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Disturbare o no il Potere coloniale?

Indicazioni di voto S’Indipendente non ne dà, ma può invitare ad andare al voto.
Astenersi significa far pesare di più il voto clientelare, il pacchetto di voti preconfezionato che, con una grande partecipazione, peserebbe meno, diluito su una base più ampia.
Astenersi è una scelta legittima, ma politicamente debole. Non disturba.

Indifferente all’astensione, il potere coloniale italiano comunque prenderà decisioni in terra sarda, su miliardi di euro da spendere, deciderà se lasciare aperti gli ospedali, se lasciare la speculazione indisturbata, se espropriare la terra, acquisita con il sudore di generazioni, per installare le stazioni Terna, se contrattare la chiusura delle basi militari o meno, se aumentare o ridurre le tasse.
Insomma, deciderà e comanderà sul nostro futuro!

Abbiamo visto queste settimane il pressing sui “disturbatori, ad esempio di Emiliano Deiana, verso chiunque non sia allineato con il potere coloniale. Soru e Chessa “disturbano”, per Deiana. Dunque, sono peggio anche di Truzzu, che non disturba affatto. Lvi è legittimato a competere. Qualche anno fa dentro il PD si parlava di apertura all’indipendentismo. Erano chiacchiere, la cartina di tornasole è il rispetto delle minoranze.

Ettore Licheri (Cinque Stelle) ha appellato come “cretini” o “in malafede” coloro che non votano il duopolio.
La legge elettorale sarda, liberticida e contro le minoranze, era stata creata dal centro-sinistra e dal centro-destra, proprio per bloccare i grillini, quando erano terzo incomodo.
Ora, imborghesiti e con l’abito buono, sono diventati, orwellianamente, dei maiali.

Il mondo preferisce le visioni dualistiche, per cui ci si deve schierare sul tifo da stadio. Non si cercano soluzioni condivise o alternative. Addirittura si riesce a contrapporre Assange (in chiave anti-Usa) a Navalny (in chiave anti-Putin).
Entrambi hanno disturbato il potere e lo hanno fatto in nome di un diritto universale dell’informazione e del dissenso.

È la dicotomia della minestra o della finestra, altre soluzioni non sono ammesse.
Aristotele scriveva che la verità sta nel mezzo, viene citato spesso a sproposito: qual è il mezzo tra nazismo e democrazia?
Il problema non è trovare il mezzo, ma ricercare soluzioni alternative, per superare il sistema di potere coloniale.

La vera domanda è: “voto utile” per chi?

Per i partiti coloniali che vorrebbero continuare a mangiare a sbafo, che si arroccano dietro la legge elettorale, moderno fortino contro i disturbatori?

Utile per chi ci ha portato il Tyrrhenian link e la speculazione energetica?
Utile per le multinazionali del vento?
Utile per chi, alternandosi ogni 5 anni, continua a sostenere le esercitazioni militari?
Utili per smontare il PPR e saccheggiare le coste della Sardegna?

La speculazione eolica, che grava al 90% al sud e sulle isole, viene chiamata da Anita Pili (centrodestra) “solidarietà energetica tra regioni”.

Accettare il “voto utile” significa legittimare questo potere coloniale, abile ad imbrigliare gli elettori dentro il pantano delle logiche basate sulla paura. Significa conformismo e assenza di ricerca di vie alternative.

Il conformismo elettorale è la situazione ideale per il potere, che necessita di schemi preordinati e controllabili. Sostenuto anche da diversi giornalisti sardi che fino al giorno prima si dichiaravano fuori da questi schemi, e che denunciano contemporaneamente il kolonialismo. Che sostengono. Con convinzione.

La potenza di fuoco del potere coloniale si misura con gli spazi mediatici dedicati ai candidati. Le coalizioni coloniali hanno il sostegno delle TV statali, che propongono un duello, appunto, a due. Soru e Chessa non pervenuti, nemmeno nell’Unione Sarda e nella Nuova Sardegna.

Pisciatinteris al servizio del potere, in un contesto di duopolio mediatico. I padroni della Nuova Sardegna, che controllano anche Sardiniapost, sostengono il centro-sinistra. L’Unione Sarda, che possiede Videolina e Sardegna 1, sostiene il centro-destra.
Entrambi sostengono lo scontro a due, censurando Soru e Chessa, in mille modi.

Queste elezioni non sono state come le precedenti

Si è messa in discussione per la prima volta il metodo di selezione dei candidati dall’alto, e una parte dell’elettorato ha messo in discussione la calata dei “Big”. Tant’è che la Todde ha scelto di terminare la campagna elettorale senza il sostegno di Schlein e Conte (che però fino al giorno prima mangiavano bottarga nei mercatini vari e ci assicuravano che “eh sì! è proprio buona“).

Inoltre, non si difende più l’idea che le basi militari portino lavoro (tesi risibile, difesa non più praticabile). La linea difensiva è retrocessa nel linguaggio della Todde a “servitù militari sostenibili“.
Fanno le stesse cose di prima, ma non ne fanno più motivo di vanto.
È un primo passo avanti per stigmatizzare le servitù, per cui segnaliamo almeno un principio di cambio di registro comunicativo.

Il mondo indipendentista e dell’autodeterminazione è per definizione alternativo a questo sistema di potere coloniale, ma per superarlo deve trovare un’altra via dicotomica: deve convincere i sardi che il potere coloniale italiano risiede in entrambe le coalizioni e che come fenomeno unico va trattato.

Dall’altra parte, il mondo dell’autodeterminazione, deve dimostrare di essere un’alternativa possibile per un reale sviluppo emancipativo autoctono.

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L’obiettivo – dice Leonardis – è quello di creare in Sardegna l’hub del nostro gruppo nell’innovazione avanzata legata al mondo della digital communication. Gruppo Sae, proprietario della Nuova Sardegna attraverso la controllata Sae Sardegna, considera questa la regione ideale per lo sviluppo di un polo di innovazione.

Ben venga l’investimento e le assunzioni. Da capire quali sono gli obiettivi politici. Il gruppo SAE ha affittato Sardiniapost per 5 mesi, giusto il tempo delle elezioni.
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Imàgine de sa chida

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Immagine: filmtv.it
Copertina generata dall’AI Dall-e

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