Antonio Muscas

Una visione chiara sulla speculazione: intervista ad Antonio Muscas – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

de Ivan Monni

Saccargia ha lasciato un eco di polemiche, ha “pizzicato” parecchio e svelato diverse maschere. Dopo alcuni attacchi diretti, i comitati devono schivare i vari tentativi di chi vuole mettere il cappello politico, ed è facile immaginarsi che ci potrebbero essere dei tentativi di spaccatura, indotti dall’esterno.

Qualcuno non ha capito che Saccargia non è un evento calato dal nulla, ma frutto di oltre un anno e mezzo di lavoro dei comitati, oltre 10 anni se consideriamo la lotta (vinta) del comitato Fuori dalle pale

Il movimento ha espresso un buon livello di argomentazioni tecniche e politiche, e ha presentato delle proposte di legge, attualmente in mano a Todde.

C’è della propaganda nei comitati?
Possibile che qualche argomentazione abbia fatto uso di retorica, ma quelle principali sono sostenute da dati solidi. Sul fatto che sia un attacco coloniale senza precedenti, non c’è dubbio. Quasi nulla della fiumana di soldi (retorica? modifico in maiuscolo Fiumana di Soldi? Ma davvero dobbiamo concentrarci su queste cose? E questo il giornalismo che ci meritiamo, che si concentra sulle maiuscole e lascia perdere la sostanza?) resterà in Sardegna.

I giornalisti non devono chiedere i dati e fidarsi dei comitati, o dei partiti, sulla situazione energetica. I dati devono studiarli e divulgarli con chiarezza, visto che sono disponibili a tutti e proprio dalla fonte primaria insospettabile di vicinanza ai comitati: Terna. 
La pigrizia del giornalismo genera mostri, non comprensione delle posizioni in campo o delle sfumature linguistiche.

C’è un trucco lessicale negli argomenti di FFF e dei sostenitori della speculazione, e nemmeno tanto in buona fede. Puntano il dito sulla co2 prodotta in Sardegna, mettendo l’accento sulla produzione energetica sarda e non sui consumi. La scelta lessicale tra le due è politicamente sostanziale, non è una banalità di poco conto. Ma riesce a creare quel tanto giusto di confusione nelle persone.

Cosa significa?
Attualmente, fatto 100% il consumo, produciamo 140%, dunque stiamo producendo il 40% in più per i consumi dell’Italia. 
Ergo, stiamo inquinando la Sardegna per i consumi energetici dell’Italia per un 40%, salvo poi essere messi sotto accusa perché produciamo troppa co2. Il dito viene puntato sulle due centrali sarde a carbone.

Secondo i dati Terna 2022, il totale in Sardegna di energia prodotta da fonti termoelettriche è di 9.950 GWh/anno.
Dal bilancio Sarlux 2022, viene dichiarata una produzione di 4.100 GWh/anno. Sottraendo la produzione termoelettrica della Sarlux, rimangono circa 5.850 GWh annui prodotta quasi (esiste una piccola produzione ad Assemini) esclusivamente dalle due centrali a carbone incriminate.

Dunque, dei 5.850 GWh anni, prodotti nel 2022 dalle due centrali, quasi tutto va verso l’esportazione. Infatti l’export sardo di energia elettrica del 2022 è di 5.290 GWh.
Cioè, per differenza ci mancherebbero solo 560 GWh circa, una cifra irrisoria.

Politicamente significa che, prima ci impongono una servitù energetica inquinante, poi ci accusano di inquinare, con il risultato che ci chiedono di sostituire l’export da carbone con una servitù eolica e fotovoltaica decisa da Roma, pur di mantenere l’export verso il nord neoautonomista quando gli fa comodo.

Questo non significa che l’export di energia debba essere bandito. Significa che dobbiamo decidere in Sardegna quanta quota vogliamo produrre, e non subire una imposizione coloniale decisa sulle nostre teste. 

Dunque, oggi facciamo un po’ di chiarezza sulla situazione energetica, intervistiamo Antonio Muscas, ingegnere, attivo nel Coordinamento Comitati Sardi che pubblicò la prima richiesta di moratoria già nel 2014, voce autorevole quando si parla di energia in Sardegna.


Ciao Antonio, benvenuto su S’indipendente e grazie per aver accettato l’intervista.
La Sardegna vuole fare la sua parte? E se sì in che modo?

La Sardegna oggi non può fare la sua parte perché, a seguito di tutti i provvedimenti legislativi degli ultimi vent’anni e con il silenzio e la connivenza dei governi che si sono succeduti nell’isola nello stesso periodo di tempo, è stata completamente esautorata dal processo decisionale. E anche l’ultimo governo appena insediato pare non volersi distinguere da chi l’ha preceduto. Pur riconoscendogli di aver ereditato una situazione complicata e compromessa, ha infatti già rinunciato a qualunque rivendicazione, sottoscrivendo prima il decreto per le aree idonee e poi il successivo accordo Stato-Regioni che ratificano il ruolo di subalternità e sudditanza della Sardegna. Dico questo perché la Sardegna è una ragione a statuto speciale con competenza esclusiva in materia urbanistica e concorrente in materia energetica, dove concorrente significa di pari potere decisionale e pari dignità con lo Stato. La Sardegna, al contrario, le decisioni le subisce e la nuova presidente, oltre a non aver espresso alcuna intenzione di rimettere in discussione questo rapporto di grave disparità e di restituire alla politica il ruolo che le compete – al pari, per esempio, delle regioni del Nord Italia che le leggi e le modifiche costituzionali per tutelare i propri interessi le pretendono e le ottengono – sta tentando, al più, di trovare degli stratagemmi per aggirare le regole. Giusto per capirci, nel confronto col ministro Pichetto Fratin in merito al testo del decreto per le aree idonee, non è stata in grado di far inserire alcuna norma di salvaguardia che mettesse ordine all’assalto in corso nell’isola e potesse in qualche misura gestirlo. Sarebbe bastato, per esempio, mantenere l’articolo 10 ma ribaltandolo nei contenuti: specificando, cioè, che tutti i progetti in corso di autorizzazione e quelli approvati ma non ancora realizzati si sarebbero dovuti adeguare alle nuove linee guida. Ora, invece, al momento della pubblicazione delle nuove linee guida, sappiamo che i progetti già approvati e, molto probabilmente, anche quelli in corso di autorizzazione, viaggeranno con la normativa precedente. Tanto è vero che la presidente sta tentando col disegno di legge in via di discussione di intervenire solo su questi ultimi, sperando di poter barattare qualcosa con il governo rispetto a quelli già approvati (vedi Barumini e Saccargia), senza avanzare richiesta alcuna per gli eolici a mare e addirittura dando via libera al cosiddetto “revamping”, ovvero il rifacimento totale degli impianti esistenti con aumento di potenza e dimensioni che non necessiteranno di nuove autorizzazioni. Ma a urtare maggiormente è la narrazione dei fatti, sua e della sua maggioranza, quando si afferma di aver raggiunto un accordo col ministro che consentirà alla Regione di poter finalmente decidere sui progetti, che il revamping non consentirà aumenti di potenza e che gli eolici a mare (offshore) verranno realizzati ad almeno 70 km dalle coste. Fantasie, a voler essere teneri.

Quanti sono i consumi totali di energia elettrica in GW della Sardegna, quanta la produzione e quanto l’export?

Secondo i dati Terna riferiti al 2022, la Sardegna produce 13.400 GWh lordi (13,4 miliardi di kWh), mentre al netto delle perdite siamo a 12.400 GWh.
I consumi netti sono di 8.110 GWh mentre il surplus di energia prodotta esportato è pari a quasi il 40%.
Sono numeri importanti per la Sardegna anche se irrisori per il fabbisogno elettrico italiano il cui valore ammonta a circa 320.000 GWh. Stiamo parlando perciò di qualcosa come l’1,25% del totale e voglio fare questa specificazione perché troppo spesso si è portati a credere che questo surplus enorme per noi contribuisca in modo determinante al soddisfacimento dei consumi a livello generale.
Giusto poi per non ingenerare ulteriore confusione: questo 40% è il bilancio netto tra import ed export giacché i cavidotti di collegamento col Continente sono bidirezionali, ovvero, i flussi avvengono in un senso e nell’altro, perciò, oltre ad esportarla, in alcuni frangenti la Sardegna l’energia la importa.

Quanta di questa energia viene prodotta già oggi da energia rinnovabile da quanti GW installati?

Dei 13.400 GWh prodotti, 9.950 GWh derivano dal termoelettrico e 3.440 GWh da FER.
I numeri possono fornire molte informazioni ma occultarne altrettante. Stando a questi numeri, vediamo che il termoelettrico da solo supera il fabbisogno dell’isola ma anche che le rinnovabili già oggi sarebbero in grado di coprire quasi il 40% dei consumi. Ma, entrando più nel dettaglio e facendo riferimento al solo settore domestico, possiamo vedere che con le rinnovabili arriviamo quasi al 70% del fabbisogno elettrico. Questi numeri, in ogni caso, non danno evidenza degli impianti FER costretti a restare inattivi a causa dell’inadeguatezza della rete elettrica, della carenza di impianti di accumulo e dell’eccesso di potenza disponibile. Per rendersene conto, basta andare a guardare come nel corso degli anni ad un aumento di potenza installata e di efficienza degli impianti di produzione non è corrisposto un equivalente numero di ore di produzione di energia.
Perciò, se dobbiamo dirla tutta, la Sardegna è molto in avanti con le FER e con piccoli interventi e aggiustamenti si potrebbe superare abbondantemente la soglia del 50% del fabbisogno complessivo e arrivare al 100% del fabbisogno domestico.
Un altro aspetto da tenere in considerazione sono le emissioni pro-capite, attualmente quasi il doppio della media italiana (9 tonnellate all’anno contro 4,9). Ma se noi distribuissimo le emissioni sulla base di questo nuovo calcolo, le 9 tonnellate pro capite si ridurrebbero a 3,7 e ci porteremmo ben al disotto delle media italiana pari a 4,9. Ciò significherebbe dare il giusto peso nella ripartizione delle emissioni anche se il carico di inquinamento rimane nella sostanza tutto sulla pelle dei sardi.

Ora che abbiamo il quadro ci puoi spiegare dove ci sta portando l’Italia, tenendo conto delle indicazioni europee?

Il problema non è tanto l’Europa con le direttive sugli obiettivi di riduzione delle emissioni e di velocizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative al fine di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, ma le modalità con cui l’Italia le ha recepite e, in particolare, gli impegni assunti per ottenere i finanziamenti del PNRR. Il decreto di recepimento delle direttive europee, il 199 di fine 2021, cosiddetto Draghi, ha apportato delle modifiche sostanziali nei procedimenti autorizzativi e, col fine dichiarato di semplificarli, ha accentrato nelle mani del governo il potere decisionale, togliendo di fatto ulteriore voce e competenze a regioni e autonomie locali. Inoltre, all’art.20, ha previsto l’emanazione delle linee guida per l’individuazione delle aree idonee entro 180 giorni dalla sua pubblicazione. Ma, a oggi, a distanza di oltre 3 anni, le linee guida ancora attendono di essere pubblicate e questo buco ha aperto il portone agli speculatori i quali ne hanno approfittato per prendere d’assalto i territori, in particolare della Sardegna e del Sud Italia.

Tyrrhenian Link, a cosa serve l’anello, e davvero si chiuderà, tenendo conto della rete sarda?

Tecnicamente questa infrastruttura sarebbe utile in una prospettiva di produzione rinnovabile diffusa, cioè con una produzione basata quasi interamente sulle rinnovabili. Ma dovrebbe rientrare all’interno di un articolato programma di sviluppo degli impianti di produzione e delle relative infrastrutture, in particolare delle reti a media e bassa tensione. Al contrario, la sua realizzazione si sta portando avanti in una situazione di totale disordine in cui la rete elettrica sarda versa in condizioni disastrose.
In pratica questo anello potrà convogliare un certo quantitativo di energia ma non sarà in grado di lavorare in maniera idonea con la nostra rete elettrica poiché quest’ultima sarà inadeguata a gestire i nuovi carichi.
In aggiunta, la Regione, nella persona dell’assessora all’industria della precedente Giunta Solinas, ha sottoscritto un accordo di realizzazione del Tyrrhenian Link senza verificare le modalità con cui Terna sta portando avanti le attività. E anche la presidente attuale, nonostante gli impegni assunti in campagna elettorale, non sembra affatto interessata a ridiscutere il progetto. La nostra priorità dovrebbe essere l’ammodernamento della rete elettrica sarda per renderla idonea alla produzione rinnovabile diffusa e all’incremento dei consumi elettrici. Si prospetta invece la realizzazione di una grande e costosa infrastruttura monca, perfettamente inutile per l’isola e, se tutto va bene, ma non è certo, funzionale, a portare via qualche migliaio di GWh di energia elettrica.

Quanta energia possono esportare in un anno il Tyrrhenian Link, il SA.PE.I. e il SA.CO.I.?

Tanti in termini numerici ma pochi rispetto ai valori di produzione che si avrebbero se anche solo una parte dei progetti presentati dovessero andare in porto. Pochi soprattutto rispetto al fabbisogno elettrico dell’Italia e alla capacità di trasporto delle reti che collegano il nord al sud. Si tratta inoltre di reti bidirezionali e nel computo totale dobbiamo tenere conto anche delle perdite che, ovviamente, aumentano al crescere delle distanze che separano gli impianti di produzione dall’utenza.
Il Tyrrhenian Link avrà capacità massima di 1 GW, stesso valore per il Sapei. Mentre il Sacoi 3, la cui realizzazione è pure prevista a breve, avrà una potenza massima di 400 MW. Stiamo parlando perciò di 2,4 GW in totale. Se anche volessimo immaginare di impiegarli per tutto l’anno a piena potenza per portare via energia elettrica, cosa non vera né possibile, si arriverebbe a circa 21.000 GWh.
Attualmente abbiamo richieste di connessione di impianti FER per quasi 60 GW di potenza e una capacità teorica di produzione di oltre 100.000 GWh. Perciò, anche lavorando molto con la fantasia, potremmo portarne via a malapena un quinto. Se questi numeri li mettiamo a confronto, per esempio, con i fabbisogni della sola Lombardia, circa 60.000 GWh, dell’Italia settentrionale, circa 170.000 o dell’Italia intera, circa 320.000, ci accorgiamo che abbiamo a che fare con un problema piuttosto serio: ovvero la realizzazione di migliaia di impianti perfettamente inutili ma il cui peso economico, se dovessero essere realizzati, rappresenterà per i cittadini, assieme all’impatto ambientale, culturale, sociale e paesaggistico, un autentico disastro

Grazie Antonio.

Dunque, a fronte di circa 8.110 GWh di energia consumata esisterà un potenziale nominale esportabile di 21.000 GWh (oltre due volte e mezzo i nostri consumi) ma il problema ancora più grave è che non essendoci un limite massimo di GWh installabili (6,2 rappresentano il minimo) si andrà verso l’installazione di impianti inutili, la cui produzione in eccesso non verrà consumata o esportata e sarà letteralmente buttata al vento. Ma che prenderanno ugualmente i contributi, che dovremo rimborsare.

Imàgine de sa chida

Elaborazione S’I su dati 2022 Terna e Saras

Àteras novas de sa chida

Il quadro della speculazione si sta completando, la legge arriva in aula e le parti in causa gettano la maschera:

  • Todde, “superata la quota dei 6,2 gw, noi vogliamo crescere come vogliamo dal punto di vista delle rinnovabili”. In pratica non vuole porre dei limiti?
  • Zuncheddu, “Tutti hanno il metano, noi no. Abbiamo preferito tenerci bollette più care del 30-40% per famiglie e imprese!!!”
  • De Pascale, (editore de La Nuova, dichiarazione di febbraio 2024), “Cosa fare nei primi 100 giorni? E’ da chiudere ben prima dei 100 giorni l’accordo con il governo nazionale per quanto riguarda il dpcm energia Sardegna. Certamente, nei primi 100 giorni ci sono poi da individuare le aree idonee per l’installazione delle rinnovabili e mettere in fila il discorso della continuità territoriale. E poi c’è il tema delle 10 Grandi opere per la Sardegna.”

Todde esegue gli ordini di De Pascale, e Zuncheddu si infuria? La battaglia tra i due è anche sul piano degli aeroporti. L’ombra di Antonello Cabras aleggia su tutto quanto.

WWF, Legambiente, Greenpeace e Kyoto club protestano per i prezzi delle pagine pubblicitarie dell’Unione. Chi lavora in pubblicità sa benissimo che certi clienti sono “nazionali” (il termine è questo), o locali e che la pubblicità nazionale costa molto più cara. Le organizzazioni citate hanno carattere non locale, non solo statale, ma sono degli operatori internazionali. Con un semplice conto diviso alla romana, anziché strillare al complotto, avrebbero guadagnato in serietà.

Voto della moratoria. L’aula consiliare sceglie un approccio disteso tra maggioranza e minoranza. La maggioranza sceglie di condividere le responsabilità, in modo da non consegnare in futuro una pistola carica alla destra.

Ma il voto viene rinviato a martedì: Todde vuole procedere ad oltranza, Comandini rallenta, mentre i Progressisti scalpitano.

Moratoria contro l’eolico? Macché: il Consiglio regionale dà priorità alle nuove Province.

Sanità. Todde a Nuoro: «Subito una conferenza socio sanitaria, serve un percorso con pazienti e medici».

Nomine e poltrone. Regione, ecco i nomi di tutti i nuovi direttori generali.

Politica. Pressing dei Progressisti su Todde: urgente vertice maggioranza.
Todde respinge le critiche degli alleati: “Vertice di maggioranza? Ci sarà tempo”.

Materie rare, “golpe” di Stato sulle miniere sarde. L’iperbolico Mauro Pili ha enfatizzato, ma non ha usato le maiuscole, i blogger prendano nota

Sospiro di sollievo nel Nuorese: prorogati gli Ascot, soddisfazione della sindaca Maddalena Agus.

Mezzi antincendio insufficienti: la Regione si rivolge ai Vigili del fuoco.

Trasporti, arriva la stangata sui prezzi dei biglietti aerei.

Spopolamento. Sardegna, numeri impressionanti: addio a un paese all’anno.

Infine due notizie statali, ma che ci riguardano:

  • Vietata la resistenza “gandhiana”, si rischia il carcere per chi blocca le strade. “Persino studenti in sit-in davanti a scuola rischiano la reclusione”. Un vago olezzo di fascio, nel decreto che blinderà i lavori della speculazione.

Immagine: S’Indipendente su foto wallhere e italiachecambia

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