Controllare chi sta al governo è fondamentale, molto spesso manca l’informazione di base e manca la percezione del significato che rappresentano certe scelte.

Significa studiare parecchio, dunque faticare, per potersi fare un’idea delle questioni e capire certi aspetti giuridici, ingegneristici, economici e burocratici. Lo stato si difende (si regge?) con una ragnatela di garbugli inaccessibili in cui è facile smarrirsi. E si ciba dell’ignoranza del popolo.

È necessaria l’azione di gruppo, deve esistere una massa critica di persone interconnesse, coinvolte per dipanare le trame e dare forza alle richieste. L’interconnessione partecipata collettivamente mette insieme competenze, scambi di pareri e proposte in tempo reale, prendendo le idee buone, migliorandole. Il risultato è una sorta di attività open source collaborata e condivisa, in cui avvocati, ingegneri, biologi, consiglieri, sindaci, attivisti, giornalisti, divulgatori, mettono insieme (volontariamente) un bagaglio di esperienze che vengono socializzate, rielaborate, condivise e divulgate (non sempre bene), attraverso i social, ognuno aggiungendo il proprio contributo.

Le reti sono fondamentali, se non si costruisce massa critica rimane l’urlo al cielo in solitaria impotenza, o l’inutile murrùngiu sui social.

La politica dei partiti in regione, è invece protetta dal fortino dello sbarramento elettorale al 10%, una quota antidemocratica. Potrebbe sembrare una battaglia secondaria, una di quelle a cui molti rispondo “con tutti i problemi che abbiamo…“, ma è fondamentale per la nascita di nuovi corpi intermedi, che possano trovare riscontro fuori dal sistema di potere classico, che alterna destra e sinistra italiana con la stessa facilità con cui si accumulano nuove servitù. Su questo, Soru ha meritoriamente ripreso l’argomento, e lo ha discusso in un convegno.

Le contraddizioni del fortino assediato sono gigantesche. Qualche anno fa i radicali hanno usato lo SPID per raccogliere le firme certificate per un referendum. In pochi giorni hanno ottenuto un risultato che prima avrebbero ottenuto in parecchie settimane, con ore di banchetti ogni giorno.

Però, la stessa pratica non è stata ammessa per le elezioni in cui si vota per i partiti. Dunque, lo stato riconosce ed incentiva la tecnologia in tutti i rapporti con la PA, tranne quando si tratta di proteggere il fortino politico.

Non significa che i Comitati devono presentarsi alle elezioni, anzi. Nascono con uno scopo preciso, oltretutto sono monotematici. Le battaglie dei comitati sono rivolte ai territori, ma i territori hanno mille problemi, dalla sanità, alle scuole, ai servizi. Sono troppo fragili sia sulle multi-questioni, che sulle alleanze, soprattutto perché tutti i partiti italiani hanno responsabilità. Contarsi con un voto in queste condizioni est a ci perdi lati e cardaxu.

È la società civile che dalla loro esperienza deve trovare la forza per andare oltre quelle che sono le due alternative fallimentari della destra e della sinistra italica, per far nascere qualcosa dal basso.

I Comitati hanno spostato il focus sulle comunità, sia quando parlano di decisioni e autodeterminazione dei territori, sia quando chiedono che la transizione venga fatta a vantaggio delle comunità energetiche. È il cuore della battaglia.

Sarebbe una prima piccola rivoluzione, sociale ed economica, che inverte il rapporto politica-finanza, e che riporta l‘attenzione della politica alle questioni sociali, dal basso. La questione non è solo economica, ha una funzione aggregativa, riporta le comunità ad essere dei motori attivi nei territori, una boccata d’ossigeno per quelli in sofferenza per spopolamento.

Invece i partiti di governo e di opposizione, hanno rinunciato da tempo, non solo a rivoluzionare il sistema socio-economico, ma perfino a riformarlo.

E su questo, finisco con il dare la personale spiegazione alla domanda posta all’inizio, sul perché dell’astensione.
È un problema di non ascolto e di aspettative tradite dei partiti, chiusi nel fortino, a difesa del sistema economico e politico, che non prova neppure a fare uno straccio di riforma sociale, nemmeno con la marea di soldi che sta arrivando con il PNRR.

Invece I partiti (pd, fdi, fi) cantano vittoria, e su questo chiudo con un’altra domanda: siamo sicuri che per i partiti l’astensione sia un problema? O finisce per essere addirittura un vantaggio, dato che il voto clientelare è meno diluito nel voto non controllabile?
Se così fosse, il fortino non crollerà mai, ma, anzi, si rafforzerà con l’astensione.

E in un contesto in cui la normalità e la follia sono invertiti, questo movimento, non solo i Comitati, si ritrova sabato pomeriggio (oggi) a Saccargia, simbolo del fallimento dei rapporti stato-regione e simbolo del colonialismo che passa sopra le persone e la cultura.

Musica e comunità per festeggiare, ma non troppo, con la diretta radio e TV del gruppo Unione, schierato dalla parte giusta della battaglia. Saccargia è già nella Storia, da inserirsi insieme a Pratobello e a Capofrasca. Impossibile non esserci.

Imàgine de sa chida

Caos dal mondo dei sardi-ma-anche-italiani, che hanno fatto l’Italia, il cui regno sardo è stato fatto dagli aragonesi-ma-anche-catalani e poi spagnoli, che facendo l’Italia hanno fatto i sardi-ma-anche-italiani…
o viceversa? 🤔

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Immagine: Wikipedia

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