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Eppur si muove – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

Lotte popolari su energia, sanità e occupazione militare. Una settimana di schiene dritte e confronti interessanti

La colonizzazione energetica della Sardegna va avanti senza trovare opposizioni istituzionali ai piani alti, anche perché letteralmente quelle che dovrebbero essere le voci critiche in Consiglio regionale, sostengono il semaforo verde della Giunta Solinas ai mega impianti eolici e fotovoltaici e al Tyrrenian link, ovvero al cordone ombelicale che pomperà tutta l’enorme sovrapproduzione energetica della batteria-Sardegna verso il nord dello Stato e il nord dell’Unione Europea. 

Dopo la grande manifestazione dello scorso 14 settembre, i comitati contro la quarta colonizzazione dell’isola hanno alzato la posta e trovato altre vie per farsi sentire: scrivere a Mattarella e proporre una legge per la moratoria energetica. Se la lettera a Mattarella ha più un valore simbolico che altro (fra l’altro del tutto discutibile, visto che il presidente della Repubblica non ha mai palesato alcuna sensibilità per lo sfruttamento interno delle “zone di sacrificio”), la proposta di legge ha invece creato immediatamente dibattito.

Con una conferenza stampa il Coordinamento dei comitati ha presentato un articolato per bloccare tutte le autorizzazioni di qualsiasi tipo di impianto e infrastruttura per la produzione energetica.

I Comitati non negano affatto l’esigenza di una riconversione energetica, ma contestano le modalità con cui questa viene imposta alla Sardegna nell’esclusivo interesse delle multinazionali e non in armonia agli interessi e ai bisogni delle comunità, in assenza, per giunta, di «un piano energetico ambientale regionale», cosa che di fatto lascia campo libero alle multinazionali che dall’energia green vogliono solo arricchirsi. Ma le lotte contro la colonizzazione energetica non sono le uniche a creare un certo fermento.

Ad esse si affiancano le vertenze contro l’occupazione militare e quelle per la sanità pubblica.  Se infatti lo scorso 8 settembre praticamente tutto il movimento contro l’occupazione militare si è riunito a Sassari sotto l’ombrello dell’iniziativa “Oghes contr’a sa gherra” rilanciando l’opposizione all’utilizzo della Sardegna come base militare nella piena disposizione di Stato italiano e NATO, sono riprese anche le mobilitazioni in difesa di una sanità pubblica sempre più sacrificata e vilipesa da tutta la classe politica regionale.

Lo scorso 19 settembre a Onne (in lingua statale “Fonni”), erano presenti i comitati per la difesa della sanità, le associazioni dei malati oncologici, le famiglie, e anche i professionisti sanitari che da tempo denunciano lo sfacelo della sanità pubblica sarda.  La scintilla è stata la vicenda del paziente oncologico Gianmichele Angheleddu che si è visto consigliare dal servizio di Radioterapia di Nuoro di andare fuori dall’isola per le cure radioterapiche data la lunghissima attesa al CUP (circa sei mesi).

La Sardegna dunque è in piedi per denunciare il triplice disastro dovuto allo sfruttamento energetico, all’occupazione militare e alla sanità allo sfascio. E mentre lo Stato si preoccupa solo di eliminare i vincoli paesaggistici e ambientali per far diventare la Sardegna il gruppo elettrogeno delle regioni ricche e la Giunta regionale da semaforo verde al Tirrenyan link per rendere possibile il saccheggio, nell’isola avanza lo sfacelo economico e sociale di cui invece non si interessa nessuno, tanto meno chi siede attualmente tra i banchi di maggioranza e “opposizione” in Consiglio regionale. Dopo i recenti e allarmanti dati di Cisl e Caritas sulle nuove povertà, spuntano quelli di Confesercenti sul crollo delle imprese individuali.

I numeri hanno la dimensione di una piaga biblica:  «in Sardegna tra il 2019 e il primo trimestre 2023 perdiamo 8,9 per cento delle imprese individuali nel commercio e il 2,3 per cento nell’artigianato» – dice Gian Battista Piana, direttore di Confesercenti  Sardegna.

La parte meno interessante della notizia è quella degli “esperti” e dei politici che commentano la notizia. Ovviamente nessuno fa un discorso specifico sulla Sardegna e sugli effetti catastrofici che gestione della pandemia e guerra stanno avendo sull’economia isolana, ma tutti si aspettano da mamma Italia un qualche miracolo, senza avviare una seria riflessione sul fatto che proprio i governi statali hanno scientificamente favorito la GDO e l’e-commerce a tutto danno di piccoli produttori e commercianti, ovviamente con le Giunte regionali a seguito, a partire dalle leggi distruggi artigiani di Soru e Cappellacci. 

«La tragedia» – scriveva Gramsci un secolo fa – è che «il vecchio sta morendo ma il nuovo non può nascere». Sembrano parole scritte oggi per descrivere la questione sarda e le mitologie ideologiche che cercano di negarla. In questo senso ha suscitato molto scalpore, da un punto di vista simbolico, lo schianto di un aereo delle “frecce tricolori” a Torino, tragedia in cui ha perso fra l’altro la vita una bambina di 5 anni. 

I media hanno trattato l’accaduto come un “incidente” e una “fatalità”, ma si tratta di uno shock che ha aperto gli occhi a diverse persone, forse anche perché solo pochi giorni fa quello stesso aereo sfrecciava sulle teste dei bagnanti al Poetto di Casteddu e in molti si sono chiesti cosa sarebbe accaduto se fosse precipitato in quell’occasione.

Il rapper Frankie Hi Nrg ha posto chiaramente il problema: «Ma di preciso, nella pratica, a che ca..o servono le #FrecceTricolori?». Al commento dell’artista ha risposto un giornalista delle Iene di Mediaset, Antonino Monteleone: «A che serve l’aviazione? L’incidente poteva capitare anche a un volo di linea. O a uno di aviazione generale».

Peccato che i voli di linea non giochino a fare i top gun sulle teste di centinaia di spettatori e che, in ogni caso, essi non siano evitabili, mentre invece le “frecce tricolori” inquinano e creano situazioni di pericolo senza alcuna utilità pratica, se non quella di esaltare il militarismo e lo sciovinismo italiano e andrebbero vietate.In tutto questo cosa fa l’«erede» di Bellieni e Lussu Christian Solinas?

Va a Pontida a chiedere altri 5 anni e a prendersela con i «poteri forti» (lo ha detto davvero!). Su questo viaggetto d’oltre mare del governatore sardista non c’è bisogno di aggiungere altro, se non che dalle sponsorizzazioni social dei suoi avversari interni, appare chiaro che non sarà certamente lui il prossimo candidato dell’ala destra del regime coloniale in Sardegna. 

Una notizia che invece nella stampa non ha trovato riscontro è l’assemblea pubblica chiamata da diverse sigle dell’indipendentismo, del sardismo non Psd’az e della sinistra sarda ad Aristanis (Oristano in lingua coloniale). Lo chiamano “secondo polo” data la somiglianza gemellare tra “centro destra” e “centro sinistra” sui temi rilevanti del dossier Sardegna (appunto sanità, energia, trasporti, militarizzazione). Al di là degli esiti elettorali di per sé si tratta di una notizia, perché la sinistra italiana in Sardegna (dai tempi della liquidazione del pensiero di Gramsci ad opera di Togliatti, dopo la metà degli anni Trenta), fatta eccezione di rare eccezioni come DP sarda, ha sempre negato non solo il diritto all’autogoverno e all’indipendenza della Sardegna, ma anche la semplice questione sarda e l’esistenza del popolo sardo. Valeva la pena riportarlo!

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